• R. Schinardi (Gay.it)

Hysteria

Rupert Everett è tornato magicamente bello, fascinoso, giovanile. Con barba curata e improvvisa sparizione di rughe e scavi facciali, il simpatico attore inglese – che nel 2007 ci aveva detto di voler lasciare il cinema perché “un mondo patetico” – torna nelle sale nei panni del genialoide inventore di un curioso “massaggiatore meccanico” inizialmente pensato come piumino elettrico nella godibile commedia Hysteria di Tanya Wexler.
Lord Edmund St.John-Smythe è infatti un benefattore appassionato di nuove invenzioni tecnologiche – siamo nel 1880, in piena epoca vittoriana – e vive praticamente in concubinato col fedele dottore Mortimer Granwille (il bell’Hugh Dancy che era Luke in ‘I love shopping’). Fino alla fine del film si direbbe addirittura che i due siano una coppia, visto che la parte sentimentale etero della vicenda viene risolta praticamente negli ultimi dieci minuti.
“L’idea era irresistibile – spiega Rupert Everett -. Chiunque senta raccontare il soggetto di questo film, non può fare a meno di ridacchiare. Il film ha il sapore delle commedie degli anni Trenta o Quaranta prodotte dagli studi Ealing. Il mio Edmund è un tipico gentiluomo inventore che ha avuto una vita privilegiata ed è libero di essere abbastanza progressista. Edmund e Mortimer sono come fratelli, e in tutto il corso della vicenda restano grandi amici”.
Presso lo studio del dottor Robert Dalrymple (Jonathan Price, strepitoso) si sta sperimentando una cura piuttosto “spiccia” per curare le sindromi isteriche su pazienti donna: ossia una semplice penetrazione con mano unta. L’insolito metodo sembra funzionare non appena le problematiche signore fanno la conoscenza dell’arto sensibile dell’aitante giovanotto: è tutta una sequela di gridolini, bollori, acuti di piacere.
Ma quando Mortimer fa la conoscenza del ciclone di famiglia, l’irrefrenabile figlia Charlotte (la bravissima Maggie Gyllenhaal), che gestisce una casa per i poveri dove dà conforto e istruzione ai bimbi più disagiati, ma non sa filtrare le proprie emozioni, si scombineranno i piani che prevedono il fidanzamento in pompa magna fra Mortimer e l’altra figlia del dottor Dalrymple, la compostina Emily. La quale, però, non fa vibrare il cuore del giovane medico. Quando Mortimer rischia di essere licenziato, la bizzarra invenzione del suo amico del cuore sarà in grado di rilanciarlo prepotentemente sul mercato della ‘cura del piacere’ al femminile.
Visto il tema, si temevano volgarità e facili sketch: tutt’altro. Hysteria è una commedia godibile e intelligente, simpatica e girata con brio, in cui l’invenzione del sollazzo proibito è poco più di un pretesto per una riflessione sulla forza delle donne e la loro condizione di manifesta inferiorità sociale dell’epoca, sull’importanza della charity già allora, sul bisogno di solidarietà nell’evoluzione dei costumi sociali.
Cast affiatato, cura formale e un tocco di peperoncino: l’isteria femminile, tolta dall’elenco dei disturbi mentali solo nel 1952, è risolta senza ridicolizzare il sesso un tempo definito tristemente “debole” ma con un’ironia piccantella che fa sorridere parecchio. E chi di noi non ha un amico in grado di dargli una mano (anche senza fargli un fisting) e qualche aiuto ‘artificiale’ spesso più soddisfacente di un membro in carne e ossa? Dopotutto basta qualche pila, o magari neanche quella. Sicuramente i problemi idraulici non si possono presentare (a meno che l’idraulico di fiducia non meriti): è solo questione di energia… O no?


autore: G. Mangiarotti  
voto: 
Il film, opera prima della regista Tanya Wexler, laureata in psicologia dei generi sessuali, ha avuto una gestazione di ben sette anni, causata dalle difficoltà di trovare produttori per un film su un argomento che si preannunciava assai provocante, l’invenzione del vibratore. Sarà per queste difficoltà, sarà per trovare uno sbocco distributivo il più ampio possibile, fatto sta che l’opera che ora possiamo vedere al cinema ha ben poco di provocante o pruriginoso (se escludiamo le due scene delle paperette che copulano). Il film si presenta come la più innocua commedia romantica in costume, fedele al tradizionale ed educato stile britannico, rivolto soprattutto ad un pubblico femminile benpensante di mezza età. Se togliamo l’idea base del film, fin troppo ripetuta (gli orgasmi femminili sono seguiti, mostrando l’orologio, quasi in tempo reale), quella che anche le donne possono usare una stimolazione sessuale meccanica senza l’utilizzo di un pene (oggi ci sembra la scoperta dell’acqua calda, ma forse alla fine dell’800 era diverso), tutto il resto, ci appare vecchio e già visto, più noioso che interessante. Stiamo parlando delle tematiche secondarie presenti nel film (anche troppe), come la contrapposizione tra ricchi e poveri, l’emancipazione femminile, diritto al voto compreso, l’avanzamento della medicina contrastato dalla borghesia medica, le innovazioni tecnologiche come il telefono, tutte tematiche che non vengono approfondite e anzichè rafforzare l’ossatura e la sostanza del film, ottengono il risultato di frantumarlo, lasciando il tutto ad un livello di assoluta superficialità. La lettura migliore del film ci sembra quella di una favola per signorine in cerca più d’un marito che d’indipendenza.
Bene gli interpreti, soprattutto Maggie Gyllenhaal nel ruolo della futura cognata del protagonista, una suffragetta che rinuncia al denaro e alla vita borghese della benestante famiglia per dedicarsi all’aiuto dei poveri. Decoroso il ruolo di Hugh Dancy, un dottorino che vorrebbe seguire l’evoluzione della medicina (sono appena stati scoperti i germi ma i dottori non vogliono crederci) ma che ben presto si adatta a più modeste mansioni. Ridicolo, per non dire peggio, il ruolo dell’amico Smythe, un ricco omosessuale (nel film, vista l’epoca, viene definito pervertito, ma, forse perchè aristocratico, trattato con molta comprensione) che si diletta a progettare piccoli macchinari, come lo spolverino elettrico, che poi, fortuitamente, si trasformerà nel primo vibratore (medico, per la solita ipocrisia che concerne la sessualità). Lo interpreta uno stereotipato (ma nel film quasi tutti sono macchiette) Rupert Everett, che copre con una folta barba il viso rifatto, dice qualche battutta che vorrebbe ricordarci Wilde, ma il suo personaggio resta totalmente sullo sfondo e non aggiunge nessuna dinamicità alla vicenda. A noi non ha fatto nemmeno sorridere.

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