• R. Schinardi (Gay.it)

ParaNorman

È il primo film d’animazione destinato ai bambini in cui un personaggio fa coming out: si tratta del sensibile e intelligente ‘ParaNorman’ di Sam Fell e Chris Butler, sofisticato cinemix di tecniche stop-motion e rielaborazione digitale (in due e tre dimensioni). Nel rutilante finale, uno dei personaggi principali, il culturista Mitch, fratello dell’obeso Neil, unico amico del protagonista Norman, e oggetto delle mire amorose della sorella di quest’ultimo, la superficiale Courtney, viene invitato da costei al cinema ma Mitch risponde che verrebbe volentieri col suo fidanzato cinefilo, lasciandola sbigottita (nella versione originale la voce di Casey Affleck dice che adora i chick-flicks, film con target femminile). Una scenetta ad effetto isolata – nel resto del film non c’è nessun accenno alla sessualità – che ha causato in America le proteste del sito religioso Patheus, secondo il quale ‘ParaNorman’ avrebbe la colpa di “introdurre i bambini all’omosessualità”. Anche alcuni critici italiani hanno storto il naso, come Alessandra De Luca che sull’Avvenire definisce la scena ‘una caduta di stile del film’ mentre il sempre queer-friendly Maurizio Porro sul Corriere della Sera parla di ‘battuta proprio fuori posto da gay pride’.
Risulta invece un simpatico joke che può aiutare a combattere il pregiudizio ancora radicato secondo cui il gay deve essere per forza debole e dalle movenze effemminate. L’intero film è un vero apologo della diversità anche se la trama non è particolarmente originale, troppo simile a ‘Il sesto senso’ e alle vicende gotiche adorate da Tim Burton (a breve arriverà il suo nuovo ‘Frankenweenie’ e, su questa scia, anche ‘Hotel Transylvania’ del russo Gennadiy Tartakovsky): l’undicenne Norman viene preso in giro dai compagni di scuola e in particolare dal bullo Alvin perché vede i morti e parla con loro, a partire dall’amatissima nonna trapassata, ma troverà il modo di fronteggiare un’orda di zombie legata alla maledizione di una strega bruciata sul rogo trecento anni prima.
‘Strano’ – ‘Freak’ in originale – è la parola chiave del film, ripetuta spesso con distaccante sospetto per definire l’eccentricità dei personaggi, la cui diversità, che sia fisica, emotiva o sociale per appartenenza a classi diverse – vedi il barbone mal visto in città -, rischia di emarginarli confinandoli in un deleterio isolamento. C’è anche un passaggio quasi gender, quando Norman si identifica con la strega che da giovane aveva il suo stesso dono di vedere i morti, grazie al quale trova il modo per porre termine alla secolare maledizione.
Il personaggio di Mitch che si rivelerà gay ha un ruolo di ‘spalla’ nell’accompagnare la combriccola ad affrontare gli zombie (molto meno minacciosi, in realtà, dei veri ‘mostri’ della cittadina di Blithe Hollow, quali la rude insegnante con maschera facciale verde) e viene descritto come piuttosto ignorantello, visto che confonde i ‘deltoidi’ con gli ‘steroidi’.
Realizzato dagli studi Laika, gli stessi del sorprendente ‘Coraline e la porta magica’ (un gradino più riuscito perché più ricco di idee innovative), ‘ParaNorman’ ha richiesto ben dieci anni per la stesura dello script e altri due per la realizzazione, coinvolgendo un’équipe composta da 320 persone tra designer, animatori e tecnici, suddivisi in 52 unità di ripresa differenti. Come molti prodotti pensati in realtà anche per un pubblico adulto, non è adatto ai bambini troppo piccoli che rischiano davvero di spaventarsi, ma non certo per la dichiarazione di omosessualità del pompato Mitch!
Si può vedere.

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