Quarta giornata al 25° togay

Film trasgressivi come l’incestuoso “Do Começo ao Fim” (foto a lato); spledido affresco dell’inghilterra anni ’80 nel film tv “The line of Beauty”; quasi capolavori come “El consul de Sodoma”; tanti bei corti, ecc.

Mai visto, in tanti anni che seguiamo il Festival, un lunedì non festivo, pomeriggio e sera, con sale piene e alla sera addirittura con spettatori che non hanno potuto entrare.

Forse questa è stata la giornata del Festival più trasgressiva, a iniziare dall’atteso “Do Começo ao Fim”, uno dei tre film già acquistati dalla neonata società di produzione e distribuzione ATLANTIDE ENTERTAINMENT che lo pubblicherà nella nuova collana QUEER FRAME (50 nuovi titoli lgbt entro l’anno). L’altro momento spinto della giornata è stato il bellissimo corto “Professor Godoy” di Gui Ashcar con un adolescente che s’innamora e corteggia insistentemente un professore anziano. Per terminare con la sezione notturna dei film porno-lesbo spinti fino al sadomaso. Occorre anche dire che gran parte dei film continuano a regalarci splendidi e insistiti nudi, come nel secondo film di Scud, “Permanent Residence”, passato oggi, e qualche membro eretto è visibile anche nell’intrigante “El Consul de Sodoma”. Perfino il bellissimo film prodotto dalla BBC, la mini serie di tre ore “The Line of Beauty”, non ci risparmia scene di sesso gay che la nostra RAI riuscirà a produrre solo nei secoli a venire!

“THE LINE OF BEAUTY”

Tre ore di splendido cinema, una specie di “Brideshead Revisited” aggiornato agli anni ’80, naturalmente assai più esplicito e soprattutto quasi completamente focalizzato sugli amori e sulle avventure gay del protagonista. Attraverso la storia del giovane Nick Guest, che, infatuato del compagno di college sfortunatamente etero, Tod Feddens, rampollo di un’altolocata famiglia con padre deputato nei Tory, lo accompagna nella sua ricca dimora londinese, dove vi rimarrà per 4 anni, praticamente come se fosse un altro figlio. La cosa strabiliante, visto il periodo e visto l’ambiente conservatore, è che il nostro protagonista si presenta subito come gay a tutta la famiglia, che, purchè non se ne parli troppo, accetta con noncuranza la cosa. La vicenda ci offre anche un interessante sguardo sull’emergere dell’aids e i drammi personali collegati. Insomma un film girato benissimo, senza risparmiare nelle scenografie, interpretato meravigliosamente, che ci offre, oltre alla maturazione di un giovane omosessuale, un ritratto spietato della borghesia britannica, Tatcher in testa. Urge una petizione perché venga trasmesso dai nostri canali tv!

“Do Començo ao Fim” di Aluisio Abranches

Film brasiliano che ci racconta con estrema delicatezza e poesia, quasi fosse una favola, la dirompente passione gay che accompagna due fratellastri sin dalla loro infanzia. Divertentissime le scenette in cui si vede crescere l’affettuosità dei due bimbi sotto gli occhi increduli e perplessi della madre, che inizia da subito a preoccuparsi insieme al secondo marito. Fortunatamente non prendono nessuna iniziativa per separare i due ragazzi che presto vediamo splendidi e atletici ventenni che hanno ormai sessualizzato la loro grande affettuosità. Anche l’unico genitore vivente sembra essersi adattato a questa incestuosa relazione, lasciando addirittura vivere i due giovani da soli nella bella casa di famiglia. L’obiettivo principale del regista sembra quello di farci comprendere e giustificare questo grande amore-passione, offertoci in raffinate sequenze di ripetuti amplessi (forse un po’ troppo patinati). Resta comunque il fatto che procura un piacere incredibile vedere una storia di passione gay che può battere 4 a 1 tante altre storie di passione etero viste fino ad oggi.

