SUNDANCE FILM FESTIVAL 2014

Come ogni anno tanti titoli con tematiche LGBT nella più prestigiosa vetrina del cinema indipendete mondiale – Ben sei titoli elencati qui sono tra i film premiati dalla Giuria nelle varie sezioni

Info dal sito ufficiale del Sundance Film Festival

Trovate tutti i film premiati a questa pagina – I premi vinti dai film elencati in questa pagina (vedi sotto, ben 6 titoli su 13) s’intendono assegnati nelle rispettive sezioni d’appartenenza.

Parte oggi il Sundance Film Festival, il più importante festival internazionale di cinema indipendente al mondo, con un programma di 117 film (ben 96 anteprime mondiali) selezionati tra 12.218 opere che gli sono state consegnate nel 2013.

Il Sundance è il Festival generalista che, insieme alla Panoramica Berlinale, presenta il maggior numero di opere con riferimenti LGBT. Occasione importante per il nostro cinema perchè viene portato all’attenzione dei media di mezzo mondo, come accadde lo scorso anno quando il Sundance presentò titoli come “Kill Your Darlings” o “Concussion“.

Quest’anno troviamo un titolo a dominante tematica gay anche nei quattro film d’apertura (il Sundance ha rinuciato da qualche anno al titolo unico d’apertura), “Lilting“, del promettente regista Hong Khaou, che ci racconta l’elaborazione del lutto da parte di una madre e di un ragazzo che hanno perso la persona che entrambi amavano, rispettivamente il figlio e il compagno.

Tra i 16 film del concorso principale, U.S. Dramatic Competition, troviamo ben tre titoli di nostro interesse: “The Skeleton Twins” di Craig Johnson con un uomo che arrivato alla mezza età rimpiange ancora l’occasione perduta ai tempi della scuola; “Jamie Marks Is Dead” di Carter Smith con un ragazzo incerto tra la’more della fidanzata e quello del fantasma di un compagno di scuola trovato morto in riva al fiume; “Dear White People” di Justin Simien che ci racconta una faida tra studenti neri e bianchi.

Nella sezione dei lungometraggi stranieri (World Dramatic) troviamo “52 Tuesdays” di Sophie Hyde che mette a confronto una figlia con la madre che sta iniziando un cambiamento di sesso.

Nella sezione U.S. Documentary Competition troviamo l’attesissimo “The Case Against 8” di Ben Cotner e Ryan White che per la prima volta mostra al pubblico momenti del processo che hanno portato alla storica sentenza della Corte Suprema contro la proibizioni dei matrimoni gay. “The Overnighters” di Jesse Moss, racconta le difficoltà di un pastore che offre ospitalità a uomini in cerca di lavoro.

La sezione Next, nata solo nel 2010 e rivolta al cinema più tagliente e di bassissimo budget, in continua crescita grazie alle nuovissime ed economiche modalità di riprese digitali, presenta 11 film, tra i quali “Appropriate Behavior” di Desiree Akhavan, continuazione di una serie web lesbica di grande successo che racconta la complessità del coming out per una ragazza che vive a Brooklin in una famiglia tradizionale di origine persiana; sicuramente divertente “The Foxy Merkins” di Madeleine Olnek, la regista di “Codependent Lesbian Space Alien Seeks Same” che questa volta ci racconta di prostitue lesbiche; “Drunktown’s Finest” di Sydney Freeland ci mostra le difficoltà di una trans all’interno di una comunità di nativi americani.

Grandissima attesa anche per “To Be Takei” di Jennifer M. Kroot, presentato nelle anteprime USA, che ci racconta la vita e la militanza dell’attore George Takei e di suo marito Brad. Takei è intervenuto proprio ieri, insieme all’attore Chris Pine, denunciando l’omofobia e l’assurdità della legge russa contro la propaganda gay.

