WEEKEND AL 24mo FESTIVAL MIX

Abbuffata di ottimi corti, premi alle icone gay del 2010 Lella Costa e La Pina, Tatti Sanguineti (foto) che ci spiega la censura al cinema dalle origini ad oggi, altri splendidi film in prima italiana tra i quali il bellissimo “El Ultimo Verano de la Boyita”

Un weekend intenso e senza un attimo di tregua al Festival Mix di Milano coi pomeriggi dedicati ai cortometraggi, le serate con grandi film che hanno riempito la sala (ma altrettanti si godevano il sagrato fino a notte inoltrata con musica e balli), Diego e La Pina che animavano i due appuntamenti con Brain Sexy dedicati a Lella Costa col suo libro “La sindrome di Gertrude” e a Pier Maria Bocchi col suo libro “Musical! Sex! La rappresentazione dei sessi nel Musical hollywoodiano“.

Il momento clou di sabato sera è stata la consegna dei premi Queen of Comedy a Lella Costa, diventata così la regina delle icone gay di quest’anno dopo avere ricevuto anche la tessera di socia onoraria Arcigay al Pegaso d’Oro 2010, e il primo premio Queen of Music assegnato a La Pina.

 

Lella Costa è arrivata sul palco sommersa dagli applausi, e affettando i modi di una grande diva internazionale ha iniziato raccontando in inglese come suo padre l’abbia indirizzata verso il successo. Indossava un vestito da bambola, lo stesso che portava al gay pride di Genova un anno fa e in merito ha detto che le è sembrata una cosa carina perchè vuol dire che il vestito è suo e non prestato, ma soprattutto vuole significare una continuità d’impegno nell’esserci vicina vicina e di condivisione, poi, ha detto ci tengo a presentarmi bene, sto attenta all’estetica, cosa che ci accomuna pazzamente… Ha anche detto che “è bello essere gay onorari perchè hai tutti i pregi e nessuno dei difetti (perchè qualche difettuccio c’è)…” scatenando gli applausi del pubblico.

 

E’ poi stato consegnato il primo premio Queen of Music a La Pina di radio Deejay che ha ringraziato dicendo: “Credo che il nesso tra il cinema e la musica sia forte, in qualche modo la musica è la colonna sonora della vita… Voglio dedicare questo mio premio a un regista che è scomparso poche settimane, Corso Salani, che era anche mio cugino e che si divertirebbe molto a vedermi ritirare un premio al Festival del cinema… poi lo voglio dedicare a Diego perché è un mio grande sostenitore, dice che le mie canzoni gli piacciono da morire… e poi lo dedico ad Emiliano che mi ha fatto tornare la voglia di fare la musica e quindi da settembre mi sentirete suonare di nuovo”. La Pina ha poi accolto sul palco Karima che si è brevemente esibita in un brano canoro esaltando il pubblico.

Premiato da un buona partecipazione di pubblico l’incontro e il dibattito con Tatti Sanguineti sulla censura (un tema a cui ha dedicato tutta la vita) che ha ripercorso la storia dei divieti e dei tagli che hanno colpito il cinema italiano dalle origini ad oggi. Tatti, prima di presentarci parte del suo documentario “Italiataglia“, ci ha raccontato tanti episodi poco conosciuti sui momenti più difficili vissuti da Pasolini mentre veniva perseguitato per le sue opere giudicate blasfeme, poi anche di Visconti, Fellini, ecc. Una iniziativa estremamente interessante, che ha coinvolto e stupefatto gran parte del pubblico e che speriamo possa ripetersi nelle edizioni successive del Festival con altri argomenti.
Questa sera e domani si prosegue il discorso con la proiezione di Salò e di Ultimo tango a Parigi, due film, dei quali ricorre il quarantennale, che hanno dovuto affrontare una vera e propria guerra con l’Italia codina e reazionaria di quegli anni (ma oggi è subentrata la censura del mercato che forse è ancora peggiore perché non permette rivincite).

Parliamo ora dei film che abbiamo visto, con l’esclusioni di quelli che vi abbiamo già raccontato dal Festval gay torinese.

