"Cado dalle nubi" quasi un film gay

Una commedia semplice che arriva diretta al cuore degli spettatori. Divertente e con un messaggio altrettanto semplice ma chiaro contro tutti i pregiudizi.

Bravo Checco Zalone, protagonista e ispiratore di una piacevole commedia, “Cado dalle Nubi” di Gennaro Nunziante , che, con garbo, mette in ridicolo i peggiori pregiudizi che, purtroppo stanno tuttora animando la vita sociale e politica del nostro Paese. Primo fra tutti, anche nel film, l’omofobia e la paura del diverso che costringe molti omosessuali ad una vita nell’anonimato, quasi clandestina.

Nel film insieme alla storia di Checco, un sempliciotto del sud, abbandonato dalla fidanzata, che pensa di trovare fortuna a Milano nel mondo della canzone, abbiamo in parallelo la storia di due gay che si amano e convivono da dieci anni a Milano. Alfredo (Dino Abbrescia) è il cugino di Checco, anch’esso fuggito dal Sud per potersi realizzare e vivere la sua omosessualità lontano da un ambiente omofobo. Manolo (Fabio Troiano) è il suo compagno, gay sereno e dichiarato che vorrebbe essere tale anche per i genitori e parenti di Alfredo, che invece sono all’oscuro di tutto.

Quando Checco arriva a Milano, ospite dal cugino Alfredo, mette subito in crisi i due conviventi gay, divisi sull’eterno dilemma del coming out pubblico. Il film utilizza molto bene la comicità del gay stereotipato, questa volta non gratuita ma impiegata con uno scopo ben preciso, quello di costringere alla visibilità il timoroso Alfredo.

La platea ride di gusto e con benevolenza nei confronti dei nostri due eroi gay, che ci regaleranno anche momenti di vera commozione, rari in una commedia comica, come quando finalmente riusciranno a fare il coming out coi genitori o quando raccoglieranno il bouquet degli sposi, bellissimo messaggio che la regia manda al pubblico.

La commedia, come il suo protagonista, non ha grandi ambizioni e non si distacca da un intrattenimento popolare basato su sentimenti semplici e istintivi. Qualche critico, che si aspettava qualcosa di più graffiante e irriverente, stile Borat, è rimasto un po’ deluso da una rappresentazione giudicata troppo buonista e all’acqua di rose. Noi crediamo invece che il messaggio degli autori arrivi chiaro e forte agli spettatori, anche senza volgarità o escandescenze particolari.

Checco Zalone, presentando il film, e riferendosi alla canzone “Uomini sessuali”, unico momento del film che potrebbe (?) essere frainteso, ha specificato che “vorrei fosse chiaro che prendo in giro gli omofobi, non gli omosessuali” dichiarando che nel film vuole mostrare, col suo personaggio, il percorso che una persona, cresciuta in un ambiente omofobo, fa per arrivare a liberarsi dal pregiudizio. In realtà il momento in cui Checco canta la canzone, all’interno di un locale gay, con una strofa che dice che l’omosessualità è una malattia e chiama normali gli eterosessuali, è uno dei più divertenti di tutto il film, e vuole ridicolizzare coloro che ancora pensano queste cose.

Qui sotto una immagine coi due bravissimi protagonisti gay del film

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