Il film, assolutamente “sperimentale”, è il secondo (il primo è The Last of England, del 1987, il terzo è Blue, del 1993) di una trilogia di cosiddetti “I-movie”, pellicole in cui il regista stesso diventa il soggetto narrato. Qui, senza una rigorosa linea narrativa, Derek Jarman mette in scena i temi che hanno accompagnato tutto il suo percorso artistico e personale, la morte, l’aids, gli amici perduti, la problematica religiosa (molto bella la simbologia della Passione che viene trasfigurata nelle sofferenze e nelle umiliazioni di una coppia gay, che deve subire il vilipendio e le violenze dei rappresentanti della cosiddetta “società civile”, poliziotti in primis). Film da godere e meditare nella suggestione delle immagini, nelle allegorie e nei messaggi sublimali che vuole mandarci attraverso storie simboliche e paradigmatiche di una realtà, quella contemporanea, sempre più difficile da comprendere e da accettare.
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l’ho adorato
letteralmente