“Permanent Residence” di Scud

Ancora un bellissimo film su una grande passione amorosa che coinvolge la vita di due splendidi e atletici ragazzi orientali, che fanno risparmiare moltissimo nel budget dei costumi per il film. Scherzi a parte, questo primo film del regista cinese Scud è forse anche più bello di “Amphetamine”, il film in concorso, e come questo usa il corpo nudo maschile per comunicare le sensazioni più profonde e poetiche di questa originale storia. Senz’altro il dramma amoroso del film è da subito molto esplicito e meno ambiguo del successivo film, anche se si tratta sempre di un amore che non riesce a completarsi, in questo caso perché abbiamo l’incontro tra un ragazzo gay ed uno assolutamente etero. Eppure l’amore ci sarà e l’incontro dei corpi sarà in qualche modo totale. Il regista sembra volerci dire che l’amore può nascere ovunque, indipedentemente dagli orientamenti, dalle caste, dalle attitudini, ecc. Un amore che può riempire una vita anche al di là del sesso. Forse siamo ancora nel mondo dei sogni, ma spesso, le situazioni estreme, nascondono grandi verità. Il film si disperde leggermente nei complessi andirivieni del finale, ma ha segnato senz’altro la nascita di un promettente autore.

“El cònsul de Sodoma” di Sigfrid Monleon

Bellissimo film biografico sulla vita del poeta spagnolo Jaime Gil de Biedma (Barcellona 1929-1990). Ci viene subito spontaneo fare un paragone con l’altro importante film biografico dedicato ad un poeta spagnolo ( Federico Garcia Lorca), presente a questo festival:”Little Ashes” di Paul Morrison, anch’esso ad alto budget ed esteticamente molto curato. Jaime Gil de Biedma (interpretato dal fascinoso Jordi Mollà) rispetto a Lorca è stato un poeta meno importante (ha pubblicato solo tre raccolte di poesie), ma sicuramente un uomo più fortunato. Figlio di un importante uomo d’affari, era bambino durante la guerra civile (quando quelli come lui venivano fucilati) e riesce a superare quasi indenne il periodo franchista, nonostante fosse un poeta comunista con una vita notturna poco raccomandabile. Questo anche perché durante il giorno egli riusciva a portare avanti la sua attività di dirigente nell’azienda di famiglia, lavoro che lo portò a soggiornare per lunghi periodi nelle Filippine ( Il titolo del film si riferisce al fatto che egli era stato anche nominato console onorario delle Filippine in Spagna). Egli prediligeva gli amanti prezzolati raccolti nei quartieri malfamati, eppure vediamo che spesso da questi incontri (descritti con molto realismo erotico) nascevano delle vere storie d’amore, che finivano male solo perché era lo stesso Jaime a provocarne la fine, facendo inconsapevolmente pesare l’enorme divario culturale e sociale tra di lui ed i suoi compagni. Il film ci racconta anche di un’unica importante relazione eterosessuale, con la bella ed eccentrica divorziata Bel (interpretata da Bimba Bosé nipote di Mighel), la cui morte in un incidente stradale porta Jaime a tentare il suicidio. La storia arriva fino ai giorni nostri. Egli si ammala di AIDS e muore a 60 anni nel 1990. (R. Mariella)

CORTOMETRAGGI IN CONCORSO E PRESENTAZIONE DI GUS & WALDO (a cura di Gaia Borghesi)

THE GUS&WALDO SHOW di Massimo Fenati

Qualche piccolo sketch animato per introdurre il libro, scritto a sua volta da Massimo Fenati, con le avventure di Gus e Waldo, due pinguini maschi che vivono serenamente e liberamente il loro amore. Il regista si è ispirato alla coppia di pinguini omosessuali newyorkesi, che aveva destato scandalo qualche tempo fa. Il pubblico sorride divertito per la simpatia con cui vengono presentate “storie di ordinaria follia”. (Voto 8)

LOVING LORETTA di Andrea Gutsche

Cortometraggio interamente ambientato in un diner texano. Le protagoniste sono un gruppo di cameriere, con le rispettive situazioni sentimentali, e l’affascinante e seduttiva cowgirl Loretta. Quest’ultima, un po’ per gioco un po’ con malizia, dà lezioni agli omaccioni del Texas su come si conquistano le donne, facendo complimenti per un taglio di capelli e regalando mazzi di fiori. Loretta però appare a tratti cupa, probabilmente per il sentimento che prova nei confronti di Lilly e che difficilmente si concretizzerà, dato che lei è sposata.
Una sera, poco dopo l’orario di chiusura, arriva al diner una combriccola tutta al femminile e la scusa è buona per far festa. Forse solo così le due donne lasceranno scivolare via le paure e si lasceranno andare. (Voto 7)

