Attenberg

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Attenberg

Marina, 23 anni, abita con il padre architetto in una città marittima. E’ convinta che la specie umana sia strana e disgustosa, per questo se ne tiene a distanza. Il suo metodo di osservazione si manifesta solamente attraverso le canzoni dei Suicide, i documentari sui mammiferi girati da Sir David Attenborough e alcune lezioni di educazione sessuali che gli vengono impartite dall’unica amica, Bella. Uno straniero arriva in città, fa la sua conoscenza e la sfida a biliardino; nel frattempo, suo padre, si prepara in modo ritualistico ad uscire dal ventesimo secolo, che lui considera assolutamente sopravvalutato. Tra i due uomini e la sua amica Bella, Marina può investigare i misteri della natura umana. “…La giovane, che malgrado i 23 anni è ancora del tutto digiuna di esperienze amorose che anzi per essere esatti le ispirano ribrezzo, si dedica all´esplorazione di questa terra sconosciuta con ossessiva pignoleria, preoccupata dal non sapere se le piacciono gli uomini oppure le donne oppure né gli uni né le altre. Divora in tv documentari sul comportamento sessuale degli animali (esce fuori da qui il titolo del film, Attenberg, deformazione del nome di Richard Attenborough, celebre attore regista e produttore britannico). Interroga con puntiglio indagatore e un po´ sfacciato il padre su come era stata la storia d´amore con sua madre e anche sulle attuali pulsioni dell´uomo. Si fa dare lezioni di vita e anche di baci con la lingua dall´amica del cuore, un po´ invidiata e un po´ disprezzata perché di costumi molto disinvolti…” (R. D’Agostini, La Repubblica)

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CRITICA:

“Un percorso, quella della maturazione, che invece interessa molto alla regista greca Athina Rachel Tsangari che con Attenberg racconta il doppio percorso — di morte e di vita — di una ventenne che assiste il padre agonizzante e scopre contemporaneamente una sessualità che aveva sempre rifiutato. A volte con una messa in scena troppo studiata e effettistica, ma anche con una freschezza e una inventiva degne di nota.” (P. Mereghetti, Corriere della Sera)

“Il film di Athina Rachel Tsangari, e questo è già interessante, ci offre un´idea non prevedibile e convenzionale della Grecia. Intanto è inverno e poi la cittadina che fa da scenario affaccia su un bel mare ma è anche sede di un colossale complesso industriale a suo tempo sperimentale ed ora dall´aria tossica e arrugginita. … Insomma, uno di quei film molto “da festival” – cui però può anche arridere un consenso di pubblico, perché ci si lascia trasportare volentieri – che procedono per “quadri” staccati, dall´andatura un po´ snobisticamente destrutturata. Solo che ne abbiamo già visti a dozzine così.” (R. D’Agostini, La Repubblica – stelle 3/6)

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