AL FLORENCE QUEER FESTIVAL FILM DI IMPEGNO CIVILE

Ottimi doc sull’Aids, sui matrimoni gay, e l’attesissimo film lesbo WHO’S AFRAID OF VAGINA WOLF? Sulla crisi dei quarant’anni

VINCITORI DEL CONCORSO “SE HAI TESTA FAI IL TEST”

La giuria è stata composta da:
Sandro Cappellano – Consultorio prevenzione e salute di Ireos
Marco Lelli – Regione Toscana
Ennio Passalia – Consultorio prevenzione e salute di Ireos
Elisabetta Testdura – Regione Toscana
Camilla Toschi – Fondazione Sistema Toscana Mediateca

1° PREMIO – TETRISEX di LAPO TIRELLI
La giuria composta da esperti del settore della prevenzione e salute e dell’audiovisivo ha decretato di assegnare il premio SEI HAI TESTA FAI IL TEST 2013 al cortometraggio TETRISEX di Lapo Tirelli per l’originalità del soggetto. Il messaggio è stato veicolato attraverso l’uso di un gioco conosciuto da tutti con un linguaggio leggero, ironico, divertente e al tempo stesso efficace.

2° PREMIO – NON TI SCORDAR DI ME di FRANCESCO TORTOLI

3° PREMIO – HO CABEZA di RAQUEL YUNTA

MENZIONE SPECIALE: RETROSPETTIVA DI UN TEST di MARIA BALZARELLI
La giuria ha deciso di dare una menzione speciale al corto “retrospettiva di un test” per la scelta della veste grafica e della prospettiva del racconto. In particolare è stata apprezzata la scelta di raccontare la paura nel fare il test scegliendo però di risolverla in chiave positiva e propositiva; si ritiene però che la sceneggiatura vada rivista in virtù del contesto di presentazione.

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Ha aperto la quarta giornata del festival, la presentazione del libro “Negli occhi il cinema, nelle mani l’amore” , scritto da Giovanni Minerba e Elsa Perino e disegnato da Mattia Surroz. Ha presentato il libro Giovanni Minerba che durante l’incontro ha ripercorso le tappe della storia d’amore e del sodalizio artistico che lo ha legato al suo compagno Ottavio Mai, scomparso per AIDS nel 1992. Giovanni ci ha parlato dei loro film, nati dalla loro insoddisfazione rispetto a quanto allora veniva prodotto in Italia sul tema dell’omosessualità. Ci ha parlato di PARTNERS (1990) primo film italiano sul tema della sieropositività, ripresentato in questo festival e di alcuni dei molti film fatti insieme: da DALLA VITA DI PIERO (1982) autobiografia di Giovanni stesso , a ATTENZIONE AI CAMIONISTI (1985) , ironica descrizione dell’intima natura dei camionisti, agli ultimi IL FICO DEL REGIME (1991) biografia di Jo Staiano e STAND BY ME (1992). Giovanni ci ha anche raccontato di come è nato il maggiore festival cinematografico GLBT italiano, DA SODOMA A HOLLYWOOD e il discorso si è poi ampliato alla storia del movimento gay, dalle prime riunioni del Fuori e del primo Pride a Torino trenta anni fa, sino all’attuale campagna “VORREI MA NON POSSO” .

Proseguendo nell’impegno del Festival nella sensibilizzazione alla lotta all’AIDS, il primo film della giornata è stato un importante documentario svizzero, ROT UND GRUND di Pascal Wasinger e Ervan Rached. Film che raccoglie le testimonianze di tre persone ammalate di Hiv, che si ritrovano in una casa in montagna per raccontarci le loro esperienze, una ragazza sieropositiva dalla nascita, una donna madre di due figli, e un omosessuale anziano. Accompagnano queste testimonianze interventi di specialisti e responsabili di associazioni dedite alla lotta all’Aids, che ci spiegano la storia della malattia sino allo stato attuale della scienza e i problemi legati all’immagine del sieropositivo nella società odierna . Il film è dedicato al personaggio omosessuale, morto pochi mesi dopo le riprese. Un film davvero perfetto anche se forse piuttosto pesante per il grande pubblico.

