I DOCUMENTARI DEL 25mo FESTIVAL MIX

Sono tutti di estremo interesse e di grande attualità. Nostra intervista ad Adele Tulli, giovane regista del film “365 Without 377” già vincitore al Togay 2011

Parte questo mercoledì 25 maggio 2011 la 25ma edizione del Festival Mix di Milano, che verrà inaugurato con”Les Amours Immaginaires“, opera seconda del regista prodigio Xavier Dolan (secondo noi inferiore alla prima). Dopo avervi presentati i lungometraggi di fiction, oggi ci soffermiamo sulla sezione documentari, in totale nove e proiettati (purtroppo) nella piccola sala della Scatola Magica.
Questi film, tutti estremamente interessanti e spesso scioccanti (come nel caso di “Angels on Death Row” di Golinelli e Bernini), affrontano tematiche lgbt di grande attualità e rilevanza socio-politica. Come l’opera prima della giovanissima e combattiva regista italiana Adele Tulli, “365 Without 377“, recentemente presentato al Festival gay di Torino dove ha vinto il Premio del Pubblico come miglior documentario. In quell’occasione, la nostra collaboratrice Gaia Borghesi ha intervistato la regista sui temi che affronta nel film e su come, grazie al contributo di Cotroneo, è stato prodotto il film. Il documentario esplora la condizione degli omosessuali in India, un Paese che sembra essere ad un punto di svolta, in seguito all’abrogazione della Section 377 del Codice Penale Indiano, legge che rendeva di fatto illegale qualsiasi pratica omosessuale. Attraverso le storie dei tre protagonisti, Adele Tulli ha saputo ricostruire una realtà molto sfaccettata, fornendo allo spettatore una visione completa non soltanto per quanto riguarda la comunità LGBT indiana, ma anche sui molteplici volti di un paese come l’India.

TUTTI I DOCUMENTARI IN CONCORSO AL FESTIVAL MIX 2011

   Sorcieres, mes soeurs di Camille Ducellier
  tendenza: LL
tipologia: Documentario – durata min.: 30
nazione: Francia
anno: 2010
Chi sono le donne che nelle varie epoche hanno rappresentato il pericolo? Secoli fa le streghe, negli anni ’70 le femministe, oggi le donne ‘biologiche e non’ che si sottraggono al potere maschile o religioso e che rivendicano la loro non-conformità e non-omologazione. Cinque donne ‘permale’ che hanno conservato il loro potere spirituale e intellettuale senza piegarsi. Tremate tremate, le streghe son tornate! (Migay 2011)
2011/05/27 venerdì ore 21.00 Scatola Magica

   My sexuality is an art creation di Lucía Egaña Rojas
  tendenza: QQ
tipologia: Documentario – durata min.: 46
nazione: Spagna
anno: 2011
Il postporno, movimento creato negli anni ’90 dall’americana Annie Sprinkle come risposta alla pornografia dominante e alla sua rappresentazione incompleta della sessualità della donna, a partire dal 2000 ha trovato sviluppo nella città di Barcellona. Attraverso 7 interviste a persone e collettivi che attualmente producono postporno nella città, conosciamo le cause, le motivazioni e le peculiarità di una scena il cui tentativo di costruire altre forme di rappresentazioni della sessualità si concretizza visibilmente in performances, interventi nello spazio pubblico e video nei quali arte e attivismo politico sono inseparabili. ‘La mia sessualità è una creazione artistica’ è una cartografia illustrata di video post porn autoprodotti, documentazione di performance e interventi in spazi pubblici. (Migay 2011)
2011/05/27 venerdì ore 21.30 Scatola Magica