MY NAME IS LOVE di David Fardmar

Love è un ragazzo di 22 anni a cui piace uscire per bere qualcosa e divertirsi. Ma una sera qualcosa sembra cambiare quando incrocia Sebastian, il quale lo invita a casa sua. Questa volta Love è deciso a lasciarsi andare, anche se non l’ha mai fatto prima, perché Sebastian è un bel ragazzo e sembra gentile. Le cose però prendono la piega sbagliata, a causa probabilmente di un’omofobia interiorizzata da parte del del ventottenne, che prima seduce dolcemente Love e poi lo violenta. Il cortometraggio si chiude davanti alla stazione di polizia, riuscirà il ragazzo a sporgere denuncia? (Voto 6)

THE BEST IS YET TO COME di Eunice Wu

Il passaggio della Proposition 8 in California è la cornice di questo cortometraggio, il cui soggetto è una coppia lesbica mista. Le due, entrambe molto giovani, discutono di matrimoni e convivenze e, trovandosi in disaccordo, si lasciano. Abbattuta dalla mancanza e dal senso di colpa però, la ragazza americana si rende conto che le divergenze culturali che l’hanno sempre allontanata sono la vera ricchezza della sua relazione. Basterà imparare il mandarino per farsi perdonare? (Voto 6)

DELPHINIUM: A CHILDHOOD PORTRAIT OF DEREK JARMAN di Matthew Mishory

Un cortometraggio travestito da documentario che ripercorre il “martirio” del noto regista inglese Derek Jarman, durante il periodo adolescenziale. Purtroppo però la regia di Delphinium non è delle migliori, con atmosfere troppo dark e continui, e a tratti poco interpretabili, flashback con filmati d’epoca.
Cortometraggio comunque ultile per chi vuole approcciare la figura di Derek Jarman, il cui impegno come attivista gay ha influenzato la storia del movimento GLBT inglese. (Voto 5)

PROFESSOR GODOY di Gui Ashcar

Delicato cortometraggio che parla dell’amore apparentemente impossibile tra un professore di matematica e un suo studente, che si invaghisce di lui. Molto teneri i biglietti che quest’ultimo gli lascia nei compiti in classe, come un logaritmo da risolvere che dà come risultato: x = me elevato a te. Finché durante le vacanze di Natale, il ragazzo trova il coraggio di presentarsi a casa di Godoy con un regalo e un altro biglietto con scritto: “se la variabile i è data da te + me, allora provami che i esiste”. Il professore lo respinge, probabilmente troppo spaventato dalle conseguenze di quella storia. Adesso però ha due ore di tempo per decidere se esserci o meno all’appuntamento, per dimostrare, soprattutto a se stesso, che l’amore, quando c’è, non può essere ingabbiato fra due parentesi. (Voto 7)

UN’INDAGINE SULLA SESSUALITA’ SAFFICA (a cura di Gaia Borghesi)

OH MY GOD! & BACK TO LIFE di Anne Sewitsky & Desi del Valle e Hollie Lemarr

La serata dedicata alla sessualità lesbica si apre con questi due cortometraggi, che sfiorano il tema da due punti di vista molto diversi.
Oh My God! ha come protagoniste tre ragazzine delle elementari che approcciano per la prima volta e individualmente l’esperienza sessuale, incuriosite dall’idea di raggiungere l’orgasmo. Le protagoniste di Back To Life invece sono molto più mature e condividono un’intensa notte d’amore, ma qualcosa turba una delle due, che sente il bisogno di parlare di quello che è accaduto.
Dal canto loro, le bambine fanno divertire il pubblico con l’innocenza e l’ingenuità con cui affrontano il tema della masturbazione. La più esperta delle tre (la versione bionda e femminile di Valerio Scanu) svela il segreto per raggiungere l’orgasmo: solo dopo averlo scaldato a 37° si può usare il cucchiaino per stimolare il punto G.
Uno dei momenti più divertenti di Back To Life è invece proprio all’inizio; il cortometraggio si apre infatti con una scena di sesso e nei titoli di testa compare la casa cinematografica produttrice del film: Chula Pictures. (Voti 6 e 5)