Non sono presenti nell’elenco sottostante i film “Love is Strange” di Ira Sachs, presentato nelle anteprime, e “Lo sconosciuto del lago” di Alain Guiraudie, presentato nella sezione Spotlight (tributo ai film più amati dal Festival), perchè già presenti nelle nostre schede (cliccare sul titolo per vederle)

I PRINCIPALI TITOLI CON RIFERIMENTI LGBT

52 Tuesdays di Sophie Hyde

2013, 114 minuti, color, Australia, SEZIONE: World Dramatic

VINCE IL PREMIO COME MIGLIOR REGIA

La sedicenne Billie deve accelerare il suo percorso verso la maturità quando la madre le confida che sta iniziando la transizione da donna a uomo. Durante questo periodo di tempo Billie dovrà vivere con il padre. Siccome Billie e la madre sono sempre state molto vicine, si mettono d’accordo per vedersi e stare insieme il martedì di ogni settimana, per un intero anno. Col passare delle settimane, causa i cambiamenti dovuti alla transizione, la madre è sempre meno disponibile, almeno a livello emozionale, così Billie cerca di esplorare da sola la propria sessualità e identità incontrandosi segretamente con due compagni di scuola più grandi. Sono le sue prime esperienze di indipendenza, responsabilità, potere e desiderio. La regista Sophie Hyde, sfruttando la propria esperienza ci racconta una storia agrodolce che permette ai personaggi di evolversi nel tempo, sia fisicamente che emotivamente, attraverso alti e bassi naturali e spontanei. Sia per la madre che per la figlia il ruolo della tecnologia è fondamentale, entrambe utilizzano strumenti moderni per analizzare e modificare le proprie vite, obbligando se stesse e tutti colore che le circondano, a raggiungere una sincera onestà.

Regista: Sophie Hyde
Sceneggiatore: Matthew Cormack, screenplay and story; Sophie Hyde, story
Produttori: Bryan Mason, Matthew Cormack, Rebecca Summerton, Sophie Hyde
Direttore Fotografia: Bryan Mason
Montaggio: Bryan Mason
Musica: Benjamin Speed
Interpreti: Tilda Cobham-Hervey, Del Herbert-Jane, Imogen Archer, Mario Späte, Beau Williams, Sam Althuizen

Lilting di Hong Khaou

2013, 86 minuti, color, United Kingdom, SEZIONE: World Dramatic

VINCE IL PREMIO PER LA MIGLIOR FOTOGRAFIA

Intimo lungometraggio d’esordio dello scrittore/regista Hong Khaou, inserito nel 2013, dalla rivista Screen International, tra i nomi più promettenti del prossimo futuro (stars of tomorrow). Il film è centrato sul terribile dolore che separa/accomuna un’anziana madre ed un giovane, per la perdita della stessa persona che entrambi amavano, il figlio di lei e l’amante di lui. La morte improvvisa a Londra del giovane Kai, figlio unico, ha lasciato la severa madre Junn, cambogiana, completamente sola e in un tremendo sconforto. Richard, il giovane amante di Kai, vive lo stesso dolore ma si sente anche responsabile di quello della madre, che decide di raggiungerla nella casa di assistenza dove vive. Junn parla pochissimo l’inglese e si avverte subito la sua istintiva avversione verso Richard quando lo accoglie con estrema freddezza. Per superare la difficoltà linguistica, Richard noleggia un traduttore nella speranza di riuscire a comunicare meglio con Junn. Ora questi due improbabili parenti dovranno superare un abisso di incomprensioni, ma i ricordi comuni di Kai si dimostreranno un cemento irresistibile. Il film si regge completamente sulle spalle dei due protagonisti, il delicato Ben Whishaw e la leggendaria attrice cinese Pei-Pei Cheng, che riescono ad immergerci nell’intimo viaggio che parte da uno stato di palpabile disagio al loro primo apparire sullo schermo insieme, fino a farci sentire la forza di un’intima ed inattesa connessione. Una bellissima meditazione su come due anime possano ritrovarsi unite pur partendo da mondi lontanissimi.

