"Niente baci sulla bocca" finalmente in dvd

Una intrigante e originale perlustrazione del mondo della prostituzione maschile attraverso la storia di un giovane che vede distrutte tutte le sue ambizioni e la fiducia nel prossimo. Con lui un grandissimo Philippe Noiret gay e una disperata Emmanuelle Béart.

Uscito in dvd da un paio di mesi, ma solo in questi giorni trovabile nei negozi (in poche copie, chi è interessato si affretti), uno dei più interessanti titoli gay dei primi anni novanta, diretto da André Téchiné, regista icona del mondo gay (suo anche “I testimoni”, il film più profondo e intenso sulla generazione di omosessuali che ha dovuto affrontare l’Aids), e scritto da Jacques Nolot, grande attore omosessuale, amico di Paul Vecchiali, regista del bellissimo “Avant que j’oublie” (2007), storia di un anziano omosessuale sieropositivo da lui stesso interpretato.

“Niente baci sulla bocca” è un film importante nella breve storia del cinema queer per diversi motivi. Innanzitutto ci offre una splendida, anche se breve, interpretazione di uno dei mostri sacri del cinema francese e internazionale, il grande e rimpianto Philippe Noiret, per la prima volta in un ruolo omosessuale dichiarato. Poi ci offre uno sguardo disincantato sul mondo della prostituzione maschile e dei suoi clienti, senza moralismi o enfatizzazioni. Ma soprattutto mette al centro della storia un giovane che si dichiara eterosessuale ma che poco a poco troverà in quel mondo la sua unica possibilità di sopravvivenza. Colpa di una società spietata che non si cura dei suoi figli più deboli o colpa di una società pervasa da un sentimento omofobico che costringe a mascherare le proprie inclinazioni? Il regista Téchiné vuole rimanere ambiguo su questo secondo tema, sembra rimanere freddo davanti al suo sfortunato eroe, e anche lo spettatore sente un certo distacco, spesso fatica a comprendere le sue scelte. Eppure il personaggio del protagonista è assolutamente reale, ancora oggi possiamo incontrarne moltissimi come lui agli angoli delle strade dedicate alla prostituzione maschile.

“Niente baci sulla bocca” è un titolo programmatico, che evoca un certo distacco dai sentimenti. Ma dopo aver visto il film scopriamo che in realtà i suoi personaggi sono quasi tutti, anche senza saperlo o volerlo, alla ricerca dell’amore. Lo cercano, ma quando lo trovano non riescono a gestirlo, a custodirlo, in una parola ad apprezzarlo, e così lo perdono. A cominciare dal protagonista, Pierrot (Manuel Blanc, all’inizio di una fortunata carriera nel cinema francese), un adolescente cresciuto nell’ambiente rurale dei Pirenei, amato dalla famiglia, ma insoddisfatto delle prospettive che gli offre quel semplice e culturalmente povero ambiente. Sogna la grande città, sogna di diventare qualcuno, magari un famoso attore sapendo di essere bello (ma un amico gli farà capire che non basta). Si sente disposto a tutto, anche al lavoro più umile, per raggiungere i suoi obiettivi. La sua forza gli viene, oltre che da una caparbia volontà, anche dalla fiducia negli altri imparata dalla semplice cultura contadina, dove l’aiuto reciproco è una delle principali regole di sopravvivenza. Ma sarà proprio questa fiducia la prima cosa che dovrà mettere in discussione e che si trasformerà presto in una fredda diffidenza.

Arrivato a Parigi (coi soldi che l’amorosa madre gli ha dato di nascosto) pensa di trovare asilo presso un zitella 40enne conosciuta a Lourdes, Evelyne (Hélène Vincent), una donna che ha dedicato la vita alla madre e che non ha mai conosciuto l’amore (dice che non sopporta i peli degli uomini). Evelyne, succube della madre che ha paura di perderla, è imbarazzata e vorrebbe respingerlo. Anche questo è uno dei personaggi del film che non ha ancora trovato l’amore, sempre desiderato ma mai veramente cercato. La breve e ingannevole passione per Pierrot, dirà essa stessa, è l’unico tesoro che la vita gli abbia regalato. Grazie ad Evelyne, Pierrot trova lavoro nelle cucine di un ospedale dove conosce un giovane immigrato, Said (Roschdy Zem), che arrotonda lo stipendio accompagnandosi ad un maturo omosessuale della media borghesia.

Pierrot viene così a conoscenza del mondo della prostituzione maschile, frequentato da omosessuali più o meno agiati, tra i quali il maturo Romain (un fantastico Philippe Noiret), che si distingue dai tanti perché vive pubblicamente la sua omosessualità, partecipa come intellettuale gay a dibattiti televisivi sull’argomento (sono gli anni in cui il tema dei gay e dell’aids riempiono le cronache dei media), ed è consapevole della differenza tra sesso ed amore. Altro personaggio del film, molto ben definito, ancora alla ricerca dell’amore. Una delle prime domande che farà a Pierrot è cosa farebbe se avesse molti soldi a disposizione, lasciando così capire il suo desiderio di unirsi sentimentalmente e stabilmente al ragazzo, anche al di là del sesso. Pierrot è subito spaventato dalla cosa, si sente estraneo all’ambiente gay che anzi lo spaventa e istintivamente fugge via. Ma ritornerà, dopo altre disavventure che gli faranno perdere completamente la fiducia nel prossimo e forse anche in se stesso. Alla fine si ritroverà cinico e indifferente (struggente il breve e occasionale reincontro con Evelyne in lutto per la morte della madre), freddamente determinato, lupo tra i lupi.

Pierrot si presenta come un eterosessuale convinto, ma fa terminare presto la sua storia con Evelyne (anche se usa la scusa dei soldi che Evelyne gli manda); quando crede di essere innamorato della bellissima prostituta Ingrid (Emmanuelle Béart) non riesce a soddisfarla sessualmente; dopo un tentennante inizio scopriamo che non ha problemi a prostituirsi; ad un certo punto si propone volontariamente come amante di Romain… Probabilmente anche la sua identità sessuale gioca un ruolo significativo nel suo difficile percorso di vita e il finale del film potrebbe essere l’inizio di un confronto con se stesso che prima o poi dovrà arrivare.

Oggettivamente il film si presenta come la costruzione di un eroe negativo, o meglio di un perdente (il ragazzo scoprirà di non avere nessun talento) che per sopravvivere deve usare le stesse armi che gli altri hanno usato contro di lui. L’omofobia interiorizzata potrebbe essere uno dei fattori chiave per comprendere le reazioni, le paure e i comportamenti del nostro giovane protagonista. L’amore per Ingrid potrebbe essere più desiderato che reale; la stessa prostituzione potrebbe essere intesa più come un canale di sfogo che come una mera necessità venale; la stessa fuga dal paese natale potrebbe essere vista come inconscia ricerca di libertà, ecc. ecc.

Come dicevamo il regista sembra non prendere una posizione chiara, a Téchiné interessa più dell’analisi psicologica o sociologica, la rappresentazione intima e magari contradditoria (come spesso succede nella realtà) di personaggi e situazioni che costruiscono un mirabile e realistico affresco di una fetta della societa contemporanea. Ancora attualissimo.

Qui sotto alcune immagini del film:

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