MILK E OBAMA

I due registi dei film su Harvey Milk, Gus Van Sant e Rob Epstein, parlano di Harvey paragonandolo ad Obama. Il film Milk di Gus Van Sant sarà nelle sale italiane dal 23 gennaio 2009.

Qui sopra una immagine di repertorio del vero Harvey Milk

Riportiamo alcuni passi da due interessanti interviste ai registi, entrambi gay, che hanno portato sullo schermo la figura di Harvey Milk, primo attivista gay ad essere eletto in una carica pubblica (consigliere comunale a San Francisco nel 1978, assassinato poco dopo). La prima è al regista Gus Van Sant autore del film “Milk”, con Sean Penn (foto piccola in alto) protagonista che danno per sicuro candidato all’Oscar, che sarà nelle sale USA dal 26 novembre e in Italia dal 23 gennaio 2009. La seconda è al regista Rob Epstein che nel 1984 realizzò il documentario “The Times of Harvey Milk”, vincitore di diversi premi e primo film a tematica gay che ottiene un Oscar (come miglior documentario). In entrambe le interviste si parla del parallelismo tra la figura di Milk e quella di Obama. Speriamo che questa comparazione si fermi all’elezione politica di entrambi, come due outriders, senza proseguire oltre nel tempo.

La prima intervista, quella a Gus Van Sant, è stata realizzata dal sito Gay.com (potete leggerla completa sul sito “http://hottopics.gay.com/2008/11/van-sants-milky.html” target=_blank>www.gay.com).

Quando avete appreso per la prima volta di quello che era successo ad Harvey Milk?

Sentii parlare di lui sulle cronache, quando venne assassinato [nel 1978]. Non vivevo a San Francisco e non avevo inteso che stavano succedendo cose che avrebbero segnato la storia, come il fatto che il primo gay dichiarato era riuscito a vincere delle elezioni politiche. Penso che la storia reale di Harvey Milk rappresenti qualcosa di veramente grande: un tipo, un analista finanziario a Wall Street, esce completamente dal suo ambiente e s’imbarca con persone creative, che vogliono cambiare le cose. Inizia una nuova vita col suo compagno Scott, un hippy, a San Francisco. Vi arriva come una sorta di libero pensatore, cancellando dalla sua mente tutto il suo passato newyorkese. Si stabilisce a Castro, che all’epoca era una specie di quartiere hippy [di San Francisco], almeno in parte, e qui trasforma gli ideali hippy in eventi politici e rivoluzionari.

Quello che piace nei tuoi film è che hai sempre evitato di addolcire i tuoi personaggi, soprattutto quelli gay. Come sei riuscito a fare questo anche con Harvey Milk?

Bè, in qualche misura penso di avere addolcito Harvey. [ride]. Si desidera che il pubblico ami i tuoi personaggi. Ma piuttosto che addolcire preferirei dire che ho utilizzato nel film alcuni momenti eroici per raccontare la leggenda di Harvey Milk. Egli guidò il boicottaggio della birra Coors e si accanì contro le aziende anti-gay a Castro e corse per le elezioni politiche quando non si era mai visto nessun gay fare questa cose. Noi mostriamo il lato positivo di Harvey, ma penso che quando Lance Black scrisse la sceneggiatura non fu reticente nel mostrare anche l’aspetto più grezzo di Harvey, il suo linguaggio, i suoi intrallazzi col sistema e la sua schiettezza. Avremmo certamente potuto oltrepassare i limiti. Questo è sempre un problema con la fiction, in generale, c’è sempre il rischio di costruire dei personaggi troppo perfetti.

Pensi che Harvey Milk fosse un eroe?

Sì, ma penso anche che probabilmente ha sconvolto alcune persone. Si sentiva un uomo in missione. Era nel suo risveglio politico e voleva che le cose accadessero velocemente, cosa che , io penso, lo rese inviso all’ambiente gay originario di San Francisco, che pensava “questo tipo è appena arrivato e vuole subito comandare”. Queste cose da una parte lo resero antipatico ma dall’altra furono la sua grandezza, la sua originalità.