Regista: Hong Khaou
Sceneggiatore: Hong Khaou
Produttore: Dominic Buchanan
Direttore Fotografia: Ula Pontikos
Montaggio: Mark Towns
Musica: Stuart Earl
Scenografia: Miren Marañón
Casting: Kharmel Cochrane
Interpreti: Ben Whishaw, Pei-Pei Cheng, Andrew Leung, Peter Bowles, Naomi Christie, Morven Christie

My Prairie Home di Chelsea McMullan

2013, 76 minuti, color, Canada, SEZIONE: World Documentary

Un originale ed intenso documentario, gioioso e melanconico nello stesso tempo, che ci permette di conoscere la vita intima e le qualità sonore del cantante transgender Rae Spoon. La regista Chelsea McMullan incornicia il tutto con immagini mozzafiato delle praterie canadesi e con fantasiose interpretazioni visive. Con solamente una chitarra acustica ed un computer portatile, il cantante/compositore Rae Spoon, che preferisce usare per se stesso il genere neutro, s’imbarca in un tour modesto, attraverso le vaste pianure del Canada, aiutato dagli autobus Greyhound e generiche stanze di motel. Il film osserva con delicatezza i momenti contemplativi di Spoon, adottando un approccio impressionistico, assai lontano dal documentario Musicaale tradizionale. La regia intreccia poeticamente la storia personale di Spoon, appartenente ad una travagliata famiglia evangelica di Atlanta, con quella del suo primo proibito amore, cose che, entrambe, hanno lasciato segni indelebili nei testi delle sue canzoni e vengono portate alla vita attraverso gradevolissime sequenze visuali in stile video-Musicaali. Interviste, spettacoli e sequenze Musicaali ci fanno scoprire il processo ispiratore di Spoon mentre costruisce la propria vita sia come persona trans che come Musicaista.

Regista: Chelsea McMullan
Sceneggiatore: Chelsea McMullan
Produttore: Lea Marin
Produttore esecutivo: Silva Basmajian
Direttore Fotografia: Maya Bankovic, Derek Howard
Montaggio: Avrïl Jacobson
Musica: Rae Spoon

Jamie Marks Is Dead di Carter Smith

2014, 100 minuti, color, U.S.A., SEZIONE: U.S. Dramatic

In una gelida piccola città viene trovato, sulla riva del fiume, il corpo di un adolescente di nome Jamie Marks. Adam McCormick, il ragazzo più famoso di tutta la sua scuola, rimane impressionato dalla sua morte, sebbene non lo conoscesse più di tanto, non gli aveva nemmeno mai parlato, ma solo visto in occasioni di bullismo.
Jamie era un ragazzo semplice e riservato, fino alla sua morte nessuno sembrava accorgersi di lui. Adesso, il suo fantasma, vorrebbe trovare l’amore e l’amicizia che gli sono stati negati in vita.
Quando il fantasma di Jamie comincia ad apparire sia ad Adam che a Gracie, la compagna di classe che ha scoperto il suo cadavere, Adam si sente catturato in mezzo a due mondi. Ha una storia d’amore con Gracie, ma vive anche una profonda connessione con Jamie che lo sta trascinando in quel limbo oscuro sospeso tra i vivi e i morti… Basato sul romanzo “One for Sorrow” di Christopher Barzak, che la rivista Lambda Literary definisce la storia di un “triangolo amoroso spettrale” (ghostly love triangle), il film, tenero e inquietante allo stesso tempo, è un po’ storia d’amore, thriller soprannaturale e viaggio verso la maturità. La storia si dipana tra un deserto di neve, fienili fatiscenti e ponti di ferro arruginito. Racconto poetico e metaforico sulla sessualità e sulla differenza, sulle scelte che un ragazzo deve fare per aiutare un altro se stesso a liberarsi ed accettare il proprio destino.

Regista: Carter Smith
Sceneggiatore: Carter Smith
Produttori: Alex Orlovsky, Hunter Gray, Jacob Jaffke, Omri Bezalel, Carter Smith
Direttore Fotografia: Darren Lew
Montaggio: Eric Nagy
Scenografia: Amy Williams
Makeup Designer: Mike Potter
Musica: François-Eudes Chanfrault
Interpreti: Cameron Monaghan, Noah Silver, Morgan Saylor, Madisen Beaty with Judy Greer e Liv Tyler

