• G. Mangiarotti

Riparare i viventi

Terzo lungometraggio della brava Katell Quillévéré ( dopo “Un poison violent” e “Suzanne”) centrato sugli eventi che preparano e portano a compimento un trapianto di cuore. Un film senza eccessi, a tratti poetico (vedi la scena del cardellino ammirato dal dottore), quasi sempre vitale ed accattivante (vedi il bellissimo prologo surfista), che ti cattura in ogni momento dall’inizio alla fine, anche se nella terza parte sembra cambiare registro. Una storia (ricavata dal bestseller omonimo del 2014 di Maylis Kerangal, pubblicato da Feltrinelli) che in mano ad Hollywood sarebbe diventata assai più spettacolare, convenzionale e strappalacrime, perdendo quasi sicuramente tutto l’afflato umanistico ed intimistico che invece questo film ci regala. A partire dai personaggi, anche da quelli secondari, tutti raccontati con un interesse che cerca di andare oltre le apparenze, facendoci conoscere i sentimenti di ciascuno. Indimenticabili le sequenze iniziali, con il bel ragazzo biondo, Simon (Gabin Verdet), che lascia il letto della sua fidanzata alle prime luci dell’alba, salta dalla finestra, si lancia in strada sulla sua bicicletta per poi salire sul pulmino degli amici, e alla fine inizia a cavalcare le onde del mare con la sua tavola da surf, una immagine che sarà premonitrice della sua prossima lotta contro la morte, che arriva poco dopo un incidente d’auto (reso anch’esso in modo struggente). Rivedremo Simon in un altrettanto vitale flashback che ce lo mostra al suo primo rocambolesco incontro con la fidanzata Juliette. Di Simon sappiamo già tutto, del suo amore per la vita, del suo coraggio, della sua vitalità. Il suo cuore andrà a salvare la vita di Claire (una luminosa Anne Dorval), una donna lesbica, che vediamo mentre sta andando ad un concerto della sua ex compagna ed allieva Anne Guérande (l’attrice e pianista Alice Taglioni) insieme ai suoi due amatissimi figli, Maxime (Oldfield) e Sam (Cholbi). Dopo le vivaci scene con Simon, dopo quelle che ci fanno sentire l’immenso dolore dei suoi genitori, Marianne (Emmanuelle Seigner) e Vincent (Kool Shen), adesso quelle più calme sulle note musicali del concerto di Anne ci fanno entrare in un clima più riflessivo, in un preludio ad una nuova rinascita alla vita, permessa dai combattuti genitori di Simon che acconsentono alla donazione dei suoi organi. La sceneggiatura del film continua a giocare col contrasto vita morte, dolore speranza, passato e futuro. La vita è un viaggio, come sembrano sottolineare le interessanti scene che ci mostrano il viaggio del cuore dal donatore al ricevente, ma può anche essere una bellissima gara di solidarietà. Unico commento negativo riguarda alcuni momenti ospedalieri forse un po’ troppo documentari, ma forse necessari al tono realistico del film, impegnato nella missione di farci comprendere l’importanza delle donazioni di organi.

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