"I ragazzi stanno bene" di Lisa Cholodenko

Da venerdì 11 marzo nelle sale italiane il film indipendente che, col suo successo di pubblico e il suo coraggio nel presentarci una famiglia omosessuale, sta ripetendo l’exploit di Brokeback Mountain

Usciti dal cinema dove proiettavano “I ragazzi stanno bene” avevamo l’impressione di aver visto un film etero. All’inizio ci sembrava una cosa strana, eravamo perplessi, poi, riflettendoci, abbiamo compreso che questo era invece il pregio più grande del film. Finalmente un film che presenta la realtà omosessuale, personaggi, storie e, soprattutto, un matrimonio, senza dovere giustificare o compatire o penalizzare in alcun modo i protagonisti per una scelta di vita diversa. Anzi, il film vuole dirci che la loro scelta non è qualcosa di diverso, la loro famiglia non è ‘particolare’, i loro sentimenti non sono fuori dalla norma. Tutti, in questo intelligente e godibilissimo film, vivono fino in fondo la loro vita, senza paure, né interiori od esteriori, e soprattutto senza barriere, tanto da considerare anche un tradimento trasversale come un semplice e fortuito incrocio dei generi, contemplato nel libro dei casi della vita. Sappiamo che molti gay o lesbiche si scandalizzano quando sentono parlare di escursioni nel sesso etero da parte di omosessuali. Come se questa cosa potesse rappresentare una minaccia per la nostra identità. E senza accorgersene si trovano a pensare e a giudicare esattamente come tanti omofobi eterosessuali, che parlano e spesso agiscono, convinti di difendere l’umanità da una terribile minaccia.

No, la regista lesbica Lisa Cholodenko, vuole rassicurare tutti, spiegandoci che il problema, quello che fa la differenza, non sono i generi ma i sentimenti. La protagonista lesbica Nic (Julianne Moore) avrebbe benissimo potuto tradire la compagna con un’altra donna anziché con un uomo. Nulla sarebbe cambiato. Nic tradisce perché si sente sola, poco apprezzata, poco valorizzata. La sua compagna Jules (Annette Bening) è quella che porta avanti la famiglia, sia economicamente che moralmente, ci crede fermamente e, senza accorgersene, pensa più alla disciplina e al buon andamento della casa che ai problemi e alle difficoltà interiori delle persone. Sono sposate da 18 anni, hanno allevato, come meglio non si poteva, due splendidi figli avuti con lo sperma di un donatore sconosciuto. Il rischio che la vita, soprattutto quella sentimentale, diventi solo un’abitudine è forte. I problemi ormai non sono più quelli di costruire e portare avanti una famiglia alternativa. I problemi sono quelli di sapersi ancora ascoltare con interesse, di sapersi aiutare nell’affrontare i cambiamenti, che possono essere un nuovo lavoro o una figlia che parte per il college. Il problema è quello di cercare nuovi equilibri, di dare risposte valide a nuove domande, di sapersi sempre mettere in gioco per ricominciare. La regista, che ha vissuto nella sua vita privata gli stessi problemi (ha una compagna da diversi anni con la quale ha cercato un donatore per avere una loro figlia), conosce bene queste problematiche e riesce a comunicarcele con grande lievità, con uno spirito ricco di pathos ma anche di humor, senza mai cadere nel melodramma o nell’artificioso. Il messaggio è chiarissimo: etero o gay la famiglia è sempre la famiglia e i problemi sono assolutamente gli stessi.

Percepiamo sin dalle prime scene (nella tavolata con cui inizia il film, l’allegria sembra più apparente che reale) che non tutte le cose funzionano come dovrebbero. Le due mamme hanno ricordi differenti, i figli sembrano più allarmati che tranquilli. Tutti sono come in attesa di importanti cambiamenti. Alcuni programmati da tempo, come l’uscita di casa per il college della figlia 18enne, altri più recenti come il nuovo lavoro di mamma Nic che ha scelto di fare l’arredatrice di giardini, altri ancora assolutamente inattesi per qualcuno, come il desiderio di conoscere il padre biologico da parte del figlio 15enne, che coinvolge nell’impresa anche la più scettica sorellastra. Con l’arrivo di questo padre tutti gli equilibri verranno messi in discussione. E tutti i sentimenti verranno messi alla prova. Ma questa è la vita, per continuare bisogna sempre saper ricominciare.

Il film si segue con molto interesse e, pregio non indifferente, anche con molto divertimento. La regista stessa ha dichiarato di aver voluto fare un film che “avesse una sensibilità più commerciale” dei suoi precedenti (High Art e Laurel Canyon). Ma il film evita molto bene i rischi della superficialità o del troppo politicamente corretto. Lisa Cholodenko ha detto: “volevo esplorare ciò che affronta qualsiasi famiglia, in particolare qualsiasi famiglia con figli: l’ansia e il divertimento, il dolore e l’angoscia di vedere la tua famiglia che si trasforma. Che tu sia gay o etero, o single, o parte di una coppia interrazziale o qualsiasi altra cosa, tutti affrontano lo stesso percorso”.

Grande merito alla riuscita del film va anche ai protagonisti, a iniziare dalle due mamme Julianne Moore e Annette Bening (noi non sapremmo scegliere quale delle due sia più brava e ci torna strano che l’Academy abbia candidato solo la Bening). Eccezionale anche il ruolo di Paul, il padre biologico, interpretato da un bravissimo e curioso Mark Ruffalo, uno scapolo libertino ben sistemato sul piano lavorativo che si trova davanti, come piovuta dal cielo, la grande occasione di entrare in una splendida famiglia. Peccato che sceglierà la porta sbagliata. Nel ruolo della figlia un’amabilissima Mia Wasikowska (che sarà poco dopo la protagonista di ‘Alice nel Paese delle Meraviglie’ di tim Burton), che ci fa capire in ogni minuto della sua presenza sullo schermo quanto siano state brave le due mamme ad educare i figli. Il figlio Laser, motore di tutta la vicenda, interpretato da un molto promettente Josh Hutcherson (già apprezzato in quel piccolo capolavoro che è “Un ponte per Terabithia”), è bravissimo nel trasmetterci prima la sorpresa e poi le perplessità davanti alla scoperta di una figura paterna. Anche la sua grande maturità, nonostante sia solo un 15enne, ci viene molto bene esemplificata nell’episodio con l’amico che vuole pisciare sul cane. In proposito è divertentissima la poco dissimulata speranza che le madri (e noi con loro) hanno che il figlio possa essere gay.

Una commedia indipendente che negli USA ha ottenuto un grande successo di pubblico, ripetendo un po’ il miracolo che qualche anno fa era stato di Brokeback Mountain, ed entrando anch’essa a buon diritto nei capisaldi del nuovo cinema queer.

Il trailer italiano del film:

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