The Skeleton Twins di Craig Johnson

2013, 90 minuti, color, U.S.A., SEZIONE: U.S. Dramatic

VINCE IL PREMIO COME MIGLIOR SCENEGGIATURA

Dopo molti anni che non si vedono o sentono, i gemelli Maggie e Milo conducono vite separate agli estremi opposti della città. Un giorno, lo stesso giorno per entrambi, sperimentato entrambi una specie di morte apparente, come se fosse arrivata la loro fine. Dopo un momento di panico Milo va a trovare Maggie, passando alcuni giorni con lei, negli stessi luoghi della loro infanzia. Questa loro inattesa riunione li costringe a confrontarsi, cercando di capire cosa non va nelle loro vite, perchè tutto sembra così sbagliato. Maggie, un igienista dentale, deve riesaminare il proprio infelice matrimonio col dolorasamente bonario Lance e le sue stesse tendenze distruttive, mentre Milo deve affrontare il dolore di un cuore spezzato al tempo della scuola, quando l’insegnate d’inglese Rich giocava spesso a scacchi con lui. Come hanno potuto allontanarsi così tanto dalle persone che hanno amato? Aiutandosi, scoprono che la chiave per risollevare le loro vite sta solamente nella capacità di ognuno di riparare e ricostruire i loro legami… Questo secondo film del regista Craig Johnson esplora con finezza e sensibilità due vite di quieta disperazione. Attraverso sottili interazioni tra i due personaggi sviluppa un ricco retroscena, trovando il modo di essere divertente, malinconico, toccante e devastante nello spazio di una singola scena. La connessione tra i due protagonisti è magica e a volte esilarante (Maggie che pulisce i denti al fratello dimostra che niente può riconciliare due gemelli come il protossido di azoto). Il loro padre gli aveva detto che dovevano stare sempre insieme, accadesse qualsiasi cosa. Il film vuole spiegare il significato di quelle parole.

Regista: Craig Johnson
Sceneggiatore: Craig Johnson, Mark Heyman
Produttori: Stephanie Langhoff, Jennifer Lee, Jacob Pechenik
Produttore esecutivo: Mark Duplass, Jay Duplass, Jared Ian Goldman
Direttore Fotografia: Reed Morano
Scenografia: Ola Maslik
Montaggio: Jennifer Lee
Musica: Nathan Larson
Interpreti: Bill Hader, Kristen Wiig, Luke Wilson, Ty Burrell, Boyd Holbrook, Joanna Gleason

Dear White People di Justin Simien

2013, 108 minuti, color, U.S.A., SEZIONE: U.S. Dramatic

VINCE IL PREMIO SPECIALE DELLA GIURIA COME MIGLIOR TALENTO EMERGENTE

Tagliente satira che segue le storie di quattro studenti neri in un college dove scoppia una rivolta nel corso di una popolare festa a tema ‘African American’ lanciata da studenti bianchi. Alla prestigiosa Winchester University la birazziale studentessa Samantha White inizia il suo show radiofonico con queste parole: “Care persone bianche, l’ammontare degli amici neri necessari per non sembrare razzista è stato appena portato a due. Spiacente, il tuo uomo dell’erba, Tyrone, non conta”. Sam diventa presidente della casa per solo neri Parker/Armstrong che è avviata all’estinzione in nome della diversificazione. Il reality tv “Black Face/White Place” brilla nella storia di Sam che decide di proseguirlo, respingendo la proposta del collega studente nero Coco Conners che ha lanciato il suo show “Doing Time a un Ivy League”. Il clamore sulla rinascita di Sam diventa anche un’opportunità di definizione per il disadattato nero Lionel Higgins, quando gli viene chiesto di unirsi allo staff del giornale della scuola per coprire le polemiche, sebbene lui segretamente conosca ben poco della cultura nera.

Regista: Justin Simien
Sceneggiatore: Justin Simien
Produttori: Effie T. Brown, Ann Le, Julia Lebedev, Angel Lopez, Lena Waithe
Produttore esecutivo: Stephanie Allain-Bray, Leonid Lebedev
Direttore Fotografia: Topher Osborn
Scenografia: Bruton Jones
Montaggio: Phillip Bartell
Costumi: Toye Adepipe
Interpreti: Tyler James Williams, Tessa Thompson, Teyonah Parris, Brandon Bell

