PIANGENDO CORSO SALANI

Sconvolti dall’improvvisa perdita di Corso Salani, gli dedichiamo un breve ricordo ammirato e commosso. E’ stata una delle rare figure del cinema italiano contemporaneo realmente democratica ed aperta, impegnato nella ricerca di una libertà espressiva totale, sempre incurante dei condizionamenti …

Ci ha colpiti come un fulmine a ciel sereno la morte improvvisa di Corso Salani, uno degli autori più stimolanti e impegnati del cinema italiano. E’ deceduto per un improvviso malore mercoledì sera sul lungomare di Ostia, dove stata passeggiando con la moglie Margherita dopo una intensa giornata di lavoro al montaggio del documentario “I casi della vita” una docu-fiction sulle morti sul lavoro. Aveva solo 48 anni.

Dedichiamo questo breve ricordo a questo personaggio eterosessuale (felicemente sposato, ammetteva, scherzando, che spesso s’innamorava delle attrici che lavoravano con lui) perchè era per noi l’emblema di una figura libera ed aperta, attenta alle problematiche sociali, del tutto estraneo alle logiche del mercato e del successo personale. L’impegno civile e l’attenzione per il sociale sono state infatti due linee guida che hanno segnato profondamente la sua carriera.

Nel suo lavoro di attore e di regista non ha mancato di toccare le nostre problematiche, senza paure o ambiguità. Come attore ha partecipato al film “Il vento di sera” di Andrea Adriatico, nel ruolo di Paolo, il compagno di un uomo che viene ucciso per caso, e che lui aspetta invano per la cena e che invece dovrà andare a cercare in ospedale dove, non essendo un parente ufficiale, verrà respinto da dottori e infermieri. Sempre come attore partecipa in un ruolo secondario anche ad un altro film di Andrea Adriatico, “All’amore assente”, enigmatica storia di un uomo sposato che scompare lasciando moglie e amante uomo. Nel 2009 dirige il suo ultimo film “Mirna”, l’originale storia del viaggio di una giovane donna che fugge attraverso le Ande portandosi con sè il ricordo della sua ex compagna, presente attraverso la macchina da presa con cui lei parla e che l’avvolge, quasi toccandola, come una presenza viva. Una originale e intensa storia d’amore lesbico sullo sfondo di bellissimi paesaggi andini.

Corso Salani ha anche seguito la prima campagna regionale di Nichi Vendola, nel 2005, realizzando il documentario “C’è posto in Italia“, un ritratto a tutto campo della figura del primo politico gay italiano eletto presidente regionale. Vendola, appresa la notizia della morte di Corso ha dichiarato: “Sono sconvolto per la scomparsa improvvisa del mio caro amico Corso Salani. Credo che il cinema italiano abbia perso, in una violenta manciata di secondi, lo sguardo bellissimo, attento e profondo di un grande regista di film e di documentari, ma anche di un grande attore e sceneggiatore, sempre in bilico tra realtà e finzione, tra inchiesta e poesia, ma sempre con quella sua voglia di raccontare a tutti i costi la verità. Corso mi ha seguito per trentatré giorni con una piccola troupe cinematografica durante la mia prima campagna elettorale nel 2005. È stato un compagno di viaggio prezioso per me. Con la sua discrezione, la sua nobile riservatezza e il suo essere taciturno, Corso mi ha insegnato a cogliere i silenzi, ad interpretare e a indagare il non detto. Mi ha seguito con affetto e con straordinaria profondità. E di questo voglio ringraziarlo ancora, per un’ultima volta”.
Marco Risi, regista del film “Il muro di gomma” dove Salani debuttava come attore, ha detto: “Corso era una persona preziosa, gentile, educata, uno che non se la tirava. Era la persona che avrei voluto essere”.

Riportiamo alcuni passi dalla voce a lui dedicata sul Dizionario dei Registi di Einaudi, scritta da Grazia Paganelli:

Il tempo, la memoria intima che si inscrive nei fatti della Storia, la realtà vista da un punto d’osservazione del tutto personaie, irripetibile anche se frutto di riflessione profonda. Tutto questo è nel suo cinema: sette lungometraggi, alcuni documentari realizzati per la televisione e qualche cortometraggio (tra cui lo splendido “Eugen si Ramona“, girato durante la rivoluzione rumena del 1989) in cui si sente forte il segno di un’indipendenza sui generis, nell’impossibilità di identificarlo con qualsiasi altro esempio di cinema italiano. Mai solo fiction, mai solo documentario, mai solo diario, ma tutte queste cose insieme che si mescolano e si contaminano ogni volta in forme e modi differenti, a volte imprevedibli, eppure, sempre, necessari. Il racconto come strumento per aggiungere verità a quei vuoti e quei silenzi che s’incontrano e s’impastano nel tessuto narrativo, mentre il documentario rappresenta lo strumento ideale per indagare e descrivere gli spazi. Nella maggior parte dei casi, si tratta di luoghi marginali (Gibilterra, l’Argentina degli immigrati italiani, la Romania), in cui converge il duplice desiderio di mettere in scena lo spaesamento dei personaggi, e una ricerca costante del confronto con altre persone, altri mondi e altre lingue. Tra identificazione e distacco, Salani trova sempre l’equilibro tra la sfumatura autobiografica e l’osservazione del mondo, invitando ad allargare lo sguardo oltre i limiti dell’inquadratura, legando tra loro i film grazie a sottili richiami: gli stessi gesti, gli stessi attori, i nomi dei personaggi da lui interpretati che si ritrovano nel corso del tempo… Marginale, per scelta, è la stessa collocazione di Salani nel sistema produttivo italiano. I film rispecchiano il desiderio d’una totale libertà espressiva, e quindi anche produttiva, che spinge l’autore a rifiutare le appartenenze, riuscendo a realizzare i propri film con budget minimi e troupe ridotta. Esempio di questo sono i due documentari: Tre donne in Europa, girato tra Ungheria, Lettonia e Polonia, e C’è un posto in Italia, ritratto di Nichi Vendola.


Corso Salani riceve il premio Cineasti del Presente al Festival di Locarno nel 2007


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