Bruce LaBruce alla libreria Babele di Milano

Bruce LaBruce seduce il pubblico milanese accorso alla presentazione della sua biografia italiana curata da Cosimo Santoro.


Cosimo Santoro introduce l’incontro con Bruce LaBruce (a destra)

Sala strapiena e troppo piccola per la presentazione del libro BRUCE(X)PLOITATION su Bruce LaBruce alla libreria Babele di Milano, alla presenza del regista canadese.
Il libro, spiega il curatore Cosimo Santoro (direttore di QueerFrame dell’Atlantide Entertainment), è soprattutto fotografico e presenta scatti inediti dello stesso LaBruce, presentandocelo in una nuova veste, quella di fotografo. Ma anche quella di scrittore e attivista politico che, come ha raccontato LaBruce stesso, inizia nella metà degli anni ’80 lavorando con un gruppo di amici ad una fanzine dove contestano sia il movimento punk (perchè troppo omofobo – lo pestavano quando parlava di gay) che il movimento omosessuale (troppo conservativo).
LaBruce continua spiegando con particolari eccitanti come alla fine degli anni ’80 il suo gruppo della fanzine, tutti gay, si divertivano a provocare artisti punk etero trascinandoli, dopo averli ubriacati, in situazioni compromettenti. L’obiettivo era quello di inserire le tematiche gay nella cultura punk, ancora troppo timida verso gli omosessuali.
In quel periodo iniziava ad usare anche lo strumento cinematografico realizzando video che utilizzavano scene rubate proprio da quelle situazioni pornografiche che creavano appositamente. Il libro inizia con alcune foto di questi incontri omoerotici scattate da lui stesso, cosa che lo appassionava al punto da dedicarsi sempre con maggior impegno all’arte della fotografia, periodo che lui chiama della polaroid e che è durato per circa dieci anni con mostre in alcuni paesi. Uno dei suoi artisti di riferimento era Andy Warhol, che stimava molto. E’ questo anche il periodo in cui inizia a travestire i suoi modelli, da zombi, da terroristi, influenzato anche dalle varie guerre in corso, ma sempre sottolineando l’elemento gay erotico.

Santoro ha poi chiesto al regista quanto ci sia della sua vita reale nei suoi personaggi e nei suoi film. LaBruce ha risposto che preferisce lavorare non con personaggi o attori famosi ma con suoi amici o persone che conosce attraverso loro. Si sente un autore multidisciplinare e senz’altro in ogni suo lavoro c’è parte della sua vita e dei suoi valori (ha ricordato che faceva anche il go-go dancer per i suoi amici). Ad esempio l’ultimo suo film, L.A. Zombi era iniziato non come film ma come una performance artistica. Nel suo teatro usa spesso spezzoni dei suoi film che proietta sulla scena integrandoli nella storia.
Rispondendo ad alcune domande del pubblico (che non voleva smettere di ascoltare LaBruce) ha detto che la pornografia o l’esplicitazione dei rapporti sessuali nelle sue opere, corrisponde all’idea che la rivoluzione sessuale non deve essere solo teorica ma concretizzarsi, acquistando così più forza.
Anche contro la guerra, spiega coi suoi film che potrebbe essere evitate se riuscissimo ad ottenere degli orgasmi migliori.

Un’altro tema che lo interessa particolarmente e che ha sempre voluto esprimere con le sue opere, è quella della fluidità sessuale, per cui spesso vediamo etero che fanno sesso gay e viceversa. In proposito Bruce ha detto di trovarsi al livello 6 della scala della sessualita di Kinsey (va da 1 completamente etero a 6 completamente gay) ma che si dispiace di avere in qualche modo represso la sua parte etero, non sapendo però quanto ne sia veramente responsabile.
Con L.A. Zombi ha voluto dimostrare che il sesso gay, lungi dall’essere portatore di malattie, di mentalità nichilista, fa invece il contrario, questo gay zombi protagonista riporta in vita le persone, ribalta gli stereotipi.
Conclude affermando che i suoi film sono soprattutto spontanei (la sceneggiatura di L.A. Zombi era solo di tre paginette) e che spesso gli capita, come al festival di Locarno, che siano i critici a spiegargli i suoi film.
Bruce ha affascinato il pubblico con la sua semplicità e spontaneità, forse solo apparentemente lontana dalle immagini crude e quasi horror delle sue opere, che in realtà esprimono sentimento e romanticismo, naturalmente in un modo nuovo e per questo assai interessante.

Ricordiamo che il volume BRUCE(X)PLOITATION è disponibile nelle librerie e sul sito Queerframe.tv a prezzo scontato.

