NELLE SALE "ACCIAIO" DI STEFANO MORDINI

da un libro molto discusso (e premiato) un bel film sull’adolescenza e le difficoltà per affermare se stessi nella vita e nel mondo del lavoro

Finalmente un film italiano interessante che ci ricorda alcuni capolavori del passato dove la fabbrica era protagonista insieme alle vicende umane di chi la popolava. Il libro da cui è tratto il film, scritto da Silvia Avallone, che ha partecipato anche alla sceneggiatura del film, era ancora più carico di questa presenza, sia con la descrizione accurata delle sue fucine, come palpitanti viscere di un organismo che ti può nutrire o distruggere, sia con i drammi famigliari di chi ci lavora, da poco o da tanto, e che ne resta comunque soggiogato, anche quando decide di abbandonarla.

Gli sceneggiatori di “Acciaio” hanno scelto di concentrarsi soprattutto su due importanti elementi del libro, che solo apparentemente sembrano staccati: la scoperta del sesso di due adolescenti durante l’estate che precede il loro ingresso alle scuole medie superiori, e la storia di un giovane operaio, fratello di una delle ragazzine, che diventa sempre più consapevole dell’importanza della sua missione, come operaio e come sostegno di una famiglia in disgregazione. L’operaio, Alessio, è interpretato da Davide Riondino, un attore che cresce di film in film, che la regia e un’accurata fotografia (del rimpianto Marco Onorato) valorizzano più nel corpo, sudato, sporco, muscoloso, come fosse un marchio della ‘sua’ fabbrica dell’acciaio, che nel linguaggio, ridotto all’essenziale ma forse per questo ancora più efficace. Alessio ha nella sua vita due grandi amori, la fabbrica, che gli dà orgoglio e sicurezza (cose oggi sempre più rare nel mondo operaio) ed Elena (la splendida Valeria Puccini), il suo primo amore, di famiglia benestante, che torna in fabbrica come dirigente dopo essersi specializzata nel suo lavoro. Ma sia la fabbrica che Elena si preparano per chiedere ad Alessio un grande sacrificio.

La storia delle due adolescenti, sviluppata soprattutto nella prima parte del film, è anch’essa assai complicata. Le due attrici, entrambe classe 1995, vengono così presentate dal regista Mordini: “Anna e Francesca sono giovani, le abbiamo scelte tra novecento ragazze ma non è stato difficile riconoscerle. Sono di Piombino, ma non è solo questo. Anna/Matilde Giannini mi ascoltava guardando in basso, sfuggiva, ma ascoltava a modo suo, con quella grazia che si è portata dietro nel suo personaggio. Francesca/Anna Bellezza fissava il centro dell’obiettivo con una tenacia indimenticabile e quello sguardo, il suo sguardo imbronciato, è l’essenza stessa di Francesca e ce lo portiamo via, dentro di noi, alla fine di Acciaio.

Anna e Francesca hanno entrambe alle spalle una famiglia difficile. Anna, la sorella di Alessio, ha un padre assente, fuggito dalla fabbrica e dalla famiglia per seguire la sua passione per il gioco d’azzardo, e una madre frustrata che stenta a riprendersi. Francesca ha un padre che forse abusa di lei (per l’autrice una spiegazione per il suo orientamento?) e che certamente la picchia.

Già con la prima scena del film (le vediamo entrambe a letto seminude in un capanno abbandonato sulla spiaggia) ci viene mostrata la loro intimità. Sono amiche da sempre e adesso, quattordicennii, devono affrontare le loro prime pulsioni sessuali, scoprire chi sono e chi vogliono amare, scoprire il loro futuro. Il film è la storia di questa scoperta, delle sue conseguenze e di come possa essere difficile rimanere amiche quando le aspettative non corrispondono. A differenza del libro, secondo noi più realistico, il film ci offre un differente finale di questa storia, consolatorio, che per noi rinnega un po’ tutta la vicenda.

Risulta subito chiaro che Francesca è ormai innamorata dell’amica, la vediamo più volte tentare di baciarla sulla bocca, di starle vicina fisicamente, mentre Anna rifiuta istintivamente le sue labbra e non riesce a capire il desiderio di Francesca. Anna è sicuramente etero e bacia volentieri i ragazzini coetanei con cui si apparta quasi per gioco, come fanno gli adolescenti che si avvicinano per la prima volta al mistero del sesso. Francesca invece non riesce nemmeno a baciarli e si separa subito da loro per andare a riprendersi Anna. Anna ripete a Francesca che prima o poi dovrà farsi anche lei un ragazzo. Ma questo non può essere il suo futuro, Francesca ormai ne è sicura, ama Anna e non sopporta di vederla andare coi ragazzi. Quando Anna si fa un fidanzato, un ragazzo molto più vecchio di lei, per Francesca è una tragedia. Si ribella in tutti i modi possibili, iniziando col rifiutare l’amicizia di Francesca, che invece continua sempre a cercarla, come amica, inconsapevole che ormai l’amicizia tra loro è solo una cosa del passato. Fa amicizia con altre ragazze, va anche con uomini maturi, ma il suo cuore è sempre con Anna. Il momento culminante di questa disperata ribellione è quando tenta di sedurre il fratello di Anna, Alessio, che per lei rappresenta solo un surrogato di Anna. Una scena bellissima, quasi tragica, espressione della sua disperazione d’innamorata non corrisposta.

Come dicevamo il finale del film, bello nel segnare il drammatico congiungimento delle due storie principali, quella di Alessio e quella delle due amiche, non ci convince per quanto riguarda la storia lesbica, quasi fosse un tentativo di rinnegarla… Oppurle di svilupparla con un altro film tutto da fare e immaginare.

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