   Girls Gone Wild in Tokyo di Giulia Carri
  tendenza: LLL
tipologia: Documentario – durata min.: 26
nazione: Giappone
anno: 2009
Otto donne ci portano in viaggio nella comunità lesbica della capitale nipponica. Come si vive l’omosessualità a Tokyo oggi? Cos’è successo negli ultimi 15 anni? Quattro generazioni a confronto attraverso racconti e desideri. Nella Tokyo del XXI secolo è ancora difficile trovare lesbiche visibili che siano disposte a parlare davanti a una videocamera ma le registe di Girls Gone Wild in Tokyo non si sono scoraggiate e sono riuscite a intervistare otto donne appartenenti a quattro generazioni diverse che ci raccontano l’evoluzione della società giapponese nei confronti dell’omosessualità negli ultimi 15 anni. (Migay 2011)
2011/05/27 venerdì ore 22.15 Scatola Magica

   Diversamente etero di Marica Lizzadro
  tendenza: LLL
tipologia: Documentario – durata min.: 55
nazione: Italia
anno: 2011
La notte di Capodanno del 2010 due concorrenti del “Grande Fratello” si baciano in TV. Sono due ragazze eterosessuali, ma, vista l’assenza totale di lesbiche nella cultura popolare italiana, diventano icone dell’amore tra donne. Così, se le associazioni LGBT le archiviano come l’ennesimo episodio di trash televisivo, moltissime ragazze iniziano a seguirle. E denunciano la differenza tra la versione “ufficiale” della loro storia e quella che le fan “ricostruiscono”, guardando il live 24 ore su 24 del reality e postando su YouTube gli estratti dei loro video. Le fan si riconoscono in quella storia “dal basso”, molte scoprono grazie ad essa l’attrazione per altre donne ed entrano in contatto tra di loro sul web, cambiando la propria vita. Diversamente Etero racconta la storia di questo fenomeno e riflette sulla visibilità lesbica in televisione, attraverso i filmati censurati dalla tv e le interviste a fan, giornalisti, esperti di comunicazione e attivisti del mondo LGBT.
2011/05/27 venerdì ore 22.45 Scatola Magica

   Essere Lucy di Gabriella Romano
  tendenza: TTT
tipologia: Documentario – durata min.: 68
nazione: Italia
anno: 2011
Luciano, classe 1924, è stato consapevole della propria ?diversità? sin da piccolo e ha vissuto in prima persona le ipocrisie della morale e della propaganda fascista nel suo paese d?origine, in Piemonte. Una vita intensa e travagliata, una difficile transizione attraverso la guerra e l?esperienza nell?esercito, la consapevolezza della propria omosessualità, la fuga a Bologna, a Roma, poi a Torino. Fa il tappezziere, l?arredatore, organizza feste, va spesso a Parigi, meta di molti transessuali europei, dove frequenta i noti cabaret en-travesti, per un breve periodo fa anche l?attore di varietà; ormai è sempre più Lucy che Luciano, nonostante il perbenismo della cittadina piemontese e il rigido moralismo degli Anni Cinquanta. Ma a Torino si respira anche aria nuova, c?è qualcosa che preannuncia un futuro più libero: stanno arrivando gli Anni Sessanta, Lucy frequenta sempre più assiduamente il giro trans, i locali notturni: è la Torino del boom economico, ma anche quella del Fuori!, del movimento femminista e studentesco. E tra feste, droga, amori e arresti (per travestitismo il codice penale italiano prevede il confino fino all?inizio degli Anni Settanta) arrivano gli Anni Ottanta e il ritorno in famiglia per vegliare i genitori ormai anziani e malati. Fra storia individuale e storia collettiva, un eterno avvicinamento alla lucidità del racconto e dei ricordi, quelli di una persona che non ha mai perso la forza di lottare per affermare la propria diversità. (Migay 2011)
2011/05/28 sabato ore 21.00 Scatola Magica

