Le Donne non vogliono più

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Le Donne non vogliono più

Francesca e Luca sono una coppia ormai collaudata e all’apparenza felice. Ma, mentre Luca comincia a sentirsi pronto a diventare padre, Francesca non se la sente di rinunciare alle conquiste che ha ottenuto, alla propria indipendenza, al suo lavoro. Il desiderio di paternità di Luca si materializza pian piano fino a diventare un’ossessione. Crede di aver trovato una valida alternativa prima in una collega single, poi in una coppia di donne che stanno insieme da tempo e che, tra i molti interrogativi, vorrebbero un figlio. Non tutto è semplice come sembra. È giusto fino in fondo concepire un figlio senza una figura maschile accanto? E tra chi vuole un figlio e chi no, chi è il vero egoista? “Favoletta furbastra che finisce per trasformarsi in un elogio della famiglia come fabbrica di figli: scanzonata solo in superficie e invece profondamente moralista, questa commedia (sceneggiata dal regista -interprete con Claudio Masenza s Luca D’Ascanio) titilla l’eros quotidiano degli anni 90′ (Sesti) mescolando il più smaccato conservatorismo ideologico con una scaltra e astuta pruderie di superficie. Fremiti promozionali per un bacio tagliato dalla censura tra la Ponzani e la figlia di Celentano ” (P. Mereghetti)

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Un commento

  1. Questo film è un tuffo nel passato recente degli anni ’90…
    La censura ha tagliato un bacio tra Antonella Ponzani e la figlia di Celentano, Rosalinda.. Mi pare, ahinoi, non sia cambiato molto in Italia da allora..

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CRITICA:
Pino Quartullo, che fu vicino all’Oscar con “Exit”, cortometraggio suo e di Reali, annusa un tema di attualità e lo volgarizza ai fini più espliciti della commedia sensuale alla romana. “Le donne non vogliono più “, sottinteso: essere madri e rinunciare al carrierismo, parte dal desiderio sfrenato di un bancario 33enne di diventare padre, senza trovare donne compiacenti. Così il film, ammiccando alla confusione dei ruoli, lo insegue nei suoi vani tentativi; prima con la legittima compagna fedele alla pillola (è Lucrezia Lante della Rovere, la più lieve, l’unica mamma del cast), con la collega zitella (Francesca Reggiani), perfino con due omosessuali di campagna (con qualche credibile impaccio negli occhi, Antonella Ponziani e Rosalinda Celentano) che pretendono un bebé per allietare il ménage e tentano di farsi fecondare in una tinozza. Si arriva alla banca del seme, una specie di “fast food” dello sperma con la solita scena della masturbazione coatta; e poi al furto dei cromosomi, alla galera, finché arriva un pulcino trovatello. Quartullo gioca la carta del grottesco, abbonda in esibizionistici nudi soprattutto suoi, eccede in sketch da bar e tutto risulta freddo e insincero. Gli manca il supporto di una sceneggiatura (scritta con Masenza e D’Ascanio) di gusto, arguta, che vada al di là del ritaglio di giornale o del pettegolezzo da salotto. Ci sono, nella sciolta confezione, sospetti di un film che non c’è: sull’egoismo di chi vuole un figlio per vedercisi riflesso; sui video americani per papà in astinenza; o sulla confusione della tecno maternità. Così com’è, “Le donne non vogliono più ” è una commedia degli equivoci sboccati, avvolta in un fastidioso romanesco, che gira su se stessa avvitandosi in scenette che non riescono mai a costruire le fondamenta psicologiche. Con un protagonista, lo stesso Quartullo, tontolone ed egocentrico, che non riesce a farsi “maritare” per pulire la cacca del bebé. Ma è chiaro che Quartullo mira all’incasso, ha messo fra parentesi altre ambizioni per una facile satira anticoncezionale: ed è ripagato dalle risate del pubblico che arrivano puntuali nei momenti peggiori, quando il nostro buca i preservativi. (M. Porro, Corsera, 19 novembre 1993)

“Sguaiata commedia numero due del supponente neoregista Pino Quartullo che inscena un grottesco, irritante e ben poco spiritoso gioco degli equivoci, rimpinzato fino all’orlo del solito implacabile romanesco pedaggio obbligatorio per i film girati a Cinecittà. Lo sboccatissimo autore è senz’altro meglio come attore, se non altro ha un sorriso simpatico”. (Massimo Bertarelli, ‘Il Giornale’, 13 ottobre 2000).

“Un argomento di attualità che poteva benissimo essere soggetto per una garbata commedia, o di un film di vigoroso impegno sociale, viene banalizzato ed involgarito oltre misura con l’evidente scopo, evidenziato da un florilegio di battute da trivio, di indurre nella risatella ebete o nello sghignazzo le attuali platee”. (Segnalazioni Cinematografiche, n. 116, 1993).

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