Il pomeriggio è proseguito con ORGOGLIO E PREGIUDIZIO della giovanissima regista Marina Paradiso, un cortometraggio che raccoglie gli interventi degli oratori e alcune testimonianze dei partecipanti durante il Pride di Barletta. Più che gli interventi dal palco, tra cui quello molto sentito del deputato pugliese Ivan Scalfarotto, si fanno apprezzare in questo video i racconti di alcune presone transgender, tra i quali il migliore è stato quello di un ragazzo, nato ragazza, che è anche intervenuto in sala insieme alla regista.
Quindi il divertente corto americano AFTER JAKE di Tawana Briggs, sulle tribolazioni di un giovane padre , che vuole essere aperto, ma che è anche preoccupato, davanti alle tracce di attività sessuale gay lasciate da suo figlio adolescente.

Riprendendo un po’ il discorso di Orgoglio e pregiudizio è stato quindi trasmesso VORREI MA NON POSSO di Enzo Facente. Il film è stato presentato dal regista e da Giovanni Minerba. Vorrei ma non posso prima di essere un film è una campagna a favore dei matrimoni omosessuali in Italia, che nasce un anno fa a Torino grazie all’associazione QUORE QUIVER. Campagna che partita con la creazione e l’invio di cartoline al Presidente della Repubblica per chiedere il suo impegno, fino al Pride 2012 a Torino, dove sul carro del Quiver si sono celebrati 30 matrimoni simbolici. Tra le coppie che si sono sposate anche Giovanni Minerba e il suo attuale compagno Damiano. Da quell’evento l’idea di farne un documentario, attraverso le voci di due coppie che hanno partecipato a questi matrimoni: una coppia lesbica con un bambino e una coppia gay con una suocera (molto contenta di avere un nuoro invece di una nuora), tutti gli elementi di una famiglia tradizionale. Il documentario parte con delle commuoventi immagini tratte da STAND BY ME di Ottavio Mai e Giovanni Minerba, con spezzoni riguardanti i celebri matrimoni celebrati in Piazza Scala dall’assessore Paolo Hutter a Milano di venti anni fa. Proseguendo poi con le immagini della manifestazione fatta venti anni dopo nella stessa piazza. In tutti questi anni nel frattempo le coppie che si erano sposate si sono lasciate, tranne Gianni delle Foglie, storico gestore della libreria Babele e il suo compagno Ivan Dragoni, che sono morti, e noi siamo ancora qui a lottare per lo stesso obiettivo, mentre tutto il resto d’Europa è cambiato. Il regista raccoglie anche testimonianze prese in varie feste di partito, con interventi di Bersani, D’Alema, Rosi Bindi e con alcune deliranti uscite di partecipanti ad una festa della Lega a partire da Calderoli.

Proseguendo con i film italiani è stato trasmesso IL ROSA NUDO di Giovanni Coda, presente in sala, un film che giustamente ha provocato molto interesse. Il film è tratto da un omonimo spettacolo del 2007 dello stesso autore , una video installazione teatrale, con danza e recitazione, diventa poi una mostra fotografica. La storia principale raccontata nel parlato del film è tratta da un libro autobiografico “Pierre Seel, deportato omosessuale” non edito in Italia. Coda sta anche preparando un’edizione italiana del libro che uscirà nel 2014. Cercando del materiale sull’Omocausto, Coda si è imbattuto in Francia in queste memorie che raccontano la storia di Pierre , un ragazzo di 17 anni che viene portato in campo di concentramento perché omosessuale e li ha anche il dolore di assistere alla morte del suo compagno fatto sbranare dai cani. Pierre Seel per molti anni tenne per se il suo terribile segreto, sino a che non decide di renderlo pubblico, contribuendo cosi al riconoscimento in Francia dell’esistenza di un Olocausto omosessuale, cosa sino ad allora taciuta e negata. Nel film vengono lette diverse altre testimonianze, di deportati gay, oltre a testimonianze sui terribili esperimenti medici effettuati nei campi di sterminio. Si tratta di un’opera teatrale sperimentale, dove le immagini, quasi indipendenti dai testi letti. Non raccontano la storia , ma sono delle video installazioni artistiche, principalmente in bianco e nero, ambientate in una ex cartiera abbandonata da anni. Il film si è potuto realizzare grazie al Crowdfounding, essendo stato praticamente ignorato dalle istituzioni pubbliche che in Sardegna si occupano di cinema e da produttori e distributori.
In serata da segnalare due film lesbici.

