• G. Mangiarotti

Magnifica presenza

Probabilmente non sarà un capolavoro, ma per noi questa “Magnifica presenza” di Ozpetek/Germano è uno dei film più belli, più godibile e più interessante degli ultimi anni. Siamo usciti dal cinema col cuore gonfio e la mente piena di stimoli e suggestioni, assai più ricchi di quando siamo entrati.

Merito di un film che mescola in modo perfetto sogno e realtà, desideri e limiti, aspirazioni e insuccessi; in una parola tutto quello che la vita può offrirci. Ad una sola condizione: per partecipare a questo banchetto, fatto di passato, presente e futuro, dobbiamo essere delle persone semplici, vere, aperte a tutto e a tutti, come Pietro, il giovane protagonista del film che arriva dalla Sicilia a Roma in cerca di fortuna (sia in amore che nel lavoro).

Rispetto ai precedenti film di Ozpetek, questo vanta, nonostante la varietà degli ingredienti, un’armonia perfetta, sia temporale (tra presente e passato) che tra personaggi e situazioni spesso agli antipodi. Il film scorre via senza inciampi, senza orpelli, legando meravigliosamente ogni situazione, anche le più inattese e sorprendenti. Che sono tante e diversissime, a iniziare dalla Compagnia Teatrale Apollonio, che ci ricorda come il teatro (e il cinema) possano essere immortali, soprattutto se connessi alla realtà della vita e degli eventi (per questo nel film hanno bisogno di scoprire perchè sono morti). Anche l’omaggio al nostro Risorgimento, fatto attraverso la raccolta di figurine di Pietro, è un tema inserito con gioiosa delicatezza. Leggermente più drammatico il momento in cui viene denunciata la persecuzione della diversità con il travestito picchiato (in pochissimi minuti il quadro perfetto di una condizione e di una realtà). Altamente drammatico (sembra un momento di Apocalipse Now) il viaggio nello scantinato dove i trans lavorano (come dei cinesi oppressi) comandati da un Kurt/Platinette mai visto così splendido e bravo. Tutte queste, e altre, rilevanti tematiche si fondono senza soluzioni di continuità con la storia del nostro eroe, un ragazzo semplice, fa il pasticcere, con poche ambizioni, quella di diventare un attore, e con un grande bisogno d’amore, come ogni essere umano.

Pietro ha già 28 anni, è un omosessuale consapevole e dichiarato, che però non ha ancora trovato l’anima gemella. Qualche critico gay si è scandalizzato perchè avrebbe desiderato vederlo più maturo, più scaltro, meno condizionabile, meno sognatore, ma questo critico non si è accorto che stava pensando ad un altro film. Ozpetek ha invece scelto come protagonista un omosessuale ancora puro, ancora ingenuo, ancora pieno di speranza, anche se forse nella realtà ne esistono sempre meno. Un ragazzo che quando incontra un uomo che gli piace non può fare a meno di innamorarsene, e non riesce a pensare che per l’altro possa essere diverso. Nel film la cosa viene enfatizzata, resa quasi surreale, alla Almodovar, diverte, ma nello stesso tempo centra il bersaglio: Pietro è ancora un innocente, un’anima candida, e solo una persona come lui potrà avere un incontro del terzo tipo, in questo caso con dei fantasmi in carne e ossa.

A differenza che in “Le fate ignoranti” dove il protagonista gay doveva nascondersi alla società, o in “Mine vaganti” dove doveva nascondersi alla famiglia, o in “Saturno contro” dove si era rinchiuso dentro la propria comunità, qui il personaggio gay è serenamente se stesso davanti a tutti e a tutto (fantasmi compresi).