The Overnighters di Jesse Moss

2013, 100 minuti, color, U.S.A., SEZIONE: U.S. Documentary

VINCE IL PREMIO SPECIALE DELLA GIURIA COME MIGLIOR INTUITO REGISTICO

Uomini disperati e nullatenenti inseguono i loro sogni. Si allontanano dai loro demoni per raggiungere i nuovi campi petroliferi del Nord Dakota. Un pastore locale rischia tutto per aiutarli. Quando una perforazione idraulica scopre un vasto campo petrolifero nelle rocce di Bakken (North Dakota), arrivano decine di migliaia di uomini disoccupati col sogno di uno stipendi a sei cifre. Nella piccola città di Williston arrivano autobus carichi di gente alla ricerca di lavoro e di un posto dove dormire. Alla Chiesa Luterana della Concordia il pastore Jay Reinke è ben intenzionato ad aiutare i migranti e dare loro un po’ di dignità. Notte dopo notte trasforma la sua chiesa in un improvvisato dormitorio e centro di consulenza. Con l’aumentare degli uomini che arrivano a frotte i parrocchiani iniziano a lanciare critiche e ad insospettirsi e la città minaccia un’ordinanza per bloccare Reinke. Quando il giornale locale Williston Herald scrive di incontri e violenze sessuali tra gli uomini ospitati, nemmeno la determinazione del pastore Reinke può fermare la ribellione. Quanto potrà sacrificarsi ancora Reinke per la sua crociata di compassione? … Con momenti elettrizzanti e toccanti è impossibile non essere calamitati dalla battaglia del tenace pastore in un mondo infido dove nessun uomo è immune dal perdere tutto.

Regista: Jesse Moss
Produttori: Jesse Moss, Amanda McBaine
Direttore Fotografia: Jesse Moss
Montaggio: Jeff Gilbert
Musica: T. Griffin

Appropriate Behavior di Desiree Akhavan

2014, 82 minuti, color, U.S.A./United Kingdom, SEZIONE: NEXT

Il film è la continuazione della serie web “The Slope” (Il pendio) di Ingrid Jungermann e Desiree Akhavan che aveva per protagoniste due lesbiche superficiali ed omofobe che diventano amiche intime e poi si separano e alla fine, una delle due diceva: “Perchè non mi prendo nemmeno la briga di diventare una lesbica? Si può pensare di essere migliori amiche per sempre?”. La regista Desiree Akhavan sintetizza così questo suo primo lungometraggio: “L’identità è complicata, la sessualità è complicata, crescere è complicato, il film raccoglie tutte queste complessità e spero che il pubblico possa imparare dagli errori della mia giovane protagonista”. Per Shirin, una giovane donna che vive a Brooklyn, non è facile far parte di una perfetta famiglia persiana. Non riesce ad accettarsi su nessun fronte. La sua famiglia non sà che è bisessuale e la sua ex-fidanzata, Maxine, non riesce a comprendere la sua paura di dichiararsi. I ragazzini seienni della sua classe sono troppo agitati per concentrarsi su di lei per più di un secondo. L’annuncio famigliare del fidanzamento di suo fratello con una lontana parente iraniana, è la molla che fa scattare in Shirin una ribellione privata con un susseguirsi di scappatelle pansessuali mentre cerca di comprendere cosa sia andato storto nel suo rapporto con Maxine… Il film ci racconta molto bene una zona grigia del coming out, soprattutto quando deve avvenire in una famiglia molto tradizionale (in questo caso americo-iraniana), con protagonista una ragazza intrappolata tra antichi costumi familiari e le aspettative di una società moderna, alla disperata ricerca di una liberazione. Ottima regia ed ottima interpretazione di Desiree Akhavan in un dramma spesso esilarante.

Regista: Desiree Akhavan
Sceneggiatore: Desiree Akhavan
Produttore: Cecilia Frugiuele
Produttore esecutivo: Olivier Kaempfer, Hugo Kaempfer, Lucas Kaempfer, Katie Mustard
Direttore Fotografia: Chris Teague
Montaggio: Sara Shaw
Scenografia: Miren Marañón
Musica: Josephine Wiggs
Interpreti: Desiree Akhavan, Rebecca Henderson, Halley Feiffer, Scott Adsit, Anh Duong, Arian Moayed

