INTERVISTA ALLA REGISTA SHAMIM SARIF

Presente al 26mo Torino Glbt Film Festival con due opere di altissimo livello, destinate sicuramente a diventare dei cult per il mondo lesbo, “The World Unseen” e “I Can’t Think Straight”.

“The World Unseen” e “I Can’t Think Straight”, presenti nel festival all’interno della retrospettiva Lesbian Romance, sono i due film diretti da Shamim Sarif e prodotti da Hanan Kattan. La tematica lesbica è predominante in entrambi, anche se si tratta comunque di commedie romantiche.

“The World Unseen” è ambientato in Sudafrica, negli anni Cinquanta, in pieno apartheid, ed è la storia di Amina (Sheetal Sheth) e Miriam (Lisa Ray). La prima è una donna molto emancipata per l’epoca: gestisce e lavora nel proprio locale, guida, si veste da uomo, ma soprattutto aiuta i neri perseguitati proteggendoli dai blitz della polizia. Miriam invece sembra essere l’esatto opposto: sposata con un uomo che la sua famiglia ha scelto per lei e, sbarcata in Sudafrica non per sua scelta, è troppo spaventata dalla situazione socio-politica in atto da riuscire ad opporsi. Ad opprimerla è anche il marito, che non le attribuisce il minimo spessore caratteriale e personale, la tradisce ripetutamente e la maltratta. Le due si conoscono al Location Café di Amina e danno il via ad un gioco di sguardi e di incontri-scontri molto delicato, che ci accompagna per tutto il film.
Il punto focale di “The World Unseen” non sembra comunque essere la loro storia d’amore, ma tutto il contorno, dalla condizione dei neri alla condizione della donna. I film di questa coppia di artiste hanno sempre una componente autobiografica, che Shamim Sarif rivela durante il Q&A: “La storia è ispirata alla figura di mia nonna, che ha vissuto in Sudafrica in quegli anni. Dove viveva c’era una donna molto emancipata, che aveva un locale suo e un taxi”.

Molto diverso invece il tono di “I Can’t Think Straight”. Più rilassato e più divertente, è la storia di Leyla (Sheetal Sheth) e Tala (Lisa Ray). Entrambe di Londra, la prima è musulmana e di origini indiane, la seconda è cristiana e palestinese. Le due si incontrano tramite un amico in comune, Ali, compagno di Leyla, quando ancora non hanno preso piena consapevolezza della propria identità. Sarà proprio questo incontro a far capire loro cosa vogliono davvero. L’unico problema è che Tala, con alle spalle tre fidanzamenti ufficiali mai portati a termine, sta per sposarsi con Hani. Troveranno il coraggio di sfidare le convenzioni sociali, le proprie famiglie e il proprio destino per stare insieme?
“I Can’t Think Straight” è un film molto dolce e passionale al contempo. Hanan Kattan è di origini palestinesi, come Tala, e in arabo il suo nome significa ‘tenerezza’, ‘affetto’. Un nome un destino? Infatti anche in questo film, in cui a farla da protagonista è l’amore, i risvolti biografici sono molto importanti e predominanti, come ci svelerà Shamim Sarif nel corso dell’intervista. Ci tiene però a specificare, nel Q&A una particolarità: “La figura paterna è quasi sempre positiva non soltanto perché fa parte del nostro vissuto, della nostra storia personale, ma anche per cercare di dare dei modelli positivi alternativi della figura maschile in Medio Oriente”. Inoltre: “La cosa più importante per noi è riuscire a creare dei personaggi e delle storie che il pubblico possa amare e in cui possa identificarsi e che soprattutto diano speranza: se si vuole qualcosa, si deve lottare e si può riuscire ad ottenerla”.