CORTOMETRAGGI

Tra i corti lesbici di sabato, tutti molto divertenti, troviamo qualche piccolo capolavoro, come Dyke Dollar che ci parla di un’interessante iniziativa degli attivisti lgbt americani, che stampano sui dollari la scritta “Gay dollar” o “Dyke dollar”, per mostrare come anche i gay e le lesbiche contribuiscano con i loro soldi al benessere nazionale, senza ricevere in cambio gli stessi diritti degli altri. Qui un malcapitato ragazzino oltre a ricevere in resto un “Dike Dollar” per magia si ritrova alle costole anche una enorme lesbica-sandwich a forma di dollaro, che lo segue ovunque insegnandogli tutto quanto serve sapere sulla discriminazione delle lesbiche e dei gay. Quando ad un certo punto il ragazzo decide di dare il “Dyke dollar” in mancia al cameriere di un bar lo fa con dispiacere, perché si era affezionato all’ingombrante e invadente dyke. Veramente esilarante il corto “Tools for fools” che parla di una meritevole iniziativa imprenditoriale, che contribuisce a calmierare i prezzi dei ‘giocattoli sessuali’, comprando ‘giocattoli’ usati e rivendendoli a metà prezzo una volta restaurati.
Tra i corti gay il più divertente ci è sembrato “Freequent traveller” in cui un viaggiatore aereo si fa ripetutamente trovare con oggetti metallici addosso passando attraverso il metal detector, per farsi accuratamente ispezionare da un bell’agente di polizia ormai esasperato dalla cosa.
Il migliore corto gay ci è parso “Nightswimming” che racconta di una coppietta di adolescenti etero, che si introducono di notte in una piscina per fare sesso, ma vengono scoperti dall’anziano sorvegliante, che gli permette di restare, ma poi li spia. Inaspettatamente è lo stupendo adolescente a provarci con l’adulto, il quale seppure molto tentato si tira in dietro.

Tra i corti gay di domenica diversi riguardano primi amori tra ragazzi adolescenti e sincere amicizie tra ragazzi gay ed etero. In “Friday’s child” un ragazzino, che pensa di essere venuto un po’ male, perché nato di venerdì, trova l’amore con un solitario graffitaro. In “Boy meets boy“, che copre una curiosa carenza quest’anno di film asiatici, racconta del casuale incontro, con ravvedimento e love story, tra un ragazzino da poco picchiato e rapinato e uno dei componenti della banda di teppisti.
Nel francese “En Colo“, che fa parte di una serie di corti contro l’omofobia sponsorizzato dal Governo francese, i compagni di scuola di un ragazzo gay, si decidono a rispettarlo dopo il coming out del loro virile istruttore ( e già da prima un compagno non sgradiva il contatto con lui)
Discorso diverso per “My name is love” in cui un adolescente che lascia la fidanzata in discoteca per andare alla ricerca di esperienze gay, finisce addescato da un gay represso sposato che lo violenta.
Nel bellissimo corto argentino “Amor crudo” viene raccontata la forte amicizia, anche consumata, tra due studenti, uno dei quali è gay, mentre l’altro ricambia sinceramente il suo amore, ma come amico.
In “Non love song” abbiamo quasi lo stesso argomento dei due amici che devono separarsi con la fine della scuola, anche se qui i sentimenti del ragazzo gay sembrano essere molto meno ricambiati. Il delizioso “Zucht” ci ricorda che spesso gli adulti sono oggetti inconsapevoli dei desideri dei bambini. “The single mother” il corto più divertente della giornata, parla delle disavventure di un giovane desideroso di diventare ad ogni costo madre di un bambino. Dopo vari tentativi surreali, il finale a lieto fine risolve le cose nel modo più semplice e tradizionale, con l’incontro con un bel paparino single. “The marriage of true minds” ci ricorda come dietro molti casi di immigrazione in Europa da paesi arabi come l’ Iraq, ci siano tristi storie di repressione omofobica. (R. Mariella)