AND THEN CAME LOLA di Ellen Seidler e Megan H. Siler

Una divertente commedia che vede come protagonista Lola (bravissima Ashleigh Sumner), un’affascinante quanto sbadata fotografa. La sua ragazza, Casey (Jill Bennett), sembra essere al limite della sopportazione quando le telefona, interrompendola proprio sul più bello di una delle sue fantasie, per farle sapere che le hanno anticipato una riunione. Lola promette sicura che ci sarà, ma deve fare i conti con tutti gli imprevisti che le capitano, a partire dal fatto che si è dimenticata di sincronizzare l’orologio sull’ora legale e dunque ha un’ora in meno per arrivare dall’altra parte della città. Nel frattempo Casey cerca di intrattenere Danielle (Cathy DeBuono), una sua vecchia amica che le sta offrendo un posto di lavoro nella sua società, un’importante occasione di crescita professionale. Mentre le due flirtano, a Lola ne capitano di tutti i colori, dai ganci alla macchina alla perdita del cellulare, in seguito alla fuga da un cane dall’aspetto decisamente poco amichevole. Oltretutto Lola deve passare a ritirare delle stampe al negozio di Jen, la sua ex, prima di raggiungere Casey. Le ci vorranno ben tre tentativi per riuscire ad arrivare puntuale, ma forse non in tempo.
Il pensiero individuale delle protagoniste sul concetto di sessualità fa da corona a questo film, una spassosa parodia di “Lola Corre”, insieme a riflessioni sull’impegno e sulle relazioni a lungo termine. Lola sembra più portata per le avventure che per i rapporti stabili, ma l’amore può rendere imprevedibili.
Film molto carino per passare una serata in compagnia e fare quattro risate, quattro chiacchiere oppure… quattro salti! (Voto 8)

BELLE DE NATURE / ECSTASY IN BERLIN, 1926 / SEX MANNEQUIN: retrospettiva su Maria Beatty

Si è parlato molto della pornografia lesbica, molto sfruttata per un target maschile (etero) ma quasi totalmente assente per il pubblico femminile (omosessuale). Le premesse per questa retrospettiva sulla regista Maria Beatty sono dunque molto interessanti e le aspettative si alzano, soprattutto dopo lo scarso successo di Bandaged, alquanto morboso e poco erotico. “Sebbene Maria Beatty, regina del cinema porno a Berlino, si guadagni da vivere con la vendita dei suoi film agli uomini, il suo sguardo e la sua indagine cinematografica sono prettamente femminili“, così ci dice Margherita Giacobino.
Il primo di tre film, Belle de Nature, un cortometraggio, lascia dunque il pubblico molto perplesso. La protagonista è una donna che cammina nuda in un bosco, alla ricerca di una fusione totale con la natura, attraverso la sessualità. Di un pallore quasi innaturale, la giovane seduce e si lascia sedurre dagli elementi, come se si abbandonasse a una ninfa, che però ha istinti sadomasochisti e sembra divertirsi a sferzarla con i rami degli alberi. Probabilmente però il film raggiunge il climax, questa volta discendente, quando vermi e scarabei stercolari diventano “le armi di seduzione” di questa ninfa invisibile.
Più estetico invece Ecstasy In Berlin, 1926, ma anche decisamente più orientato sul sadomaso. Protagoniste due donne in improbabili corpetti anni Venti, che ci fanno fare un viaggio attraverso i vari strumenti della sessualità fetish e sadomasochista. Siringhe, tacchi a spillo, collane di perle, piercing, gatti a nove code, frustini e fruste mortificano e degradano il corpo femminile, mettendo il pubblico a disagio, tanto che la sala si svuota appena finisce il film. L’applauso alla fine è più liberatorio che altro, ma probabilmente non è questo l’effetto che voleva suscitare Maria Beatty.
Le stoiche spettatrici rimaste a questo punto si aspettano molto da Sex Mannequin e, dal punto di vista pornografico, non vengono deluse. Sempre due donne come protagoniste, anche se una delle due sembra essere un manichino che prende vita e l’altra assomiglia più a Billie Blaikie (Alan Cumming) di The L Word. Ancora una volta dunque si assiste ad una disumanizzazione del corpo femminile. Inoltre non può mancare l’aspetto sadomasochista, a quanto pare inscindibile dall’esperienza sessuale. Le forti sculacciate fanno sussultare e la pratica del fist fucking fa sospirare, ma probabilmente non si tratta di piacere, visto che il pubblico non vede l’ora che il film finisca.
Se questo è lo sguardo femminile sull’erotismo al femminile, forse dopotutto hanno ragione: l’Italia è un paese all’antica, anche per quanto riguarda la sua comunità lesbica.

La regista Eunice Wu


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