L’omosessualità di Pietro non viene mai messa in secondo piano o dimenticata. Dopo i ridicoli ma credibili abbracci con l’amica/cugina che vorrebbe farselo (e lui si difende dicendo “Non riesco a essere gay, figurati se riesco a essere eterosessuale”, parole che vogliono dirci quanto non sia facile essere gay oggi, anche se dichiarati), dopo il drammatico incontro con l’amato così appassionatamente preparato, abbiamo la delicata storia con il bel fantasma, interpretato da Andrea Bosca, che lo seduce con ripetuti dolcissimi sguardi e lo viene a trovare la notte sfiorandogli le labbra (si dice che nel dvd verranno inserite scene più spinte, forse un vero bacio). Ma Pietro ha bisogno solo di questo, dell’amore di qualcuno che sappia guardarlo con dolcezza.

Il tocco magico di Ozpetek, è quello di unire divertimento e riflessione, commedia e dramma. Le scenette di Pietro al bar con le bariste Olga e Nina (Monica Nappo e Bianca Nappi) che cercano argomenti per spettegolare sul suo conto, sono esilaranti. Pietro non arriva a dire loro che è gay ma chiarisce bene che non ha nessuna fidanzata. Fantastico il personaggio di Ennio (Gianluca Gori, alias Drusilla Foer), l’unico a non credere che Pietro sia pazzo, elegante e autoironico nella sua filippica in stile Paolo Poli (bellissimo omaggio del regista), sicuro di sè e convinto che al mondo dovrebbe esserci posto per ogni diversità.

La coralità è un tratto distintivo dei film di Ozpetek, ma in questo, anche se non abbiamo scene coi protagonisti intorno ad un tavolo imbandito, lo è forse più di tutti, ad iniziare dalla numerosa compagnia di teatranti, passando per tutti i personaggi che il protagonista Pietro (un incredibile Elio Germano che Ozpetek fa diventare addirittura bello) incontra nel suo viaggio verso la felicità. Un viaggio difficile, parallelo a quello dei teatranti vittime di una storia terribile, che possiamo fare con successo solo se siamo capaci di seguire con semplicità i nostri sogni e le nostre aspettative, solo se crediamo veramente in noi stessi. Come Pietro.


