Impardonnables

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Impardonnables

Un famoso scrittore francese, Francis (il sempre bravissimo Andre Dussollier), già nei suoi tardi anni sessanta, arriva in Italia, a Venezia, con la speranza di trovarci la quiete e la tranquillità che gli servono per scrivere il suo prossimo romanzo. Mentre cerca un piccolo appartamento da affittare, incontra Judith (una sempre seducente Carole Bouquet), mediatrice immobiliare bisessuale, della quale s’innamora all’istante. Judith resta indifferente e propone allo scrittore di andare a vedere una casa isolata sull’isola di Sant’Erasmo. Qui Francis le dice che accetta l’abitazione che gli propone a condizione che la condivida con lui. Dopo un anno e mezzo troviamo Francis e Judith che conducono da sposati una normale vita di coppia. In estate arriva a trovarli la figlia di Francis, Alice (Mélanie Thierry), una donna difficile con un matrimonio in pericolo, che s’invaghisce di Alvise (Andrea Pergolesi), uomo molto ricco che traffica con la droga. Quando accade che Alice sparisce dopo un party selvaggio, il padre assume, nonostante l’opposizione di Judith, Anna Maria (Adriana Asti), una lesbica audace ed ex fidanzata di Judith (ma sempre di lei innamorata), come detective privata, per ritrovarla. Francis non ha quindi trovato la pace che cercava per poter scrivere, anche per l’eccitazione del suo nuovo amore e la paura che questa felicità possa presto svanire. Francis teme infatti che sua moglie Judith non perda nessuna occasione per dormire con tutte le donne e gli uomini disponibili a Venezia. Assolda così, segretamente, il figlio di Anna Maria, Jeremie, un giovane delinquente fresco di prigione, per seguire la moglie e scoprire la “vera” Judith… Siamo solo all’inizio del film, dove ci attendono scoperte sorprendenti e improbabili alleanze tra questi ‘imperdonabili’ protagonisti. Passioni irrazionali, sconvolgimenti emotivi, dilemmi artistici e anche pestaggi omofobi, compongono un quadro complesso e originale, con storie multiple di personaggi che ci vengono presentati senza giudizi moralistici sulla loro sessualità (anche se Anna Maria sembra disgustata dalle relazioni etero di Judith), nello stile non sempre facilmente accessibile del grande regista francese gay dichiarato.

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CRITICA:

“… il cineasta francese si getta anima e corpo in una sarabanda emozionale del tutto fuori dai canoni. Minuto dopo minuto, sequenza dopo sequenza, Impardonnables si fa di volta in volta commedia amorosa, feuilleton, giallo, dramma della gelosia, farsa, tragedia, per poi tornare a tingersi di rosa confetto. Una girandola che sembra davvero difficile riuscire ad apparentare a chicchessia, e che permette al film di trovare una propria peculiarità espressiva che non può essere messa in dubbio, al di là dei limiti evidenti: su tutti, la recitazione di alcuni attori italiani e lo squilibrio avvertibile fra le varie sezioni del racconto. A controbilanciare ciò, oltre alla gargantuesca fame espressiva, ci sono le interpretazioni di André Dussollier e soprattutto Adriana Asti, imperdibile nel suo sorriso sfatto e carico di disperazione. Non sarà certo per questo film che Téchiné verrà ricordato in futuro, ma opere così inclassificabili e libere vanno sempre difese e apprezzate.” (Raffaele Meale, Cineclandestino.it)

“…Techine and co-screenwriter Mehdi Ben Attia, who earlier collaborated on the helmer’s “Far,” have fluidly transposed the novel from the Basque coast (where Techine filmed “Hotel America”) to northeastern Italy. Refreshingly, their Venice is a city where people live and work, rather than a tourist destination. And the forever-decaying city of cultural riches contrasts beautifully with bucolic Sant’Erasmo, the city’s green market-garden island. The novelist’s first-person narration has been replaced with a wider view that follows protags of different ages, interests and sexualities, much like in the helmer’s previous efforts, such as “The Witnesses” and “Changing Times.” Herve de Luze, the regular editor for Alain Resnais keeps most scenes short and rhythm pacey, allowing for the underlying themes to surface organically, since the various strands continuously rub shoulders. Exploring different kinds of love and guilt — passionate, professional, familial, repressed — and playing with preconceived notions of how relationships can or should be, the pic seems almost conceived as proof of Blaise Pascal’s maxim, ‘The heart has reasons that reason knows nothing of’…” (Boyd van Hoeij, Variety)

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