   Lupo in calzoncini corti, Il di Nadia Dalle Vedove
  tendenza: QQQ
tipologia: Documentario – durata min.: 52′ e 80′
nazione: Italia
anno: 2010
Come vivono i figli degli omosessuali? E’ possibile che due uomini crescano un bambino? Chi è la co-mamma? Cosa sono le famiglie omogenitoriali? Ne esistono in Italia? Le 2 famiglie protagoniste del documentario ‘Il lupo in calzoncini corti’ rispondono a queste domande lasciandoci entrare nelle loro vite. Luca e Francesco ci permettono di accompagnarli durante l’avventura che cambierà la loro vita. Stanno insieme da 13 anni e il loro desiderio di diventare padri potrebbe diventare realtà grazie ad una clinica canadese che li sta aiutando ad attuare la ‘Surrogacy’. Una donna si è offerta di portare avanti la gravidanza al posto loro e il giorno in cui atterreranno in aeroporto con un bambino tra le braccia sarà l’inizio di un sogno, ma fino ad allora il percorso è lungo e difficile, tra inseminazioni andate a male, nuovi tentativi e una grande forza di volontà. ‘La nostra famiglia è composta da 5 persone: io, mia sorella, mio fratello, la mia mamma e l’altra mia mamma.’ Joshua, 7 anni, ha due mamme, e sarà lui, con i suoi fratelli, a raccontarci la sua vita e il mondo che lo circonda. Telecamera alla mano ci stupirà come solo la naturalezza dei bambini può fare. I bambini sono i veri protagonisti di questo documentario perché sanno essere spietati e sinceri pur mantenendo la leggerezza di tono che abbiamo scelto per raccontare un tema così discusso. (www.illupoincalzoncinicorti.com)
anteprima nazionale
2011/05/29 domenica ore 19.00 Scatola Magica

   Angels on Death Row di Alessandro Golinelli
  tendenza: GGG
tipologia: Documentario – durata min.: 55
nazione: Italia
anno: 2011
Un documentario sulla pena capitale riservata alle persone accusate di (presunta) omosessualità in Iran. Partendo dal clamoroso caso di Ebrahim Hamidi, un ventunenne condannato a morte (e a rischio di lapidazione), il triste destino (e i giovani volti) dei gay che sono stati impiccati, il contesto sociale e politico di tali atrocità (comprese le numerose impiccagioni di minorenni), la dolorosa, rischiosa, umiliante esistenza clandestina dei gay. Impressionanti immagini di esecuzioni e di torture, le commoventi ricostruzioni delle vite troncate delle vittime, la silenziosa lotta di liberazione dei giovani iraniani, delle donne, dei gay. Interviste e testimonianze d’eccezione: Mohammud Moustafei, avvocato di Ebrahim Hamidi e Sakineh; un giovane omosessuale che vive in Iran, Drewery Dyke responsabile dell’Iran per Amnesty International, il prezioso contributo di Peter Tatchell, attivista inglese per i diritti umani. Realizzato in collaborazione col Torino GLBT. (Togay 2011)
2011/05/29 domenica ore 21.00 Scatola Magica

   365 without 377 di Adele Tulli
  tendenza: QQQ
tipologia: Documentario – durata min.: 53
nazione: Italia
anno: 2011
Imposta sotto il dominio inglese nel 1860, la “Section 377” del Codice Penale Indiano criminalizzava qualsiasi atto di naturale sessuale fra due adulti dello stesso sesso, stigmatizzandoli come “contro natura”. Il 2 luglio 2009 la Corte Suprema di Delhi ha emanato una legge storica che ha finalmente cancellato quel retaggio coloniale accogliendo la domanda della comunità GLBT indiana che, negli ultimi dieci anni, tanto ha combattuto per abrogarla. Tre personaggi, Beena, Pallav e Abheena attraversano Bombay per celebrare il primo anniversario di quell’evento di libertà. Un reportage prodotto da Ivan Cotroneo
2011/05/30 lunedì ore 21.00 Scatola Magica

