Giornata di anteprime al Festival Mix

Con tre film accattivanti dei quali uno, “Sasha” di Dennis Todorovic, sfiora il capolavoro. Intervista a Matthew Ludwinski, splendido protagonista del debole film di Casper Andreas (nella foto a destra insieme a Rafael Maniglia).

Bellissima sorpresa alla seconda giornata del Festival Mix con il film da quattro stelle (almeno per chi scrive) “Sasha” di Dennis Todorovic, anteprima nazionale, che ha catturato una platea affollata con applausi ripetuti che esprimevano sia il divertimento che il coinvolgimento del pubblico. La sorpresa è ancora maggiore sapendo che l’encomiabile Atlantide renderà presto (in questi giorni) disponibile il film sul suo sito www.queerframe.tv

“SASHA” di Dennis Todorovic – voto 9/10

Il film affronta tematiche per noi abituali, come il coming out, il primo amore gay, il rapporto tra genitori tradizionalisti e figlio gay, ecc. ma con uno sguardo capace di unire un intenso realismo ad un piglio di sottile ironia che rende amabili anche le situazioni più drammatiche. Tutti i personaggi, anche quelli secondari, ci vengono mostrati nella loro interiorità, nelle loro aspirazioni più profonde, in un continuo confronto con la loro storia ed il loro destino. Si racconta di una famiglia montenegrina, composta da moglie, marito e due figli maschi, che vive a Colonia da più di 20 anni, sempre combattuta tra l’integrazione e il ritorno nella propria patria. Un padre burbero (interpretato meravigliosamente da Predrag Bjelac) che la moglie (l’altrettanto brava Zeljka Preksavec) considera un fallito, si sente in dovere d’indirizzare i due figli verso un comportamento di sicura mascolinità, cercando di liberare il più giovane Sasha (Sascha Kekez) dall’artistica sensibilità materna che lo vorrebbe far diventare un grande pianista, quello che probabilmente era il suo deluso sogno giovanile. Ci gustiamo anche il ritratto di un’altra famiglia d’immigrati, vicini di casa, questa volta orientali, con una giovane figlia, Jiao (Yvonne Yung Hee) segretamente innamorata di Sasha, suo intimo amico. Estremamente toccante (ma anche divertente per la leggerezza del tocco registico che gioca con le opposte aspettative dei due personaggi) il momento in cui Sasha decide di rivelare a Jiao che è gay, mentre questa si attende una dichiarazione d’amore. Molto realistico anche il personaggio chiave del film, Gebhard Weber (Tim Bergmann), il bel professore di pianoforte di Sasha, che vive immerso nella comunità gay di Colonia, tra amanti vecchi e nuovi, ma desideroso di cambiare vita dando una svolta professionale al suo futuro di abile pianista. L’amore segreto di Sasha per il suo maestro, il suo primo approccio coi locali gay della città, l’esame di pianoforte che lo attende e che rappresenta una forma di riscatto per la madre, il suo primo meraviglioso sesso d’amore gay, un imprevisto outing che prelude al suo coming out e che mette in discussione le aspettative di tutti, sono i difficili e compositi ingredienti che un’abile sceneggiatura e regia fanno lievitare sotto i nostri occhi senza mai cadere nel melodramma o nella retorica di situazioni simili, ma offrendoci un quadro completo e sfaccettato di una storia di emancipazione e liberazione che coinvolge tutti i protagonisti della vicenda. Un affresco di grande umanità, indimenticabile.