Qui sotto il video dell’incontro girato da Antonio Schiavone

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Sintesi critica dell’incontro con Bruce LaBruce organizzato a Bologna da Gender Bender

BRUCE LABRUCE MEGLIO ECCITATO CHE ARRABBIATO

di Manuel Peruzzo

Il luogo comune vuole che lo spettatore cinico ridicolizzi il regista che demonizza Hollywood. Se poi quest’ultimo scrive a magazine fighetti come Vice lamentandosi per il proprio talento incompreso, il cinico si sente obbligato ad assecondare ogni pregiudizio. Non ho alcuna intenzione di deludere le aspettative nel raccontarvi l’incontro con un mito della cultura gay. Nel catalogo Gender Bender festival da qualche anno  prendono parola personalità del ventaglio culturale omosessuale. Alla voce “anticonformisti” ci imbattiamo nel trasgressivissimo cineasta canadese Bruce LaBruce che, quando non è impegnato nella rivoluzione anarco-comunista, si racconta al suo pubblico. Come potrà mai esprimersi la velleità cinematografica di un canadese gay? Porno d’essai senza sceneggiatura; “aiuta la creatività” ci suggerisce Bruce.

Gli ultimi due film Otto; or up with dead people e L.A. Zombie sono “un risultato diretto degli orrori della società quali l’omofobia, il degrado ambientale, il conformismo consumista e l’alienazione che dipendono dal materialismo, dal capitalismo e così via”. Non è vero che gli zombie sono una soluzione di comodo, come qualcuno ha malignamente sibilato (per carità, non noi). Una di quelle trovate alla Roger Corman per aggirare difficoltà economiche: girare a basso budget in una settimana con attori abituati a mugolare. Fortuna c’è tanto sesso, perchè qualcosa da vedere in due ore e mezzo di fiacco epigonato della no wave aiuta a non addormentarsi. Quei newyorkesi degli anni ottanta (che guardavano un film di Godard e montavano il loro girato sotto sostanze allucinogene illudendosi di combattere il dominio mainstream con sperimentalismi), non proponevano una copia “soft” ai festival, già una versione a loro bastava. Bruce condivide con quella generazione l’equivoco verso la creatività, la cui condizione di necessità per esistere è quella di essere antagonista  Non ci sorprendiamo quando sacrifica scene porno per concedersi il lusso dei festival d’arte. Solo Bruce può pensare che togliere le erezioni lasciando i cazzetti mosci di zombie che deambulano per le strade – come metafora di povertà nella metropoli – possa essere equivalente e rivoluzionario. Bruce vuole infilare il piede in due scarpe e finisce per mancarle entrambe. Il risultato lo esprime in una sintesi efficace Maurizio Porro quando scrive: " sarà difficile superare le nefandezze di LA. Zombie, a meno di non fare un’edizione in odorama".

Se Bruce è così è colpa di letture tendenziose di Herbert Marcuse, Karl Marx, degli anni ottanta e dalla scena punk canadese da cui non si è mai ripreso. Gli ideali utopistici e l’ostentato radicalismo sessuale di Bruce mal si conciliano con l’omofobia dell’ambiente. Alla presentazione del catalogo fotografico Bruce(x)ploitation , (edito da Queerframe, distributore italiano dei suoi film) confessa: “mi hanno dato un pugno a un concerto punk perché ero gay; mi sono al contempo arrabbiato ed eccitato”. La rivincita se l’è presa sullo schermo dove gay dai modi eterosessuali fanno sesso violento tra maschi. Col porno e l’arte Bruce sostiene di voler “combattere la cultura dominante”, quella che Derek Jarman chiamava “eterosocietà”, a cui i gay “si conformano entrando nell’esercito o sposandosi”, scelta che critica perchè anestetizza l’essenza gay: “ci deve essere un’altra strada per accedere a diritti e parità”. Ai miei occhi Bruce gode nell’essere sottomesso passivamente alla cultura dominante – etero e attiva –, fingere di  augurarsene la morte (la parità) contribuisce alla contropartita: il godimento. Il luogo di ispirazione e desiderio erotico che verrebbe distrutto a suon di diritti arcobaleno si trova proprio in quella vituperata cultura dominante etero. O i diritti o il maschio che ti stupra mentre reciti la posa rivoluzionaria, bisogna fare una scelta. L’immaginario sessuale e porno di Bruce ha bisogno del dominatore e del conflitto. Gli stessi dominatori che troviamo nelle sue foto da cui è bandito il grasso e il vezzo femmineo, ovunque trionfa il corpo atletico e maschile. Piercing e tatuaggi, cappellini da basket, muscoli tesi e catene d’oro codificano l’immaginario erotico e plasmano l’oggetto di desiderio simbolico diventando stile. Il meglio del suo lavoro è nell’estetica queercore: nei suoi film una scarpa non è solo una scarpa ma il feticcio sessuale su cui si posa lo sguardo tra un erezione e l’altra. È parte di un congegno innescato dai rimandi tra mondo etero e gay. Bruce lo preferiamo da eccitato piuttosto che da arrabbiato, altrimenti si rischia "un eccesso che non spaventa né eccita", come scrive ancora Porro per L.A. Zombie.
Tanto Bruce riesce nell’estetica edonistica quanto fallisce in quella politica; fortunatamente censurata dagli spettatori omosessuali che, similmente agli Studios del cinema classico, tagliano il superfluo garantendo lo spettacolo dei corpi.
Se persino Asia Argento, presente in catalogo, è passata dal limonare con i rottweiler ad ammettere “forse era una mia passione da piccola [la trasgressione], ma sono cose che oggi non hanno più senso”, forse c’è speranza anche per Bruce, che la smetterà di trasgredire le regole del buon cinema e si darà totalmente al porno.


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