Una curiosità, come si evince, risiede nel fatto che le attrici protagoniste di “The World Unseen” e di “I Can’t Think Straight”, sono le stesse, Lisa Ray e Sheetal Sheth. Nell’intervista Shamim Sarif ci parlerà della loro versatilità e della particolare chimica che si è creata tra le due. Durante il Q&A Hanan Kattan rivela invece: “Lisa Ray la conosciamo fin dall’inizio del casting, perché si è presentata alla prima audizione, senza aver letto la sceneggiatura. Io l’ho mandata a casa per questo e lei, ostinata, si è ripresentata il giorno seguente, dopo aver letto la sceneggiatura e alla fine è stata premiata. Per il ruolo di Leyla/Amina abbiamo dovuto cercare parecchio. Eravamo interessate a Sheetal Sheth, ma non la conoscevamo direttamente e in quel momento noi eravamo a Londra e lei a Los Angeles. Così le ho telefonato e le ho chiesto di raggiungerci. Lei ha accettato e io le ho detto di prepararsi a restare qui un mese per girare il film, ma di aspettarsi anche l’eventualità di tornare indietro dopo tre giorni, dopo l’audizione. Poi per fortuna è andato tutto bene”. Qualcuno dal pubblico chiede se le attrici siano lesbiche nella vita e Shamim Sarif, glissando sulla domanda, dice che non può rispondere della vita privata delle attrici, ma che in ogni caso hanno fatto evidentemente un ottimo lavoro se l’impressione che danno è quella.

Altro aspetto fondamentale di questi film è il processo che li ha portati alla luce. Shamim Sarif infatti è anche scrittrice ed entrambi i lungometraggi nascono da suoi romanzi. Anche la poesia che Tala scrive a Leyla è in realtà opera di Shamim Sarif, così come parte della colonna sonora di “I Can’t Think Straight”, in particolare le canzoni arabe: “Non ci avevano dato il permesso di usarle, data la tematica del film. Così Hanan mi ha spronata a comporre io delle musiche arabe e così ho fatto. E’ stato molto interessante”.

Per quanto riguarda i progetti futuri, le due artiste rivelano che stanno lavorando ad un documentario sul conflitto israelo-palestinese visto da una prospettiva nuova: quella delle donne. E’ inoltre in corso d’opera un altro film, questa volta ambientato principalmente in Russia e a sua volta tratto da un romanzo di Shamim Sarif: “Despite the Falling Snow”. La bozza del libro che Leyla riesce a pubblicare in “I Can’t Think Straight” si intitola “Before Snow Falls”, che ci sia un ennesimo nesso autobiografico? Non ci resta che aspettare e vedere.

Riportiamo di seguito l’intervista che Gaia Borghesi, collaboratrice di cinemagay.it, ha fatto a Shamim Sarif e Hanan Kattan, rispettivamente regista e produttrice dei film “The World Unseen” e “I Can’t Think Straight”.

Gaia Borghesi: La prima domanda riguarda le due bellissime attrici protagoniste di entrambi i film, Lisa Ray e Sheetal Sheth. Personalmente l’ho trovato strano, è stata una sorpresa ritrovarle entrambe sia in “The World Unseen” che in “I Can’t Think Straight”. Com’è successo?

Shamim Sarif: Noi abbiamo lavorato fin dall’inizio con Lisa Ray per quanto riguarda entrambi i film. Comunque abbiamo da subito capito che lei e Sheetal Sheth erano in grado di interpretare ruoli molto diversi, ma sempre complementari. Infatti ho invertito i loro ruoli nei due film, cosicché interpretassero personaggi dalle caratteristiche opposte. E penso che abbiano fatto davvero un ottimo lavoro.

Gaia Borghesi: Entrambi i film sono ambientati in località un po’ esotiche: “I Can’t Think Straight” ci porta in Giordania, oltre che a Londra, e “The World Unseen” in Sudafrica. Come mai questa scelta?