Il corto DOS ALMAS della regista canadese di origini latine Danielle Villegas, presente in sala, racconta di un incontro lungo le rive di un fiume, in mezzo alla natura incontaminata tra una donna bianca, che rimasta sola, vive e si veste come un uomo, e una donna indios che la seduce per una notte, facendo nascere in lei dei dubbi sulla propria identità sessuale. Quindi una storia di coming out. Secondo delle credenze di nativi indiani americani, gli omosessuali hanno due anime una maschile e una femminile, e per questo motivo gli omosessuali erano particolarmente amati dalle popolazioni indiane, praticamente l’opposto di quando è accaduto alla regista educata secondo la tradizione cattolica.

A seguire uno dei film più attesi dal pubblico femminile, che è accorso in massa, WHO’S AFRAID OF VAGINA WOLF? di Anna Margarita Abello, sia perché è una commedia veramente molto divertente e intelligente, ma anche perché interpretato da attrici belle e famose che piacciono molto alla comunità lesbica. La protagonista è Anna, una regista che durante la festa del compimento dei suoi quarant’anni, va in crisi , rendendosi conto di non aver raggiunto nessuno degli obiettivi che si era prefissata: fare un film, trovare una compagna e perdere 10 chili. Anna si ritrova invece sola, è senza lavoro, è ospitata nel box di un’amica, e guadagna qualcosa esibendosi vestita da enorme vagina. Ma l’aver fatto colpo su di una ragazza incontrata per caso, Katia, le infonde una ventata di ottimismo, che la convince di poter raggiungere tutti i suoi obiettivi, spingendola quindi a scrivere e realizzare un suo film, appunto WHO’S AFRAID OF VAGINA WOLF? Versione tutta al femminile di WHO’S AFRAID OF VIRGINIA WOLF?

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9 nov. 2013 – AL FLORENCE FILM FESTIVAL INIZIANO I FILM PIU’ ATTESI

Un originale film d’animazione lesbo, un road movie sull’amicizia e l’amore e un dark movie con bellissimi interpreti

La terza giornata del festival è iniziata con una vera chicca d’epoca, EN VIRUS KENNT KEINE MORAL di Rosa Von Praunheim, un film documentario del 1985 sull’aids, che affronta la questione in modo molto ironico e provocatorio, come in tutti i film di Rosa Von Praunheim.

Il film evento del pomeriggio è stato STRANGE FRAME di G.B. Hajim, un incredibile film di animazione fantascientifico, ambientato nel 28esimo secolo su Ganimede, una luna di Giove, con al centro la storia d’amore di due donne, la giovane cantautrice Naia e la sassofonista Parker. Tutti i personaggi di contorno sono estremamente bizzarri e l’ambientazione ci ricorda un po’ il film Dune in versione fumetto lesbico piuttosto spinto. La vivacità dei colori e la visionarietà geniale di alcune scene, si avvicina molto alla video-arte e questo è un pregio e un difetto del film, perché tanta talentuosità va a discapito della comprensione della trama. Un film da vedere perché unico, che sarà più apprezzato dagli amanti dei fumetti e dei videogiochi.

