Follia

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Follia

Stella è la moglie dimessa e gentile di uno psichiatra ambizioso, promosso vicedirettore nel manicomio di Broadmoor. Condannata dalle convezioni sociali a essere unicamente la buona moglie di un prestigioso marito, Stella cerca e trova in Edgar Stark, un paziente consumato da una gelosia psicotica, la sua ribellione. Travolti dalla vertigine dei sensi, i due amanti si incontrano in un capanno diroccato alimentando voci e sospetti. La clinica psichiatrica diventerà molto presto troppo stretta per quella passione, che li spinge alla fuga e a una clandestinità dolorosa e appassionata. Braccati implacabilmente dalle forze dell’ordine e dal reciproco passato, compieranno il loro destino nei corridoi del manicomio, sotto le cure interessate del direttore Peter Cleave, interpretato da uno splendido Jan McKellen. Peter è un uomo solo, omosessuale velato, che ha dedicato tutta la sua vita alla carriera, cinico e freddamente crudele. La sua storia è un plot secondario nel film (che è tutto dedicato alla fervente passione dei due amanti), e raggiunge il clou quando Edgar, comprese le sue mire su Stella, inorridito, gli grida contro ‘vecchio finocchio, non ti sono bastato io?’. Anche l’interesse di Peter verso Stella è probabilmente generato dal fatto che essa sia diventata l’amante di Edgar.

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“Sulla base dell’ottima sceneggiatura del drammaturgo Patrick Marber, il regista David Mckenzie trasferisce in immagini essenziali e suggestive la complessa tessitura tra follia e normalità del romanzo. In un cast indovinatissimo, spicca lo psichiatra manipolatore/manipolato Ian McKellen.” (Alessandra Levantesi, ‘La Stampa’, 15 giugno 2007)

“Tratto dal romanzo omonimo di Patrick McGrath (Adelphi), ‘Follia’ ha tutti i difetti degli adattamenti poco riusciti malgrado il gran cast e un regista di sicuro talento. Il problema è nel manico, viene da dire, ovvero in ciò che nel libro è solo scritto, superbamente, e che nel film si vede, troppo esplicitamente (lo script è di Patrick Marber, autore del sopravvalutato ma efficace ‘Closer’). Tanto più che la torrida passione fra la moglie trascurata e l’artista psicotico (Natasha Richardson e Marton Csokas), con relativi luttuosi sviluppi, è insieme sgradevole e inverosimile, oltre che telefonatissima. Né basta sospendere tutto all’occhio vigile del dottore ansioso di rivalsa e forse a sua volta innamorato (Ian McKellen salva ancora una volta il film, come nel ‘Codice da Vinci’, ma purtroppo resta ai margini). Del resto già ‘Spider’, sempre da McGrath, era forse il film meno interessante in assoluto di Cronenberg. Solo un caso?” (Fabio Ferzetti, ‘Il Messaggero’, 15 giugno 2007)

“La storia di una follia amorosa. In una cornice insolita, un manicomio inglese attorno agli Anni Cinquanta. Tratta da un romanzo molto applaudito di Patrick McGrath, pubblicato anche in Italia da Adelphi con lo stesso titolo del film di oggi (in originale era ‘Asylum’). Lo ha riscritto per il cinema un regista scozzese di una certa fama, David McKenzie, che ne ha semplificato al massimo le implicazioni psicologiche, nel romanzo molto sottili, riuscendo però a ridarci, dell’intreccio, almeno l’essenziale, con snodi narrativi piuttosto attenti. (…) Ridotto quasi all’osso, il racconto, giova ripeterlo, non ha modo di sviluppare fino in fondo tutti i sottintesi psicologici con cui Patrick McGrath, lo aveva abilmente costruito, disegnandone con rigore e vigore i personaggi centrali, ma non si può dare atto a David McKenzie di essere riuscito egualmente a svilupparlo in modo convincente: per lo scontro dei singoli caratteri, per la sveltezza delle evoluzioni cui sono sottoposti ed anche per certi climi, chiamati a sostenerli, carichi spesso di tensioni quasi vicine alla suspense. Con immagini buie che, spesso, riescono a coinvolgere. Il merito maggiore, comunque ce l’ha Natasha Richardson nelle vesti di Stella, passata dall’eleganza di una dama della buona società alla degradazione di una vita travolta dalla passione e, presto, dalla follia. Con splendido equilibrio. Il suo amante è il neozelandese Marton Csokas. Lo si ricorderà poliziotto in ‘Evilenko’ di David Grieco.” (Gian Luigi Rondi, ‘Il Tempo’, 14 giugno 2007)

“Ci sono film che nel gioco dell’oca della programmazione arrivano sulla casella sbagliata e devono saltare parecchi giri. E’ successo a ‘Centochiodi’ di Ermanno Olmi, un capolavoro tenuto mesi in freezer per l’ostilità del distributore; ed è successo di peggio a ‘Follia’, che arriva sui nostri schermi quasi cinque anni dopo la fine delle riprese pur essendo transitato onorevolmente alla Berlinale nel 2005. Speriamo che almeno una parte dei cinquecentomila acquirenti del libro abbiano la curiosità di vedere com’è diventato sullo schermo. Non ne saranno delusi anche se quella del regista Mackenzie risulta un po’ la radiografia di un romanzo di 400 pagine dove le motivazioni e i sottotesti hanno ben altri respiri di spazio. Abbandonata l’idea di far raccontare la vicenda a Peter, lo sceneggiatore Patrick Marber ha scelto la strada di un’oggettività nitida e secca, con dialoghi all’osso e il massimo della fiducia nell’espressività degli interpreti. La parte bella se la ritaglia Natasha Richardson, che non avendo il fisico opimo e allettante del personaggio letterario si impegna nell’ingrato ruolo con una pregiudiziale asettica contraddetta da improvvisi assalti di sensualità e violenza. Le tiene testa con singolare prestigio fisico il neozelandese Marton Csokas, vibrante di pericolosità e chiuso nel suo mistero. Fondamentale è la presenza di Ian McKellen che nell’incarnare l’ambiguo dottor Peter gioca da fermo, come fanno alcuni grandi calciatori, e non sbaglia un tiro, riuscendo ad apparire secondo i casi rassicurante, impenetrabile e vulnerato.” (Tullio Kezich, ‘Corriere della Sera’, 15 giugno 2007)

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