Mancano solo due episodi alla conclusione di Romanzo criminale 2, la bella serie che Sky Cinema 1 sta trasmettendo ogni giovedì (in doppia puntata), con repliche anche sul canale Sky Hits. Una serie che ha alzato di parecchio lo standard delle produzioni tv italiane, superando anche l’ottima qualità di tante nuove serie americane. Speriamo che anche l’attesa nuova serie di Rai Uno, “Le cose che restano” di Gianluca Tavarelli, in onda dal prossimo lunedì, ci confermi questo trend qualitativo.
In Romanzo Criminale 2, sempre diretto da Stefano Sollima con sceneggiatura di Leonardo Valenti, Barbara Petronio e Daniele Cesarano, ci piace come la dinamica degli eventi non copre ma perfeziona e approfondisce il carattere dei vari personaggi; ci piace come l’orrido di efferati omicidi a sangue freddo o di inattesi tradimenti non venga usato soprattutto per distinguere i buoni dai cattivi; ci piace come vengono coniugati azione e sentimenti in un obbligato percorso (storico) verso l’annientamento individuale e collettivo. La serie ci ha messo davanti ad un’Italia, quella dagli anni ’70 agli anni ’90, dove è quasi impossibile distinguere tra malavita e malgoverno, tra bande, mafia e servizi segreti che si servono gli uni degli altri pur avendo obiettivi completamente diversi.
Ogni personaggio della serie potrebbe farci discutere all’infinito sui suoi condizionamenti, famigliari, sociali e politici. Partendo dai tre capibanda (il Libanese, il Freddo e il Dandi), passando poi ai vari gregari che riescono a trovare ciascuno il suo momento di gloria o di annientamento, fino alle splendide figure femminili (Patrizia e Donatella), senza trascurare il nostro Ranocchia, l’amico, gay dichiarato, di Patrizia, che solo nel 7mo episodio viene brevemente messo in primo piano sia per addolcire la figura di Patrizia sia per testimoniare l’insorgenza storica dell’Aids.
Ranocchia, interpretato da Fausto Paravidino, è senz’altro uno dei pochissimi personaggi positivi della serie. Le sue brevissime apparizioni nella prima stagione servivano solo a caratterizzare un ambiente marginale, quello della prostituzione femminile, dove comunque esistono sentimenti di umanità e amicizia, e a risaltare l’omofobia populista allora dominante. Ranocchia, dietro ai suoi gesti delicati (effeminati) e alla sua testa sempre alta, porta nel suo sguardo il peso di una discriminazione volgare quanto ingiustificata. L’amicizia di Patrizia è l’unica porta aperta che la società ha saputo offrirgli. Anche quando sarà costretto alla delazione portando i bravi sulle tracce di Patrizia, quest’ultima non pensa nemmeno per un minuto che Ranocchia l’abbia tradita.
Nell’ottavo episodio Ranocchia muore di Aids, disperatamente solo, mentre Patrizia, proprio per questo obbligato abbandono, trova la forza di ribellarsi con violenza al Dandi distruggendo sotto i suoi occhi le sue preziose porcellane cinesi. L’amicizia con Ranocchia viene messa al gradino più alto nella sua scala sentimentale. Rinfaccia a suo marito Dandi l’incapacità di amare, “per te le persone sono solo come gli oggetti di cui ti circondi”.
L’Aids, rispettando i tempi storici della sua diagnosi, non viene mai nominata nell’episodio, e Ranocchia stesso, dopo che aveva creduto di avere solo “una bronchitella stagionale”, è consapevole di morire di un male che nessun dottore sa ancora cosa sia. Il commissario Scialoia, l’unico che può andarlo a trovare, gli dimostra tutta la sua comprensione e gli promette, come Ranocchia gli chiede (“Non voglio andarmene prima di averla salutata”), di mandargli in visita Patrizia prima che lui se ne vada per sempre. Patrizia, non per colpa sua, arriverà troppo tardi e si troverà davanti il cadavere, emaciato dalla malattia, dell’unica persona che l’aveva amata senza secondi fini.
Questa storia, che poteva sembrare posticcia e didascalica, viene invece integrata molto bene nella vicenda raccontata, facendo emergere importanti contraddizioni nei protagonisti principali e regalando a Ranocchia un significativo ruolo da protomartire.
Nel terzo episodio di questa seconda e ultima stagione della serie, viene sfiorato anche il tema transgender e dell’identità velata. Ruggero, un membro della banda, ha un rapporto sessuale con un trans in macchina, storia che viene scoperta in seguito da tutta la banda che lo guarda perplesso e incredula, senza però alienarlo da loro, considerando la cosa come un peccato veniale dimenticabile. Anche il transessuale, catturato insieme ai suoi due complici della rapina, verrà graziato dal freddo che lo lascia vivere per spargere la voce che “la banda non si tocca”.