   We Were Here di David Weissman
  tendenza: GGG
tipologia: Documentario – durata min.: 90
nazione: USA
anno: 2011
Un profondo e riflessivo sguardo all’impatto che ebbe l’arrivo dell’Aids nella comunità gay di San Francisco e come in questi primi anni gli omosessuali fronteggiarono questa inimmaginabile crisi. Il film indaga sia le terribili sofferenze individuali e personali che la coesione e la forte risposta che seppe dare tutto il movimento gay. Anche se la storia è riferita al particolare ambiente di San Francisco, è chiaramente confrontabile con l’emergere dell’aids in tutto il mondo occidentale. Il film ci parla delle reazioni che la nostra società assume davanti alla malattia e alla morte, di come sia difficile andare oltre ai facili pregiudizi, di come sia stato alto il prezzo pagato da tanti omosessuali e di come l’emergente comunità gay abbia saputo reagire.
2011/05/31 martedì ore 19.00 Scatola Magica

INTERVISTA DI GAIA BORGHESI ALLA REGISTA DEL DOC “365 WITHOUT 377”, ADELE TULLI:


La regista Adele Tulli intervistata da Gaia Borghesi

Gaia Borghesi: Puoi parlarci della condizione degli omosessuali in India?

Adele Tulli: Sicuramente, fino a prima di questa sentenza storica del 2 luglio 2009, gli omosessuali vivevano in una condizione di grande invisibilità ed illegittimità. Essere omosessuali infatti era illegale da 150 anni, cioè da quando gli inglesi hanno imposto questa legge, l’articolo 377, su tutto il territorio indiano. La legge, che riflette la morale giudeo-cristiana tipica dell’epoca vittoriana, puniva qualsiasi “rapporto sessuale contro natura”: l’unica espressione della sessualità considerata naturale era quella finalizzata alla riproduzione. Pertanto qualsiasi tipo di espressione della sessualità omosessuale non era proprio prevista, presa in considerazione, di conseguenza non accettata e quindi invisibile. Esistevano comunità underground, nascoste, che si incontravano con molte difficoltà. La maggior parte di queste persone comunque aveva una seconda vita con moglie e figli, per cui molti erano socialmente eterosessuali e per loro era molto difficile uscire allo scoperto. Negli ultimi anni le cose stanno cambiando e molto si deve a questa sentenza storica, che sicuramente ha avuto un forte impatto sulla società. Di sicuro, in termini di visibilità, il Movimento e tutte le comunità LGBTI hanno ottenuto molto, anche grazie ai media. Questo inevitabilmente sta agendo come fattore di cambiamento per quanto riguarda la percezione della società sulla questione omosessuale.

G.B.: Quanto meno non si è più invisibili.

Adele Tulli: Sì, penso che una delle differenze principali, che ha fatto la sentenza del 2 luglio del 2009, riguardi la visibilità.

G.B.: Qual è stato l’iter che ha portato all’abrogazione della Section 377?

Adele Tulli: La comunità LGBTI indiana ha cominciato a lottare più di dieci anni fa, nel senso che i primissimi attivisti gay, i pionieri del Movimento, hanno cominciato a fare outing e a parlare dell’omosessualità attraverso dei piccoli giornali che circolavano sottobanco e dove c’erano dei numeri di telefono, delle “help line”, tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta. Ufficialmente parlando, la prima petizione contro la Section 377 è stata presentata alla Corte circa dieci anni fa, nel 2001, da un collettivo di avvocati, il Lawyers Collective, impegnato in questioni sociali come i diritti delle donne per esempio, che ha deciso di dedicarsi anche a questa causa. Al Lawyers Collective si è affiancata un’associazione di Delhi, la NAZ Foundation, organizzazione che si occupa principalmente della lotta all’AIDS e ha sempre lavorato molto con la comunità MSM (men-who-have-sex-with-men, termine tecnico che non rigurada l’identità sessuale, ma la pratica). Queste due realtà insieme dunque hanno portato avanti questa battaglia legale, che ha vissuto svariate fasi e ha visto negli anni un continuo susseguirsi di petizioni a favore e petizioni contrarie, fino ad arrivare alla svolta degli ultimi anni, quando a questa lotta si sono unite anche molte associazioni della società civile, come associazioni di donne o per i diritti dei bambini, che si sono riunite in un gruppo che si chiama “Voices Against 377” e che hanno appoggiato la causa. Intanto in dieci anni la questione aveva avuto molta risonanza, così il giudice ha infine deciso di emettere questa sentenza che abolisse la Section 377. Anzi, tecnicamente la legge non è stata interamente abolita, ma modificata, che era quello che la comunità LGBTI chiedeva: rimane proibito il sesso non consensuale. Attualmente la sentenza è stata promulgata soltanto a livello della Corte di Delhi e non a livello della Corte Suprema, per cui si aspetta ancora il verdetto finale.