La serata è stata dedicata a due film diversissimi tra loro. BRUNO & EARLENE GO TO LAS VEGAS primo film di Simon Savory è un classico road movie, tipo Thelma & Louise o, come è stato detto, un po’ una versione queer di ‘Sulla Strada‘ di Kerouac. In una prima parte, a dire il vero un po’ lenta, assistiamo al nascere della forte amicizia tra Erlene e Bruno. Erlene è una donna rimasta incinta dalla persona sbagliata, che decide di prendersi una pausa. Bruno è un ragazzo trasgender, solo e sbandato, che vive occupando temporaneamente case sfitte e che rischia di finire in mano ad un fantomatico dottore senza scrupoli che fa esperimenti per le sue teorie riparative della transessualità. Tutto cambia quando i due decidono di chiedere un passaggio ad un bel biondino ladro d’auto, per attraversare il deserto ed andare a vedere una copia della statua della Libertà a Las Vegas. In mezzo al deserto l’auto si guasta e i tre raggiungono a piedi un minuscolo agglomerato di case, in mezzo al niente, abitato da persone dai vari orientamenti e generi sessuali, a vario titolo rifiutati dalla società normale, che hanno ricreato lì una grande famiglia basata su solidarietà, amicizia e amore.
Il regista ha voluto fare un film completamente diverso dai soliti film LGBT che parlano di temi come coming out, relazioni tra due uomini o due donne, suicidi, ecc. Una cosa che lo appassionava era la scienza della sessualità, la biologia e lo studio dei generi. Egli ha voluto dedicare il suo film alle famiglie queer, alle identità queer, alle differenze di genere e alla sessualità o intersessualità. Essendo un film che parla di famiglie, il regista ha voluto dedicarlo al padre. Si tratta di un film a basso budget, 80-85.000 euro circa, che ha utilizzato come attori anche molti amici oltre a qualche professionista.


Una scena da “The Passenger”

THE PASSANGER del regista turco tedesco Tom Iben, già autore di Cibrâil, è un queer movie che parla del pericolo di innamorarsi. Un film molto dark, quasi un horror. Il bel tenebroso Nick è un feroce serial killer che uccide di preferenza giovani gay dopo averci fatto sesso occasionale, ma che non disdegna anche giovani donne. Un giorno Nick decide di fare amicizia con il fotografo Phillip, a suo dire eterosessuale, ma che fotografa solo uomini, e di avere una relazione con Lilli, la migliore amica di Phillip. Si viene così a creare un sempre più stretto ed ambiguo triangolo, che porta Nick a frenare temporaneamente le sue pulsioni omicide. Il film è ambientato in una Berlino stupendamente fotografata, cosi come bellissime sono le immagini degli amplessi che precedono le scene di sangue. Ad un certo punto del film, Lilli, che è attrice, recita la famosa frase di Oscar Wilde cantata da Jeanne Moreau in Querelle di Fassbinder: “Ognuno uccide la cosa che ama”. Il regista voleva fare non un film gay ma un queer movie, ha voluto rifarsi ad un certo cinema del passato, film come My Beautiful Laundrette, che è del 1985, cercando di ricreare un po’ quelle relazioni nascoste tra uomini.
Presentati da Nicola Dorin e Silvia Minnelli erano presenti in sala Simon Savory regista di Bruno & Erlene Go To Vegas e Tor Iben regista di The Passenger, accompagnato dal co-produttore e dall’attore protagonista del film, Niklas Peters, che come Nick appariva bellissimo ma davvero inquietante e poco raccomandabile, mentre qui appare in realtà un ragazzo dal viso dolcissimo (vedere le foto per credere).
Tra i due lungometraggi abbiamo potuto vedere il divertentissimo corto australiano LUCA di Andy Leonard, in cui il giovane Luca, in seguito ad un malore , al suo risveglio si ritrova con suo stupore ad essere attratto dalle donne ed a respingere le avances del compagno, con grande disappunto dei suoi genitori di origine italiana. Per fortuna un colpo in testa rimetterà le cose a posto.

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8 nov. 2013 – LA SECONDA GIORNATA AL FLORENCE QUEER FESTIVAL

Due bellissimi documentari, l’ultimo film di Fabio Massimo Lozzi (foto a lato) e l’atteso “THE HAPPY SAD” con una coppia gay di colore

La seconda giornata del FQF si è aperta con il bellissimo documentario THE LEGEND OF LEIGH BOWERY, sulla tormentata vita di uno dei più eccentrici personaggi gay degli anni 80. Una co-produzione Usa Francia del 2002, del talentuosissimo artista e regista Charles Atlas, lo stesso regista di Turning su Antony & The Johnsons. Hanno introdotto il film Neri Torrigiani e Bruno Casini, entrambi protagonisti del mondo dello spettacolo, della moda e del clubbing negli anni ’80 a Firenze.