Come regista, quali sono state le principali sfide che ti sei trovato davanti con “Milk”

Era la prima volta che realizzavo un film biografico, con personaggi reali, con nomi e fatti veri. Alcuni miei altri film [come “Last Days” e “Elephant”] erano basati su persone o fatti reali, ma non mi ero troppo concentrato sul fatto di dover rendere queste storie completamente vere, perché erano in gran parte romanzate. Così mi dicevo va tutto bene, non posso sbagliare. Ma nel caso di Harvey Milk c’era sempre il pensiero assillante del pericolo che correvo, che potevo sbagliare qualcosa.

E credi di avere sbagliato qualcosa con “Milk”?

Bè, non importa se quello che fai non è lo specchio della realtà. In qualche modo si può dire che ci sarà sempre qualcosa di sbagliato. Io penso che fondamentalmente un film arriva ad essere sempre un’opera di finzione, anche se è costruito intorno ad una figura storica. Voglio dire, esso è un mezzo divulgativo e ha un valore storico. Ma bisogna comprendere che esso è solo qualcosa di simile alla realtà. Nei limiti del possibile ho cercato di essere vicino alla realtà.

Puoi paragonare Harvey Milk a qualche personaggio politico contemporaneo? Si può fare del parallelismo fra il clima politico ai tempi di Harvey e quello attuale?

Ci sono senz’altro delle corrispondenze. Io paragono un po’ Harvey al [deputato USA] Barney Frank. Sono entrambi gay, eccentrici, politicanti e sono dei personaggi con punti di vista originali. Penso che ci siano anche curiose somiglianze con la figura di Obama. Entrambi hanno un modo di parlare travolgente, sono pieni di speranza e fiducia. Obama è il primo presidente nero, Harvey è stato il primo consigliere gay. Hanno la stessa età, 47 anni, nel momento in cui vengono eletti. Obama ha un certo fascino che penso fosse lo stesso che aveva Milk.
Oggi la lotta contro la Proposition 8 [il referendum che ha bocciato i matrimoni gay] può essere paragonata alla lotta che Milk condusse contro la Proposition 6 [il referendum che voleva togliere gay e lesbiche dall’insegnamento]. I fondamentalisti religiosi ebbero un ruolo principale nelle lotte anti-gay di allora, così come accade nella società di oggi.

————————————-

Di seguito alcuni stralci dall’intervista al regista, premio Oscar, Rob Epstein che trovate completa su www.advocate.com

Hai visto il film di Gus Van Sant, cosa ne pensi?

Penso che è molto bello. E’ un bellissimo, tenero ritratto di Harvey. Sean Penn lo impersona ottimamente.

Sei stato immerso per diversi anni nelle ricerche filmografiche su Milk. Vedere qualcun altro darne un’altra interpretazione… ci sono cose dell’interpretazione di Penn che ti hanno sorpreso?

Sapete, sono rimasto molto sorpreso dalla tenerezza del suo personaggio. L’intero film ha questa impronta, e questo mi ha sorpreso. E’ un’interpretazione particolare di Harvey. Non so se questa sia la rappresentazione più giusta, potrebbe non esserlo.

Hai avuto qualche scambio d’opinioni con lo sceneggiatore Dustin Lance Black?

Sì, ma come sai, non sono stato coinvolto nel progetto. La cosa mi ha un po’ addolorato. Ma tornando alle rappresentazioni, le altre mi sembrano molto corrette. Sicuramente quelle di Josh Brolin nella parte di Dan White e di Emile Hirsch in quella di Cleve Jones. Quella di Cleve, che ho conosciuto bene ai tempi, è qualcosa di portentoso.