G.B.: L’India è un paese molto grande. L’abrogazione della Section 377 riguarda soltanto la provincia di Delhi o è riconosciuta anche nelle altre regioni?

Adele Tulli: Per come funziona la legge indiana, trattandosi comunque di un cambiamento costituzionale, ed essendo la Costituzione unica, anche se questo avviene entro la Corte di Delhi, finché un’altra corte di un altro stato non vota un parere contrario, quella sentenza è da considerarsi valida su tutto il territorio. Per cui, attualmente la sentenza della Corte di Delhi è valida a livello nazionale. Tuttavia, solo nel momento in cui la Corte Suprema ufficializzerà definitivamente l’abrogazione, questa diventerà effettivamente e permanentemente valida, non più a rischio diciamo. Sostanzialmente, se ora come ora un’altra corte, per esempio quella del Rajasthan, si opponesse, sarebbe un problema, perché l’intera questione potrebbe essere rimessa in discussione. Attualmente nessuna corte si è espressa, quindi la sentenza della Corte di Delhi è valida su tutto il territorio nazionale. Comunque si attende il giudizio della Corte Suprema, che si doveva riunire ad aprile e poi ha rimandato l’incontro a dopo l’estate, e che quindi dovrebbe esprimersi nel breve periodo.

G.B.: Speriamo bene!

Adele Tulli: Sì, decisamente!

G.B.: Nel frattempo, non ci sono associazioni internazionali che abbiano deciso di appoggiare questa causa? E’ tutto in ambito nazionale?

Adele Tulli: Io penso che alcune internazionali abbiano determinate linee guida sui diritti umani, ma ufficialmente, per quanto riguarda la partecipazione alla battaglia legale in questione, non c’erano firmatari di agenzie esterne. Senz’altro organizzazioni come l’ONU ad esempio hanno la loro influenza nell’ambito dei diritti umani e questo viene preso come punto di riferimento, però le associazioni ufficialmente coinvolte nel dibattito legale sono quelle sopra citate.

G.B.: Immagino che sia la parte più religiosa e più ortodossa della società ad opporsi, ad aver chiesto che la Section 377 venisse reintrodotta, come si evince anche dal documentario.

Adele Tulli: Come spesso succede, un po’ ovunque, in questi casi tutte le discordie tra le varie religioni scompaiono magicamente e sono tutti solidali contro un nemico comune. Essendoci molte tradizioni religiose su tutto il territorio indiano, spesso sono in lotta tra loro, invece in questo caso si sono schierati all’unanimità contro questa sentenza. Si sono uniti 13 tra gruppi culturali e gruppi religiosi e hanno firmato alcune petizioni contrarie. Ed è per questo che ora il caso deve essere sottoposto alla Corte Suprema ed è di nuovo messo in discussione. C’è ottimismo però, perché la società civile ha risposto bene a questa legge, i media hanno avuto un atteggiamento positivo e in linea generale non c’è nulla che faccia pensare che la Section 377 possa essere ripristinata. I politici tra l’altro non si sono espressi ufficialmente, tuttavia non si sono neanche schierati contro, generando una sorta di silenzio assenso che fa ben sperare.