The Foxy Merkins di Madeleine Olnek

2013, 81 minuti, color, U.S.A., SEZIONE: NEXT

Dall’autrice di “Codependent Lesbian Space Alien Seeks Same” un’altra divertente e dissacrante commedia lesbica che fa il verso ai tanti film sulla prostituzione maschile (prendendoli un po’ in giro), mettendo al centro della storia due prostitute lesbiche. Un’avventura metropolitana che senza voler essere scandalosa è comunque sovversiva, struggente e fantastica. Margaret è una prostituta, non sappiamo se suo malgrado o per sua fortuna, che si sta addestrando sulla strada quando incontra Jo, una donna bella e sicura di sè, proveniente da una famiglia benestante, esperta nel soddisfare il genere femminile anche se lei si considera una orgogliosa eterosessuale. Il film segue entrambe nelle loro avventura in strada, dove incontrano seduttrici dalla voce roca, casalinghe che mercanteggiano sul prezzo, ipocrite donne conservatrici, venditori di accessori erotici e scambisti maniaci dello shopping. Navigando tra i bizzarri feticci e le stravaganti richieste sessuali dei loro incontri, comprendiamo l’esilarante e patetica differenza tra le due donne e le varie persone che condividono la loro strada solamente per qualche ora.

Regista: Madeleine Olnek
Sceneggiatore: Lisa Haas, Jackie Monahan, Madeleine Olnek
Direttore Fotografia: Anna Stypko
Montaggio: Curtis Grout; Associate Montaggio: Akina Van Der Velde
Sound Design: Bumi Hidaka
Produttori: Laura Terruso, Madeleine Olnek
Produttori Associati : Frances Bodomo, Victoria Mele, Jason Klorfein
Musica: Dan Bartfield
Interpreti: Lisa Haas, Jackie Monahan, Alex Karpovsky, Susan Ziegler, Sally Sockwell, Deb Margolin

Drunktown’s Finest di Sydney Freeland

2013, 85 minuti, color, U.S.A., SEZIONE: NEXT

Tre giovani nativi americani – un ribelle padre in divenire, una donna devota cristiana, e un promiscuo transessuale – cercano di raggiungere la maturità in una riserva indiana.
Opera prima di Sydney Freeland che vuole essere la sua risposta ad una notizia di cronaca riguardante la sua città natale, Gallup, che venne in seguito chiamata “Città degli ubriachi, USA” (Drunktown, USA). Nizhoni è stato adottato e cresciuto come cristiano da una famiglia bianca, la transessuale Felixxia sogna di diventare una modella, e Sickboy viene portato in un centro di aiuto perchè possa imparare a diventare padre. Osserviamo la Navajo Nation dall’interno verso l’esterno attraverso gli occhi di questi tre improbabili personaggi. In un primo momento le nostre perplessità (cioè i nostri preconcetti) vengono confermate, ma lentamente, col dipanarsi della vita di ciascuno, comprendiamo le difficoltà di vivere in quella comunità e le aspirazioni dei tre protagonisti che vorrebbero lasciarsi tutto alle spalle. Girato negli affascinanti paesaggi del New Mexico, il film ci lascia però alla fine con un dubbio: considerata la forte tradizione che sta alla base dell’accoglienza di queste famiglie, siamo sicuri che il mondo esterno che i tre protagonisti bramano sia veramente migliore?

Regista: Sydney Freeland
Sceneggiatore: Sydney Freeland
Produttori: Chad Burris, Mateo Frazier
Produttore esecutivo: Robert Redford, Duncan Sill, Jasper Zweibel, Dennis Mykytyn
Montaggio: Harry Yoon
Musica: Mark Orton
Direttore Fotografia: Peter Holland
Scenografia: Kevin Pierce
Interpreti: Jeremiah Bitsui, Carmen Moore, Morningstar Angeline, Kiowa Gordon, Shauna Baker, Elizabeth Frances