Torrigiani in quegli anni ebbe modo di incontrare diverse volte BOWERY e di diventarne amico, in occasione di diverse manifestazioni e sfilate a Firenze, come Pitti Trend. BOWERY era una figura a 360 gradi, musicista, designer, inventore di locali e club mitici della Londra degli anni ’80, come il Tabù, amico di Boy George e di altri protagonisti di quel mondo. A distanza di molti anni dalla sua morte, avvenuta per AIDS nel 1994, rimane tuttora una figura di riferimento della cultura queer internazionale. BOWERY nasce in Australia e si trasferisce giovanissimo a Londra per studiare moda. Lui era pronto a far vedere una sua idea di moda, ma la figura dell’artista era molto preponderante su tutto il resto, per cui è giusto ricordarlo come un artista che con il suo corpo ha cercato delle provocazioni , riuscendo a creare dei contro-circuiti culturali molto interessanti. Era un uomo con una grandissima cultura visiva, che riusciva a fondere nelle realizzazioni che interpretava con il suo corpo. Non era certamente una Drag Queen, anche se ci sono dei travestimenti suoi che potrebbero mettere in dubbio il suo percorso. Era un artista che fondeva sul suo corpo, nella più classica delle tradizioni della Body Art, una serie di linguaggi creando nel suo interlocutore una reazione. Era un agente provocatore di natura mondiale, che è stato molto apprezzato in paesi diversi, come in Giappone agli inizi degli anni 90. Il pittore Lucien Freud ad un certo punto gli chiese di ritrarlo, per BOWERY questo fu un momento eccezionale sia perché cosi si sentiva vicino al padre della psicanalisi, sia perché trovò in Freud una persona con cui si poteva aprire, perché, pur essendo una figura evidentemente esibizionista, aveva un nocciolo proprio interiore molto chiuso e custodito.
Nel film ci sono delle scene di vita più intima con il suo compagno, artista eroinomane che morì prima di lui e c’è la casa a Londra che anche Torregiani ha abitato, con delle scenette personali come BOWERY con la sua Singer che si prepara a uscire la sera, ore e ore di preparativi per creare i suoi allestimenti.

Il protagonista della giornata è stato il regista Fabiomassimo Lozzi, con due suoi recenti lavori veramente molto validi. L’AMORE E’ UNA SCARPA SCOMODA è un cortometraggio che fa parte di un progetto più ampio , un documentario partecipato, con il contributo di diversi registi “Oggi Insieme Domani Anche” che è un’inchiesta molto vasta sull’amore in Itala oggi, a cura di Antonietta De Lillo per la Marechiarofilm. Nel film il regista chiede ai partecipanti del Pride di Roma: Che cos’è l’amore? Tra gli intervistati l’attore napoletano Ciro Cascina , una vera icona queer del movimento gay, dagli anni ’80, indimenticabile nel suo spettacolo “La Madonna di Pompei vuole bene pure ai gay“.

NESSUNO E’ PERFETTO prosegue il discorso iniziato dal regista con L’ALTRO MONDO, che vuole essere quello di dare un contributo per costruire una storia delle transessuallità, delle omosessualità, delle sessualità diverse in Italia. In questo caso si parla di transessualità, con la collaborazione del poeta e scrittore Antonio Veneziani, ed è quindi uno sguardo sull’esperienza transessuale attraverso gli occhi di un poeta. Il regista con questi suoi film vuole contribuire alla creazione di una narrazione delle nostre identità, del nostro vissuto e soprattutto alla ricostruzione della nostra storia, della nostra cultura e identità affinchè non si perda, cosa che all’interno della società italiana è mancata per troppo tempo. Mentre in ambito letterario del lavoro è stato fatto, come con i libri inchiesta di Veneziani ( Pornocuore, i Mignotti, La gaya vecchiaia), dal punto di vista audiovisivo è una cosa ancora estremamente assente, a parte pochi casi isolati che raccontano storie particolari come ‘Il sapore del grano‘ o ‘Madame Royal‘. Non abbiamo una nostra narrazione nell’audiovisivo, solo adesso forse si comincia a fare qualcosa, ma c’è ancora molto da fare. Nel film ha un ruolo centrale Antonio Veneziani, autore delle interviste. Il regista considera Veneziani, di per se un personaggio nel suo modo di essere, l’ultimo grande poeta vivente della scuola Romana, dopo Pasolini, Penna, Bellezza. Lozzi considera Veneziani, oltre che un grande amico, come il suo Virgilio, i suoi libri sono stati dei riferimenti anche dal punto di vista personale. Il film vuole quindi essere non solo il tentativo di raccontare delle storie personali di transessualità, ma anche il viaggio di Antonio Veneziani, cioè il viaggio di un poeta attraverso queste storie. Lozzi e Veneziani hanno voluto incontrare dei personaggi comuni, con vite qualsiasi, contestualizzando le varie storie con interventi di esperti.