G.B.: Che da un punto di vista legale si sia di fronte a una svolta storica è un dato di fatto, ma a livello sociale c’è un cambiamento in atto?

Adele Tulli: Come dice anche Abheena, uno dei personaggi, alla fine del film, il cambiamento di una legge non corrisponde al cambiamento della società. Chiaramente un intervento a livello legale non ha un effetto immediato sulla realtà, però ha un impatto e un’influenza comunque forti, per cui da un lato è normale che voglia del tempo perché le cose cambino e ci si abitui di più e perché la tolleranza, la visibilità e i diritti degli omosessuali siano completamente salvaguardati; dall’altro però l’impatto anche solo simbolico che ha avuto questa legge è stato immenso: nell’ultimo anno, data la visibilità che la sentenza ha portato, molte persone si sono sentite più forti e hanno trovato il coraggio di fare coming out e di esporsi, molte associazioni sono state fondate e sono state organizzate tante iniziative. Tutta una sfera che fino a prima restava nascosta e clandestina, piano piano sta emergendo con forza. Quindi già questo aspetto è una spinta di cambiamento.

G.B.: Prima hai citato Abheena, che è una hijra. Ci puoi parlare di questa figura?

Adele Tulli: La figura dell’hijra è una figura con un contesto proprio, legato alla tradizione religiosa indiana, con radici molto antiche. Ancora oggi formano una comunità separata e all’interno vi sono diversi lignaggi, con una dinamica sociale propria e un sistema di maestro-discepolo, che è il sistema classico della tradizione indiana, e rituali tipici. Quando una persona decide di diventare hijra deve compiere un percorso di iniziazione all’interno di una comunità hijra, dove si vive tutti insieme. Tutto questo da una parte indica che esiste uno spazio riconosciuto per loro nella società, ciò non vuol dire però che questo sia uno spazio privilegiato, anzi tutt’altro: si infatti tratta di uno spazio marginalizzato. Sono persone un po’ temute, un po’ rispettate, ma sicuramente marginalizzate e fortemente discriminate, che non hanno la possibilità di fare tutti i lavori che vogliono. In linea di massima le competenze che vengono loro riconosciute sono molto limitate. Alcuni portano avanti il ruolo che tradizionalmente ricoprivano: presentarsi ai matrimoni, fare delle danze e benedire gli sposi. Sono infatti considerati i custodi della fertilità, quindi si pensa abbiano il potere di garantire fertilità agli sposi benedicendoli o, al contrario, di rendere sterile la coppia in caso di maledizione. Pertanto sono anche guardati con sospetto, come se portassero il malocchio. Questo nella tradizione, attualmente invece, la maggior parte di loro si occupa di commercio sessuale. E questi sostanzialmente sono gli spazi in cui sono relegati, per cui, anche se sono più visibili, non hanno senz’altro molte possibilità a livello sociale. C’è molta marginalizzazione e stigma verso gli hijra che, a volte, sfocia in discriminazione e violenza: mancando di fatto una tutela legale, la polizia spesso abusa del proprio potere e la Section 377 diventava un vero e proprio strumento di minaccia e di estorsione.

G.B.: Si può dire che l’unico vantaggio che avevano rispetto agli omosessuali era la pura e semplice visibilità, anche se questo non implica che la loro maggiore esposizione fosse positiva.

Adele Tulli: Sì, perché un gay doveva nascondere la propria identità, ma nella vita sociale comunque poteva scegliere di non esporsi a rischi, poteva studiare, scegliere il proprio percorso lavorativo. Chiaramente con la sofferenza dovuta al doversi reprimere. Mentre per quanto riguarda gli hijra, il corpo parla per loro, non si possono nascondere, non può neanche scegliere di farlo.

G.B.: Com’è nata la tua passione verso queste tematiche e verso l’India?