autore: R. Schinardi (Gay.it)  
voto: 
Dispiace quando un autore che si ama, regista di film belli e colmi di passione sbaglia un film. Capita. Per mancanza d’ispirazione, perché la ricetta non funziona, perché un lungometraggio è come il vino, e ti accorgi che la cuvée non è buona solo a prodotto finito.
È il caso di "Magnifica Presenza", ultimo lavoro di Ferzan Ozpetek. Sì, lascia l’amaro in bocca questa commedia, pasticciata e non riuscita, su una compagnia teatrale fondata nel 1939 e sciolta probabilmente nel 1943 – ha anche un sito – la cui apparizione magica sconvolge la vita di un pasticciere gay siciliano, Pietro, timido e ingenuo come un novello Candide, nella nuova casa un po’ fatiscente dove va a vivere nel quartiere gianicolense di Monteverde.Perché delude? Perché questa riflessione sulla forza dell’immaginazione, del sogno primario (il desiderio di fare l’attore del protagonista), dei confini labili tra realtà e rappresentazione, sviluppata in questo modo, poteva funzionare trent’anni fa, certo non nel 2012. Così lo spettatore non si sorprende, non rimane affascinato, non è coinvolto da una sceneggiatura debole in cui manca l’afflato del cuore e la meraviglia della sorpresa. Pietro è un omosessuale introverso che molesta con messaggini e fiori un aitante giovanotto – ci mancava il gay stalker! – che gli sputa addosso tutto il suo odio in una scena ridicola e tremenda di cui non vi diciamo altro. Per di più è un ingenuo sempliciotto fatto passare per pazzo – risate in sala: la macchietta omosex mattarella, che spasso!“Nel girare una scena ad Elio sono serviti solo pochi minuti a letto per sembrare di aver dormito non meno di dieci ore – spiega il regista -. È un attore che ha segnato molto il mio sguardo verso il cinema, vorrei in futuro girare con lui tanti altri film. Si è trattato di un vero e proprio innamoramento”. “Pietro è pieno di fissazioni – spiega meglio Ferzan. – Si intestardisce a sfornare i suoi cornetti ogni notte, uno identico all’altro. Abituato fin dall’infanzia ad affrontare le diversità, Pietro è un giovane molto sensibile e particolare ma nel palazzo si muove la mano invisibile del destino. È il mio film più complesso. Mi è venuta in mente questa storia raccontatami da un amico 18 anni fa: una donna vestita in modo strano in un palazzo vicino a casa mia, bombardato durante la Seconda Guerra Mondiale. Ne ho parlato col produttore Procacci ed è subentrata Federica Pontremoli come sceneggiatrice".La pietra dello scandalo, cioè l’omosessualità di Pietro, è vista così da Elio Germano: "Non è un tema portante, avrebbe potuto essere anche un eterosessuale, ma nel suo caso specifico è una caratteristica che amplia la sua sensibilità sviluppandola". "In un piccolo paese di provincia dell’Italia del Sud – continua l’attore – dove magari ti senti emarginato, questo status ti porta a sviluppare sensi di colpa. Lui si ritrova perciò ad essere sempre iper premuroso verso tutto quello che gli si chiede. E’ una persona fragile e pura che si appassiona agli altri, e, immaginando di poter fare sempre di più, si sente inadeguato a tutto". Peccato però che di "Magnifica Presenza" non ci si riesca ad innamorare. Perché vederlo, dunque? Perché è costellato di attori bellissimi (non c’è un maschio brutto, a parte l’apollineo Cem Yilmaz truccato da cicisbeo canterino che sembra pure uno scorfano) meritevoli di uno scossone alla patria dignità dell’alzabandiera oltraggiato – leggi: erezioni in sala – e perché Elio Germano è bravo, si immerge compiutamente nel personaggio nonostante qualche mano troppo sventagliante, torna bambino e comunica una naturalezza spontanea ed empatica.Il resto del cast – a parte la brava Paola Minaccioni – sembra spaesato e perduto, una serie di figurine scollate in una pièce barbosa. Occhio alla sfornata di dolci e prelibatezze, quasi buttati in faccia ai critici che lamentavano l’abbuffata perenne dei precedenti film di Ozpetek. Non c’è sentimento in "Magnifica Presenza", non c’è amore (figurarsi il sesso): Pietro osserva distante lo splendore virile, sogna un bellone in giacca e cravatta che lo sfiora e annusa di notte, mostra agli spiriti sfranti quanto è bella Internet e manco si fa un profilo su Me2. Fa poi male vedere sprecata una scena fortemente scenografica, quella dell’atelier clandestino con abili trans laboriose che creano costumi, addobbi, oggetti di scena e sono capeggiate da un’autoritaria Colonnella Kurtz detta la Badessa (Mauro Coruzzi alias Platinette, al naturale). Fa piangere, infine, rivedere la grande regina del teatro Anna Proclemer in un ruolo confuso e abbozzato, impietoso nello scrutare un volto bellissimo e magico, senza restituirne lo spessore altero della grande attrice quale è.La vera rivelazione del film è però Gianluca Gori, angelo del focolare di una magnifica signora agée, tale Drusilla Foer, elegante e vagamente blasée, qui nel ruolo fantasmatico di un’improbabile cruiser frequentatrice di battuages dove si fa "sesso Braille".Comunque agli italiani sta piacendo: "Magnifica Presenza" è secondo al box office con quasi un milione e 200.000 euro dietro al francese "Quasi amici", arrivato a quasi otto.
È da vedere? Certo, per gustarsi le magnifiche presenze sullo schermo e con cui andrete a vederlo, con cui commentarlo insieme, corroborati dal bisogno dettato da una forte assenza, percepibile dall’inizio alla fine del film: la passione.

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