To Be Takei di Jennifer M. Kroot

2014, 90 minuti, color & b/w, U.S.A., SEZIONE: Doc Premieres

Oggi, a 76 anni, nove anni dopo il suo coming out, George Takei e suo marito Brad, sono diventati la coppia manifesto per l’uguaglianza del matrimonio e per la lotta all’omofobia. Conosciuto soprattutto per il suo ruolo di Sulu nella serie tv Star Trek originale e nei sei film che seguirono, George Takei è oggi, incredibilmente, un re dei social media, come viene ufficiosamente chiamato su Facebook, dove conta oltre 5 milioni di fans, composti in gran parte da “Trekkies” e da membri della comunità LGBT, tutti assetati delle sue quotidiane battute, dei suoi sinceri messaggi, di estasianti barzellette e memi di fantascienza. Sostenitore dei diritti civili, Takei ha usato la sua inconfondibile voce baritonale per parecchi messaggi di pubblicità educativa, spesso satirici, come quello in risposta al famigerato disegno di legge del Tennessee “Don’t Say Gay” che incoraggia il pubblico a dire “It’s OK to be Takei”. Moltissime sono le interviste che rilascia continuamente a diversi media. Tra i suoi progetti attuali c’è il Musical “Allegiance”, tratto dalle sue esperienze di giovane cresciuto nei campi di concentramento giapponesi americani durante la seconda guerra mondiale. Il film ci racconta tutto questo e molto altro della vita di George e di suo marito Brad in uno stravagante e profondo viaggio per la vita, la libertà e l’amore.

Regista: Jennifer M. Kroot
Co, Regista, Montaggio: Bill Weber
Produttori: Gerry Kim, Mayuran Tiruchelvam
Direttore Fotografia: Chris Million
Sound Designer: Lora Hirschberg
Musica: Michael Hearst
Animator: Grant Nellessen

The Case Against 8 di Ben Cotner, Ryan White

2013, 109 minuti, color, U.S.A., SEZIONE: U.S. Documentary

VINCE IL PREMIO COME MIGLIOR REGIA

Un dietro le quinte di quanto accadeva nella società americana mobilitata contro il divieto ai matrimoni gay emesso dallo Stato della California. Girato nell’arco di cinque anni il film segue in particolare l’incredibile squadra che ha portato davanti alla Corte Suprema degli Stati Uniti la causa dell’uguaglianza del matrimonio. Election Day 2008: i californiani approvano la Proposition 8, una legge che ha abrogato il diritto al matrimonio per le coppie dello stesso sesso, annullando una modifica costituzionale. La protesta LGBT e del mondo civile è altissima. La prima notizia che viene ripresa da tutti i media è l’inattesa alleanza tra i famosi avvocati Ted Olson e David Boies, nemici politici che si erano combattuti nella lotta di Bush contro Gore. Le parti civili ricorrenti sono due coppie gay innamorate che si ritrovano, con le rispettive famiglie, al centro di una battaglia epocale per gli stessi diritti. I registi Ben Cotner e Ryan White ottengono un permesso senza precedenti per seguire i protagonisti della vicenda giudiziaria in un processo che il pubblico non ha mai potuto vedere. Il film offre una straordinaria visione del sistema giudiziario americano e di come si possa riuscire a portare un caso davanti alla Corte Suprema. Lo spettatore viene messo alla guida della macchina della storia.

Registas: Ben Cotner, Ryan White
Produttore esecutivo: Sheila Nevins
Supervising Produzione: Sara Bernstein
CoProduttore: Rebekah Fergusson
Produttore Associato: Carin Bortz
Musica: Blake Neely
Montaggio: Kate Amend, Helen Kearns

I Love Your Work di Jonathan Harris

2013, U.S.A., SEZIONE: New Frontier Art

Curioso documentario interattivo sulla vita privata di nove donne che fanno del porno lesbico. Si compone di più di 2.000 clip di 10 secondi, prese a intervalli di cinque minuti per 10 giorni consecutivi, che formano sei ore di filmato. Il regista Jonathan Harris ci mostra un ritratto estremamente intelligente, crudo ed autentico della vita quotidiana di queste donne, colte sia nell’intimo e accogliente confort di una cabina di visione privata che nella privacy della propria casa.
Il regista Jonathan Harris ha esposto suoi precedenti lavori al MoMA, al V&A Museum, e al Centre Pompidou. Nelle sue opere combina elementi di informatica, antropologia, arte visiva e narrazione. Harris è il co-creatore di We Feel Fine, un motore di ricerca che misura costantemente la temperatura emotiva del mondo umano attraverso l’analisi di blog su larga scala. Altri suoi lavori riguardano gli appuntamenti on line, la mitologia moderna, la felicità e l’anonimato. Il suo ultimo progetto si chiama “Cowbird”, una comunità di narratori che lavorano per costruire una biblioteca pubblica dell’esperienza umana.

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