La serata è stata aperta dal corto An Act of Love di Riccardo Pittalunga, che parla di una gara di braccio di ferro, che si trasforma in una festa orsina. Anche questo video ci conferma della qualità dei prodotti italiani presenti quest’anno al festival.
E’ seguito il lungometraggio THE HAPPY SAD, di Rodney Evens, già regista di Brother to Brother. Una commedia che ci parla di quanto sia difficile mandare avanti una coppia, indipendentemente dal colore della pelle e dall’orientamento sessuale. I protagonisti sono due giovani coppie, una gay e di colore, che pur essendo unita cerca degli sfoghi altrove, e l’altra eterosessuale in crisi, in cui entrambi decidono di avere esperienze omosessuali. Le due coppie si incrociano con finale edificante. Molto belli e ben mostrati gli attori.

Ha chiuso la serata un film di cui si è parlato tantissimo, INTERIOR, LETHER BAR, di Travis Mathews, prodotto e interpretato da James Franco. Un esperimento curioso di docu-fiction, impostato come il back stage del film che riproduce i famosi quaranta minuti di sesso esplicito tagliati dal film Cruising di William Friedkin. Chi vede questo film solo per le scene di sesso rimarrà deluso, perché si, le scene ci sono, sono molto esplicite e ben fatte, ma durano molto meno di quaranta minuti.

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7 NOV 2013 – L’INAUGURAZIONE DEL FLORENCE QUEER FESTIVAL

L’omofobia nel Camerun e un amore gay nel Vietnam di oggi, due bellissimi film visti nella prima giornata del festival fiorentino

A dimostrazione della costante attenzione di questo festival per temi impegnativi come l’omofobia nel mondo e la lotta alla HIV, il primo film di questa giornata inaugurale è stato, alle ore 18, BORN THIS WAY di Shaun Kadlec e Deb Tullmann, un documentario riguardante l’omofobia nel Camerun. Ha presentato il film Valentina Pagliai della Fondazione Robert F. Kennedy Center for Justice & Human Rights. L’unica sede della fondazione al di fuori degli Stati Uniti si trova proprio qui a Firenze. La fondazione si occupa soprattutto della promozione e della tutela dei diritti umani a livello educativo e culturale. La fondazione segue le attività degli attivisti dei diritti umani, su vari argomenti, in tutto il mondo e le promuove attraverso attività di supporto legale, di comunicazione e di educazione ai diritti umani. Tra gli attivisti della Fondazione c’è anche Frank Mugisha, un giovane avvocato dell’Uganda, attivista dei diritti LGBT. L’Uganda è un paese che, come il Camerun, penalizza fortemente l’omosessualità, e addirittura è stato presentato un disegno di legge che prevede anche la pena di morte per reati di omofilia e chiunque non denunci un omosessuale rischia di andare in galera. Per raccontare degli attivisti in Uganda come Frank Mugisha è stato girato il documentario “Call me Kuchu” presentato qui a Firenze il maggio scorso in occasione della giornata mondiale contro l’omofobia. I registi di BORN THIS WAY, Shaun Kadlec e Deb Tullmann, hanno incontrato Steve Nemande, responsabile dell’associazione Alternativi durante un evento di Human Rights Whatch a Los Angeles. In quell’occasione Stive ha raccontato loro qual è la situazione della comunità gay in Camerun. Anche in Camerun per il codice penale l’omosessualità è reato, gli omosessuali possono essere incarcerati con pene da tre a cinque anni, con una proposta di legge di estendere il periodo di detenzione a quindici anni, e con pene pecuniarie esorbitanti. Nonostante tutto, dice Steve ai due registi, ci sono in Camerun molte persone disposte a raccontare le loro storie. Quindi i registi sono partiti per il Camerun con un visto turistico, senza parlare il francese e senza avere idea di cosa avrebbero trovato. E lì si sono trovati a vivere esattamente come vive la Comunità gay in Camerun, ovvero nascosti, perché in Camerun non si può girare senza il permesso governativo e quando lo hanno chiesto si sono trovati ad essere continuamente controllati. Molti dei protagonisti del documentario hanno scelto di non fare coming out, per proteggere non solo se stessi ma anche le loro famiglie. Proprio per tutelare non gli attivisti, ma le loro famiglie è stato scelto di non proiettare il film ne in Francia dove molte di queste famiglie vivono, ne in Camerun.