“GOING DOWN IN LA-LA LAND” di Casper Andreas – voto 6/10

Un’altra anteprima piacevole ma dal carattere più televisivo che cinematografico è stato “Going Down in La-La Land” del nostro prolifico Casper Andreas (la cui opera miglior rimane “The Big Gay Musical”) che ci racconta cosa può succedere ad un bellissimo giovane newyorkese nullatenente che decida di recarsi a Los Angeles con l’obiettivo di diventare un attore. L’attore protagonista, un affascinante e gentile Matthew Ludwinski, ha accompagnato il film e ci ha regalato una breve intervista che presentiamo qui sotto. La sua bella figura e bravura, insieme al personaggio del tossico Nick (interpretato dal regista), alla divertente amica frociarola Candy (Allison Lane) e a ripetute scene di sesso soft sorreggono un film che altrimenti cede agli stereotipi di una Los Angeles dove per far carriera devi prima prostituirti, dove gli attori di fama sono costretti a nascondere la loro omosessualità, dove il mercato del porno risulta essere quello più redditizio, dove la droga è sempre pronta ad affondare anche le migliori intenzioni. Tutto già visto e troppo soap.

“THE NIGHT WATCH” di Richard Laxton – voto 6/10

Primo lungometraggio lesbico del Festival, tratto dall’omonimo romanzo di Sarah Waters e prodotto dalla BBC, encomiabile produzione che già si era avvicinata alla letteratura e alla cultura lesbica attraverso nomi quali Anne Lister e Jeanette Winterson.
“The Night Watch” è ambientato nella Londra degli anni Quaranta ed è il viaggio a ritroso dei protagonisti, tutti legati da un filo più o meno visibile e, ovviamente, dall’esperienza della seconda guerra mondiale. Kay è una lesbica piuttosto mascolina, che si offre volontaria presso un pronto soccorso durante la guerra. In seguito al crollo di una palazzina a causa di un bombardamento, salva e conosce Helen, una ragazza molto dolce della quale, ricambiata, si innamora subito. Tre anni dopo, quest’ultima incontra per caso Julie, scrittrice ed ex compagna di Kay. Ancora una volta, insieme alle bombe, scoppia anche l’amore, come un fiore che si ostina a crescere dalle crepe dell’asfalto.
Il Distretto 9, dove Kay presta servizio, una sera riceve una chiamata per soccorrere Vivian, una donna che da tre anni è l’amante di Reggie e che ora si è vista costretta ad abortire per una gravidanza decisamente troppo scomoda. Ancora una volta Kay si dimostra comprensiva e altruista: capendo la situazione, fa credere che l’aborto di Viv sia spontaneo e presenta la donna con il cognome da sposata, dopo averle dato il proprio anello.
A sua volta Vivian porta con sé una storia alquanto particolare: quella di suo fratello Duncan. Quest’ultimo è gay e viene condannato per aver aiutato Alec, probabilmente il suo compagno, a suicidarsi. Durante i tre anni di galera, si innamora del proprio compagno di cella, Fraser, il quale però si dimostra alquanto contrariato. Così, una volta fuori, Duncan va a vivere con Mundy, una guardia carceraria, sebbene non provi nulla per lui e non riesca ad accettarsi.
Tre anni dopo, Kay combatte ancora con i fantasmi e gli orrori del passato, Helen tenta di affrontare le ombre del suo presente, Vivian si rende conto di dover prendere una decisione riguardo alla relazione con Reggie, che ormai va avanti da sei anni, e Duncan trova infine il coraggio di staccarsi da Mundy e dal peso di un passato vissuto come una colpa.
Film abbastanza ritmato, eppure un po’ pesante, “The Night Watch” è un flashback continuo, alla scoperta di come è cominciata la storia di ogni personaggio. Stranamente sono quasi del tutto assenti le immagini e i toni cupi della guerra, mentre le scene d’amore sono molto presenti, forse anche troppo, considerato il contesto. Punto di vista molto particolare, che può disorientare
ulteriormente un pubblico già provato dal tentativo di ricostruzione della trama. (G. Borghesi)

IMMAGINI DELLA GIORNATA

Gianni Rossi Barilli
Rafael Maniglia
Rafael Maniglia e Matthew Ludwinski
Alessandro Martini e Matthew Ludwinski

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