E’ impossibile non notare le similitudini tra Harvey Milk e Barack Obama – entrambi gli uomini sono stati dei candidati di minoranza che sono riusciti a emergere dalla macchina del potere politico grazie a un forte messaggio di speranza. Lo pensi anche tu?

Assolutamente sì. Penso che siano due anime gemelle per quanto riguarda la capacità di unire le persone. Harvey aveva senz’altro questa grande capacità, egli riuscì a democratizzare il primo movimento per i diritti degli omosessuali e a trovare il modo di integrarlo nell’amministrazione cittadina di San Francisco. Lo stesso che sta facendo Obama in una scala molto più grande. Se Milk fosse ancora vivo potrebbe essere stato un Obama-Milk!

Ci sono anche delle similitudini tra la Proposition 6, le Iniziative Brigg antigay che Milk combattè, e la recente Proposition 8 della California. Tuttavia c’è una grande differenza: Briggs fu sconfitta mentre la Proposition 8 è passata. Perché allora riuscimmo a vincere e oggi non ci siamo riusciti?

La vittoria sulla Prop 6 aveva operato su diversi livelli… Ci sono similitudini ma anche differenze con l’oggi, per come la vedo io. Allora c’era la reazione della gente al coming out dei gay, una cosa nuova per la società dell’epoca. Si cercava di impedire agli omosessuali di venire allo scoperto, di dichiarasi come tali. Si combatteva contro una cosa che era ormai inevitabile. La Prop. 8 di oggi, centrata contro i matrimoni gay, dimostra, anche se siamo stati sconfitti, come siamo andati avanti in questi anni. Sì, nel breve termine abbiamo perso ma anche qui vedo nel tempo una inevitabile vittoria.

Nel film di Van Sant è inclusa una scena dove vediamo Milk criticare dei propri compagni di lotta contro la Prop. 6 perché “velati” – un’accusa che è stata fatta anche oggi alla campagna contro la Prop. 8 che avrebbe utilizzato molte persone eterosessuali nelle sue pubblicità. C’è stato davvero qualcosa di sbagliato?

Certo, il messaggio di Harvey era tutto a favore del coming out, e questo penso si poteva applicare anche alla logica della Prop. 8. Voglio cioè far notare che il voto a favore della Prop. 8 era un voto per la discriminazione e votare no era quindi votare contro la discriminazione. Ma credo che questo messaggio non siamo riusciti a trasmetterlo alla gente come avremmo dovuto…

Perché la comunità gay non ha trovato un nuovo Harvey Milk negli ultimi vent’anni? Vedi oggi qualche possibile candidato all’orizzonte?

Non ne vedo molti. Lorri Jean è stato un abile oratore in qualcuna delle nostre manifestazioni qui a Los Angeles, ma a livello statale o nazionale non c’è nessuno che stia emergendo con un alto profilo. Ci sono molti più gay dichiarati di quanti ce ne siano stati prima, ma i personaggi più famosi sono solo delle celebrità, non sono dei leaders. Sai, io penso che se ci sarà emergerà in un posto e in un modo inaspettato. Le persone che possono assumere questo ruolo sono quelle in grado di interpretare profondamente il proprio tempo, quello in cui vivono, diventandone l’espressione più vera, così come ha fatto Obama… è emerso dal nulla e ha valutato che era il momento giusto per qualcosa di nuovo, per una nuova speranza. Questo è quello che ha fatto Harvey, è riuscito ad essere un uomo del suo tempo, emergendo anch’esso dal nulla perché non aveva alle spalle nessun tipo di potere, di “establishment”. E’ riuscito a crearsi potere e a galvanizzare l’opinione pubblica. Così la mia risposta è che non possiamo prevedere come, dove e quando un nuovo Harvey verrà fuori.

Qui sotto una immagine del regista Gus Van Sant all’anteprima del film “Milk”

Effettua il login o registrati

Per poter completare l'azione devi essere un utente registrato.