Julia

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Julia

Una storia sulla fede e lo scetticismo. Sullo sradicamento e l´appartenenza. Julia K: “Non posso dire di essere una donna, ma nemmeno di essere un uomo. Sono qualcosa…sono una creazione di Dio, una distorta creazione di Dio. Dio era distratto quando sono nata.” Cosa ha esattamente spinto un ragazzo della scuola d’arte a lasciare la sua casa in Lituania per andare come ragazza a vendere il suo corpo nelle strade di Berlino? Per oltre dieci anni la fotografa e filmaker tedesca J.Jackie Baier ha seguito la vita senza compromessi del transessuale Julia K., lavoratore autonomo fuorilegge, nel lurido retro e sulle appiccicose sedie di un cinema porno. Julia non riconosce nessuna autorità oltre al suo Dio distratto. Lei è una di quelle outsider che non ha mai firmato un “contratto sociale”. Julia parla una forma arcaica di tedesco che non è più usata in Germania dall’inizio del XIX secolo. Dipinge acquarelli “per rilassarsi”. Era la più brava della sua classe alla scuola d’arte di Klaipeda e ora, a Berlino, è una prostituta transessuale che a volte non riesce a trovare la strada per tornare a casa. Baier segue Julia quando ritorna nella sua città natale, Klaipeda. Documenta quello che sarà un emozionante confronto con la sua vecchia vita, che in Lituania sembra essere rimasta come l’aveva lasciata dodici anni prima, inclusa l’opinione sulle identità sessuali e la sessualità. (Prod.)

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A story of faith and disbelief. Of uprootedness and affiliation.
What makes a boy from art school decide to leave home and live as a girl on the streets of Berlin selling her body for money? For more than ten years photographer and filmmaker J. Jackie Baier follows transsexual Julia K. From Klaipeda/LIthuania through her tough life as a hooker, outlaw and nonconformist who never signed any social contract.

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«Julia è scomparsa di nuovo. Ieri sono andata a trovarla al cinema porno, dove ha dormito negli ultimi sei mesi. Ci siamo sedute nella stanza delle prostitute, che Julia ha usato come camera da letto, un seminterrato scalcinato e fumoso, senza luce dall´esterno, più o meno delle dimensioni di una cella. Un divano, un bancone, una macchina del caffè e una televisione accesa ad alto volume che trasmetteva programmi di bassa qualità. La sua vita si limitava a quella stanza. Che lasciava solo quando Mamsell la chiamava per un cliente. L’avevo vista per la prima volta in un bar a Wilmersdorf, dove per un po´ di tempo avevamo lavorato insieme, seducendo i clienti con l´alcol, offrendo sesso, facendo di tutto per guadagnare soldi. Io avevo lasciato subito quel lavoro. La maitresse non era convinta che fossi una brava puttana e, a dire il vero, aveva ragione – anche se avevo imparato molto guardando Julia. Subito dopo anche lei se n’era andata. Non si sentiva davvero a suo agio in quel posto. La maitresse aveva un suo stile, mentre Julia ne aveva un altro. Non poteva funzionare. In seguito quelli del bar avrebbero detto che era sempre ubriaca. Ma non poteva essere quella la ragione per buttarla fuori, visto che se davvero fosse stata sempre ubriaca sarebbe riuscita ad andare d’accordo con la padrona. Dopo tutto, anche la padrona era sempre ubriaca. Quasi un anno dopo, ho incontrato di nuovo Julia. Stavo andando in autobus a Schöneberg, lei batteva all´angolo tra Froben e Bülow. Abbiamo bevuto un paio di birre al chiosco di Bianca e a un certo punto lei mi ha chiesto se mi andava di scattarle altre foto. Non avevo la macchina con me, solo il cellulare con il quale le ho fatto alcuni scatti. Poi, andandomene, le ho promesso che sarei tornata. Quando mi sono ripresentata lì due notti dopo, questa volta con la macchina fotografica, lei non c´era più. Al chiosco mi hanno detto che era morta, probabilmente per il freddo. Ma poi è riapparsa». [J.Jackie Baier, 2006]

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