+ o – IL SESSO CONFUSO

Uno dei documentari più articolati e completi mai realizzati sul tema dell’Aids. Il regista Andrea Adriatico ha detto che era interessato più che alla vicende storiche della malattia alle riflessioni e reazioni che essa ha suscitato nelle persone che in un modo o nell’altro l’hanno avvicinata. Il film ci racconta comunque molto bene anche la sua storia, divisa per decenni, attraverso le parole di tanti personaggi, a partire dagli scienziati che l’hanno studiata, come l’infettivologo Aiuti, fino ai malati sopravissuti grazie alla combinazioni di alcuni inibitori. Il film si compone essenzialmente da una lunga carrellata di interventi, ambientati ognuno in luoghi o paesaggi differenti, che danno movimento alle scene, ma che ci aiutano anche ad entrare nello spirito del personaggio che parla. Il film cattura il nostro interesse dall’inizio alla fine, sia per le utili informazioni che offre, sia per l’emotiva partecipazione dei protagonisti. Passando dall’angoscia e dalla carneficina dei primi anni fino alle speranze di vita riacquistate oggi da tanti malati, non può ancora dire una parola definitiva su questa pandemia (Aiuti dice che non vede all’orizzonte nessuna cura o vaccino), ma senz’altro ci aiuta a confrontarci con questo problema in modo civile e dignitoso. Voto: 8 perché più di un documentario è un film sulla drammatica vita di tanti.

STONEWALL UPRISING

Pensavamo che di un ennesimo doc sulla rivolta di Stonewall non ci fosse bisogno, invece questo film ci ha sorpresi per la ricchezza di informazioni e riflessioni che offre al pubblico, soprattutto quello più giovane. Molta parte viene dedicata a come era la vita gay prima della rivolta di Stonewaal, definita come l’inizio dell’intifada omosessuale. Tremendo vedere come la società e i mezzi di comunicazione trattassero i gay negli USA prima del 1969: nel migliore dei casi erano presentati come dei malati o delle persone che volontariamente si erano scelti quella sessualità. Ancora nel 1969 lo Stonewall Inn, aperto nel 1967, era l’unico locale di New York dove era permesso agli uomini di ballare tra di loro. La parte centrale del film è dedicata alle testimonianze di coloro che parteciparono attivamente alla rivolta del 1969, purtroppo non documentati da nessun filmato dell’epoca, tanto che non sappiamo con certezza se durarono tre, cinque o più giorni e notti come affermato da diverse fonti. La rabbia dei rivoltosi viene molto bene esemplificata dalle parole di John O’Brien, in prima linea in quei giorni, che dice che “eravamo talmente infuriati che volevamo colpire per uccidere quei poliziotti”. Ma, ci dice il film, la vera rivolta è stata negli anni successivi, a partire dal primo anniversario di Stonewall, dove in tutto il mondo sono iniziate manifestazioni e parate per la rivendicazione dei diritti, primo tra tutti quello all’esistenza. Voto 7½ per la capacità di ricaricarci, forti anche della nostra storia.

EL ULTIMO VERANO DE LA BOYITA

Un film bello e struggente sul passaggio all’adolescenza e la scoperta del proprio corpo e della propria diversità. Questa volta si tratta di diversità anatomica piuttosto che fisiologica, e non c’entrano l’omosessualità o transessualità come normalmente l’intendiamo. Il problema è però ancora quello della paura del diverso, generata da un ambiente povero ed ignorante come quello rurale, dove i ruoli di ognuno sono definiti da secoli e i pettegolezzi possono distruggere una vita. La storia del film, con felice intuizione, è raccontata da una bambina figlia della media borghesia, un dottore che ha da poco acquistato una fattoria, e che si sta affacciando alle prime curiosità sul sesso (guarda di nascosto i libri illustrati di anatomia del padre). Mentra la madre e la sorella sono in vacanza al mare, lei accompagna il padre in una visita alla fattoria, condotta da una famiglia di lavoranti semplici e rispettosi del proprietario. Il figlio di questi è un bel ragazzino tredicenne desideroso solo di accontentare il padre vincendo il torneo della corsa a cavallo del paese. Nel film assistiamo al confronto tra due mondi, quello della protagonista e quello del ragazzo contadino, che inizialmente sembra avvenire in modo tranquillo e delicato con l’inattesa amicizia tra il ragazzo e la bambina. L’atmosfera diventa più cupa e drammatica quando arrivano le prime mestruazioni del ragazzo… Una sceneggiatura dosata ed efficace, dei personaggi che si scolpiscono nella mente (dal volto della madre piangente, alla discrezione del dottore, alla disperazione del padre e soprattutto all’innocente curiosità dell’intelligente bambina e al volto rassegnato ma deciso del ragazzino), e dei paesaggi esterni ed interni che ci hanno ricordato il cinema di Ermanno Olmi, contribuisco alla creazione di un piccolo capolavoro a cui diamo senz’altro un bel 9.


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