Adele Tulli: Il mio interesse per l’India risale al mio percorso accademico, perché ho frequentato l’università di studi orientali, inoltre vado in India da più di dieci anni per ricerche accademiche o per lavoro, ho collaborato con alcune ONG. Parallelamente, negli anni mi sono occupata sempre di più di questioni legate alle tematiche di genere, femministe e queer. Con l’evento dell’abrogazione della Section 377, queste due passioni si sono unite, così sono stata subito curiosa di andare ad esplorare e conoscere questa realtà, perché fino ad allora non l’avevo mai approfondita e non ero mai entrata in contatto con le comunità gay in India.

G.B.: E com’è nata l’idea di fare un documentario sull’abrogazione della Section 377?

Adele Tulli: Nel momento in cui si è verificata l’abrogazione, io vivevo in Inghilterra e seguivo i blog, leggevo le notizie e mi è venuta voglia di andare sul posto e seguire la vicenda, perché ne percepivo la forza, la portata. Per cui in realtà non sono partita con la voglia precisa di fare un documentario, ma piuttosto una sorta di ricerca, per toccare con mano quello che stava succedendo. Una volta lì ho trovato una comunità che mi ha accolto e degli amici, quindi mi sono legata a queste persone. Quindi l’idea del documentario è sostanzialmente nata lì, grazie anche alla situazione che si era creata: da un lato io mi sono lasciata trascinare dalla voglia e dall’entusiasmo di raccontare quello di cui ero testimone, dall’altro ci sono state le risposte positive da parte dei gruppi che fanno parte del QAM, il collettivo che racchiude tutti i gruppi LGBTI di Bombay che organizzano i Pride e le iniziative, ai quali ho proposto l’idea di fare un reportage sull’evento. Poi il passaggio da reportage giornalistico breve, relativo solo all’evento, a vero e proprio documentario è stata un’idea mia, in quanto ho pensato che sarebbe stato più bello e più interessante arrivare alle celebrazioni per il primo anniversario attraverso gli occhi di chi aveva vissuto in prima persona quelle esperienze. Per cui in realtà il documentario si è sviluppato strada facendo, a partire dall’idea dei tre personaggi, che sono tre amici che ho scelto in base ad una logica di storie, disponibilità a parlare e varietà delle esperienze.

G.B.: Quindi i protagonisti del documentario sono amici, come ci hai detto, anche perché non è da tutti esporsi così tanto. I personaggi sono solo tre, tuttavia sei riuscita a raccontare una realtà dalle molte sfaccettature: omosessualità maschile, omosessualità femminile e comunità hijra. Tre storie di vita molto diverse tra loro, ma che si ritrovano in occasione dei festeggiamenti per l’anniversario del 2 luglio. Data comunque la tematica trattata, avete avuto qualche problema per quanto riguarda i finanziamenti?

Adele Tulli: In quel momento è entrato in scena Ivan [Cotroneo]. Io sapevo che Ivan aveva appena fondato una casa di produzione, la “21 s.r.l.”, ed era interessato a finanziare dei lavori su queste tematiche. Per cui, quando l’ho contattato si è subito mostrato entusiasta e ha creduto nel progetto.

G.B.: La parola “hijra” identifica quanto di più vicino c’è alla figura del transessuale, anche se gli hijra attraversano tutto un percorso ritualistico che da noi non c’è. Quali sono invece le parole hindi, se ci sono, che identificano il gay e la lesbica?