Shamim Sarif: Innanzitutto perché ci tenevo a dare ai film anche un risvolto politico, anche per dare maggior spessore ai personaggi, affinché potessero svilupparsi su più livelli e che si sentono dunque oppressi anche sotto quel punto di vista. Inoltre queste culture in particolare le sentiamo molto vicine a noi: il Sudafrica rappresenta le mie radici, mentre la Giordania e la Palestina lo sono per Hanan.

Gaia Borghesi: Dunque per quanto riguarda gli aspetti autobiografici di entrambi i film, cosa potete dirci?

Shamim Sarif: La parte autobiografica più consistente ha a che vedere con “I Can’t Think Straight”, perché in sostanza è la storia mia e di Hanan, con ovviamente alcune cose inventate o adattate. E’ stato interessante indagare l’aspetto di come due culture come quella medio orientale e quella indiana possano diventare un ostacolo per le coppie omosessuali e per l’autoaccettazione.

Gaia Borghesi: Voi due state insieme da molto tempo, avete anche dei bambini. Com’è lavorare insieme?

Shamim Sarif (rivolta ad Hanan): Vuoi rispondere tu?

Hanan Kattan: Sì. Noi non è che lavoriamo esattamente in coppia. Nel senso che comunque io lavoro come sua produttrice, cosicché lei possa conservare la propria libertà creativa. Non ci ostacoliamo a vicenda, bensì ci sosteniamo, occupando posizioni diverse. Ma ovviamente siamo una famiglia e lavorare insieme in questo senso è meraviglioso: ci permette di stare sempre insieme, di viaggiare insieme, di fare nuove esperienze insieme. A volte Shamim si lamenta del fatto che io tendo a concentrarmi troppo sul lavoro e mi chiede di non parlare sempre e solo di quello. Ma noi amiamo questo continuo rapportarci, che ci è consentito dal fatto di lavorare insieme come coppia.

Shamim Sarif: Per me è lo stesso ovviamente. Adoro lavorare con Hanan. Alla fine bisogna concentrarsi sul film e sul giusto modo in cui questo deve essere fatto. E per me è stato un percorso bellissimo. Ho provato anche a sbarcare a Hollywood, ma non è stata decisamente la stessa cosa.

Gaia Borghesi: E’ un privilegio.

Shamim Sarif: Sì, è davvero un grande privilegio.

Gaia Borghesi: Meglio di Hollywood!

Hanan Kattan: Sì, decisamente meglio di Hollywood!

Shamim Sarif: Andare a letto con la produttrice è decisamente molto meglio!

Gaia Borghesi: Per quanto riguarda appunto questo aspetto della famiglia, almeno per quanto riguarda “The World Unseen”, l’ho trovato un po’ meno presente, se rapportato alle questioni socio-politiche di cui parlavamo prima. Eppure la famiglia in realtà ha un ruolo fondamentale. Quindi come mai avete deciso di lasciare un po’ da parte questo aspetto?

Shamim Sarif: Probabilmente perché in “The World Unseen” le caratteristiche dei personaggi sono diverse. Amina per esempio ha ormai costruito la propria famiglia con suo marito e i suoi figli, lasciando dunque da parte la propria famiglia di origine e rendendosi indipendente. Pertanto ho pensato di non fare di questa la loro battaglia principale. La loro battaglia principale è contro loro stesse e contro la società e la politica.

Gaia Borghesi: In “I Can’t Think Straight” è molto importante l’aspetto artistico. Leyla infatti è una scrittrice e alla fine riesce a pubblicare un romanzo. E’ anche questo in un certo senso autobiografico? E’ una sorta di gioco di specchi?

Shamim Sarif: Sì abbastanza. Leyla è il personaggio che rappresenta me, quindi era importante che in lei fosse presente una dimensione creativa. Sente il bisogno di ricreare il proprio mondo, è un modo che ha per evadere dalla realtà. E’ un continuo gioco di specchi “I Can’t Think Straight”.

(Gaia Borghesi)


Hanan Kattan, Shamim Sarif, Gaia Borghesi

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