L’inaugurazione ufficiale della serata è iniziata con una Burlesque Performance di Sylvie Bovary, performer italiana nota anche come The tattooed lady e FreakGirl, e si capisce a prima vista il perché.
Sono poi saliti sul palco a salutare il pubblico Barbara Caponi Presidente di IREOS, Stefania Ippoliti, direttore della Mediateca Toscana, i direttori artistici del Festival, Roberta Vannucci e Bruno Casini, e la direttrice organizzativa del Festival Silvia Minnelli, che ha presentato gli ospiti, la chitarrista e compositrice statunitense Kaki King, presente poi all’ after-festival al “Tender Club – Firenze” e all’astrologo di Glamour Simon & The Stars.
E’ poi seguita la proiezione del divertentissimo corto Out of The Box di J.A. Steel, storia di una famiglia molto stravagante, che va a vivere nel posto sbagliato. Una famiglia composta da papà diventato mamma, bravissima cuoca, figlio gay molto attivo sessualmente, figlia innamorata di una ‘sorella mormone’, altra figlia eterosessuale, aprono una caffetteria , in cui vendono buonissimi dolcetti con nomi che richiamano satana, in una cittadina abitata da mormoni, con ovvii problemi di adattamento all’ambiente.


Una scena da LOST IN PARADISE

Il posto d’onore di questa serata inaugurale è per il film vietnamita LOST IN PARADISE di Vu Ngoc Dang, film che assieme alla mostra ‘The Pink Choice‘ della fotografa MaiKa Elan presso l’Istituto IED , forma un focus sul Vietnam, nazione in cui proprio in questi ultimi mesi sta nascendo un promettente movimento gay.
Questo originalissimo film è una commedia romantica, un melò, ambientato in un ambiente urbano dove convivono baraccopoli e grattacieli, immondizie e pubblicità dei grandi marchi dell’alta moda. In una città invivibile, dove prevalgono miseria e violenza, l’unica cosa bella è l’amore, gay e etero, finché dura.
Il protagonista di Lost in Paradise è il dolcissimo e candido adolescente KHOI, che, cacciato di casa dalla sua famiglia perché gay, si trasferisce a Ho Chi Minh City in cerca di fortuna. Qui incontra una coppia di ragazzi, Dong e Lam, che poi scopriremo essere prostituti e amanti, che gli offrono di condividere il loro appartamento. Ma mentre Khoi fa la doccia, i due fuggono derubandolo di tutto e lasciandolo tutto nudo (per la gioia degli spettatori). Khoi si adatta allora ai lavori più umili e si ferisce cadendo da un tetto. A questo punto Dong, nel frattempo abbandonato da Lam, incontra Khoi e tra i due scoppia un amore travolgente, destinato però a finire per l’incapacità di Dong di lasciare il marciapiede. Questa storia sarebbe sufficiente per un intero film, ma il regista decide di raccontarcene anche un’altra, che si svolge parallelamente alla prima, senza mai incrociarla: Cui, un uomo mentalmente ritardato, che vive raccogliendo oggetti tra i rifiuti, si innamora non ricambiato di una prostituta, e intanto decide di covare nelle sue mutande un uovo di anatra, che stava per essere messo a cuocere (un piatto di cucina vietnamita di cui probabilmente la maggior parte di noi farebbe a meno, visto che le uova pigolano quando la cuoca le mette nella pentola di acqua bollente). Cui riuscirà a veder crescere la sua adorata anatra e ad avere la sua prostituta, che trova la forza di ribellarsi ai suoi sfruttatori.

IMMAGINI DELLA GIORNATA

(video di Antonio Schiavone, testo e foto di Roberto Mariella)


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