Adele Tulli: Innanzitutto bisogna premettere che, data la vastita del territorio indiano, sono presenti svariate lingue, molto diverse tra loro: ci sono circa 20 lingue diverse, a cui si aggiungono centinaia di dialetti. E lingue diverse portano culture diverse, quindi non si può fare un discorso troppo generalizzato quando si parla di India in questo senso. Io conosco solo la realtà di Bombay. Qui esistono dei termini. Due in particolare identificano l’omosessualità maschile: “kothi” e “panthi”. Il primo è riferito a persone che esprimono un ruolo di genere effemminato, assumendo ruoli, abbigliamento e comportamenti solitamente attribuiti al femminile, che a volte si identificano come uomini, a volte come donne, ma non attuano transizioni fisiche, e che solitamente vivono una sessualità omosessuale e prettamente ricettiva. Si tratta di persone che in un certo senso oscillano tra i generi, in quanto possono avere anche una vita sociale completamente etero-normativa, molti infatti sono sposati, però poi in altri contesti si travestono e assumono atteggiamenti molto effemminati. Solitamente quando si parla di “panthi”, ci si riferisce ai loro amanti, per cui si presuppone che siano persone decisamente più virili, mascoline e che vivano un ruolo sessuale attivo. Personalmente io conosco questi due termini, poi sicuramente ce ne saranno altri in base alla zona e al livello sociale in cui ci si colloca. Per quanto riguarda le lesbiche, non conosco alcun termine specifico che le possa identificare: si tratta sempre di traduzioni letterali, di giri di parole per esprimere il concetto di “amore tra donne”.

G.B.: Probabilmente questo fa riferimento al discorso dell’invisibilità: non c’è bisogno di trovare una parola per parlare di qualcosa che di fatto non esiste.

Adele Tulli: L’invisibilità lesbica è una questione che io definirei quasi mondiale e che dipende dal fatto che la società è sostanzialmente patriarcale, per cui in assoluto le donne hanno avuto e hanno minor visibilità e maggior difficoltà ad autodeterminarsi e a fare delle scelte esistenziali. Anche entro il contesto dell’omosessualità, di conseguenza, per una donna è molto più difficile andare contro la tradizione, vivere secondo uno stile di vita decisamente radicale e scegliere liberamente di condurre una vita lesbica. Non che per gli uomini non sia difficile, ovviamente, ma anche in India ad esempio sono piu rappresentati i gay delle lesbiche. Quando in televisione si è parlato molto di omosessualità a causa della sentenza sulla 377, ci si riferiva quasi sempre all’omosessualità maschile, raramente veniva menzionata quella femminile.

G.B.: Hai in mente qualche progetto futuro?

Adele Tulli: Io non nasco come filmmaker, ma come studiosa di culture orientali e di genere. Quindi questo è il mio primo lavoro da regista e non ho ancora pensato ad eventuali progetti futuri, anche perché abbiamo finito di girare circa una settimana fa e siamo adesso alla prima presentazione. Magari sì però. Mi è piaciuta molto come esperienza.

G.B.: Per quanto riguarda invece il futuro del documentario, so che verrà presentato al Festival MIX di Milano, ce lo confermi? E per quanto riguarda eventuali canali distributivi?

Adele Tulli: Ancora non sappiamo niente per quanto riguarda l’aspetto della distribuzione, dato che il lavoro l’abbiamo appena terminato. Quello che so e che posso confermare è che “365 Without 377” è stato preso al MIX, e di questo sono molto contenta, così come sono felice che sia stato selezionato per il Queer Film Festival di Palermo, che si inaugura quest’anno e che, soprattutto, lo proietteranno a Bombay, che è la location reale del documentario, a fine maggio a quello che è il primo festival LGBTI indiano, che si chiama Kashish Film Festival (http://www.mumbaiqueerfest.com/). Per ora questo, poi per il resto speriamo bene!

G.B.: E’ decisamente un onore essere presenti al primo festival LGBTI indiano con un documentario che parla proprio di quella realtà.

Adele Tulli: Ci saranno tutti i protagonisti, le star. Io purtroppo non potrò esserci.

G.B.: Noi ti ringraziamo molto per la tua disponibilità e facciamo a te e al tuo documentario tanti complimenti e tanti auguri.

Adele Tulli: Grazie a voi! Alla prossima!


Condividi

Effettua il login o registrati

Per poter completare l'azione devi essere un utente registrato.