OTTAVO GIORNO AL TOGAY 2008

I pronostici – due classici – il fascino di Solos – il difficile film di Cui Zi’en – Gli ultimi titoli in concorso tra sesso e magia

Penultima giornata del festival, dove impazza il totofestival dei premi (i titolo più ricorrente per i lungometraggi sono “La Leon” per il premio della giuria e “Le Chanson d’amour” per il premio del pubblico (quest’ultimo titolo è anche stato acquistato in questi giorni da un distributore nazionale), ma non escludiamo sorprese dell’ultimo minuto. In tema di bilanci possiamo senz’altro dire che questa è stata una delle edizioni più interessanti degli ultimi anni oltre che più frequentata dal pubblico (30% in più rispetto lo scorso anno). Sono ormai lontani i tempi in cui ai festival gay si dava per scontato che arrivassero solo pellicole di classe B: oggi sia per la qualità che per la quantità è impossibile distinguere un festival etero da uno gay; l’unica differenza rimane la prevalenza di film a tematica (in merito quest’anno abbiamo avuto qualche polemica sull’inserimento in concorso del film “Apres lui” di Gael Morel, che a detta del regista stesso non contiene alcun personaggio gay, cosa che per noi rimane opinabile).
Il successo e l’importanza di questo festival si possono anche evincere dalla presenza di quasi tutti gli autori delle opere presentate, spesso accompagnati da qualche attore, e spesso presenti in sala anche ad altre proiezioni oltre a quella del loro film (merito delle diverse anteprime mondiali del festival). Gli incontri col pubblico degli autori dopo le proiezioni del film sono stati seguiti da molti spettatori che rimanevano in sala sacrificando il poco tempo disponibile tra una proiezione e l’altra. Encomiabile l’impegno degli organizzatori e dello staff che hanno garantito il rispetto quasi svizzero degli orari d’inizio dei film e sono stati sempre disponibili e cordiali sia col pubblico che con l’invadente stampa.
Questa sera, giornata conclusiva del festival, grande attesa per la proiezione di “The Walker”, fresco del premio come miglior attore a Woody Harrelson al festival di Verona, che verrà proiettato dopo la cerimonia di premiazione al cinema Ideal con la partecipazione di La Prohibida, Colton Ford, Le Sorelle Marinetti, La Terremoto de Alcorcon, ecc.

Nel pomeriggio di ieri abbiamo visto due titoli emblematici del percorso che il cinema gay ha fatto negli ultimi trent’anni. “A Very Natural Thing” di Christopher Larkin, girato negli Usa nel 1973, ci presenta il neonato movimento gay americano in fase di consolidamento ma ancora incerto su quale strada prendere come dimostra la storia del protagonista David, ex prete alla ricerca dell’anima gemella e dei suoi partner. L’euforia sessuale e la promiscuità portate dalla liberazione sessuale sembrano comunque non garantire la felicità ai protagonisti. Cosa che sembra ripetere anche il bellissimo “Madame Sata” del brasiliano Karim Ainouz, un film girato splendidamente che ci racconta la storia di un prestante nero, Joao Francisco dos Santos, un personaggio realmente esistito, che è nello stesso tempo un bandito, una drag queen, un amante macho di bei ragazzi (di uno dei quali s’innamora pazzamente) ma anche di donne con figli che lui adotta, ecc. Il film ci presenta il mondo variegato e suburbano di Lapa dove in quegli anni (’70) sembra non esserci possibilità di riscatto per il sottoproletariato bianco o nero e dove l’omosessualità e l’omofobia hanno una difficile coesistenza.

“Solos” di Loo Zihan e Kan Lume, film muto in bianco e nero con qualche momento colorato nella rappresentazione dei sogni. Il protagonista del film è un giovane studente con madre casalinga che entra in depressione quando capisce che il figlio sta per abbandonare la casa. Il figlio ha una relazione con un suo insegnante ma inizia ad esserne annoiato e cerca quindi nuove avventure che però hanno l’unico risultato di rendere ancora più infelice il suo compagno. Quello che colpisce del film sono la bellezza estetica delle scene, l’uso dei suoni e delle luci che fanno ugualmente parlare le immagini anche se prive della voce dei protagonisti. Voto 7.

Riassunto del K&A condotto da Cosimo Santoro con il regista Loo Zihan.

Santoro presenta il film dicendo che ha avuto grossi problemi di censura ed è stato cancellato dal festival di Singapore.
D. Perchè la scelta di fare un film senza parole?
R. Per noi è stata molto importante la concettualizzazione di questo film per cui abbiamo lavorato con un grande tecnico del suono, avendo scelto di dare maggiore importanza alla musica. All’inizio pensavamo di usare anche i dialoghi ma dopo il montaggio li abbiamo trovati superflui e quindi li abbiamo soppressi.
D. Come è stato accolto il film a Singapore e nel mondo?
R. A Singapore non ha avuto successo di pubblico. Questa è una lunga storia. Al festival di Singapore le autorità ci avevano richiesto dei tagli che noi non potevamo accettare. Il film sta avendo invece un buon successo internazionale dopo il debutto in Corea del Sud.
D. In questo film c’è molta attenzione alle immagini, cioè alla fotografia e alla luce, tu lo codirigi e lo interpreti, volevo sapere quale è stato il tuo contributo professionale, se più come attore o nella parte tecnica del film.
R. Abbiamo lavorato con una piccola troupe, spesso eravamo solo in tre persone. Io stabilivo tutto l’ambito parlando con l’aiuto regista. Ci ha aiutato molto l’impiego della pellicola Panasonic HD. Io ho studiato grafica e designer, poi ho fatto la scuola d’arte e ho deciso di intraprendere la carriera di regista. Non mi definisco un attore. Potrebbe succedere che in futuro non faccia più l’attore.

“Panorama” di Loo Hui Phang è un’altra delle gradite sorpese di questo festival. Un film molto curato sia nelle immagini che nel montaggio, capace di renderci l’ambiguità di una storia molto particolare e alquanto perversa. Il film racconta l’ossessione di un giovane per un fotografo vicino di casa al centro di una serie di eventi incomprensibili. Il fotografo a sua volta insegue l’ossessione, causatagli da un trauma infantile, che lo porta ad essere attratto da persone completamente depilate, testa compresa. La sorpresa finale del film ne spiega l’inserimento in questo festival. Voto 7½

“Only Child …” di Cui Zi’en
Alquanto deludente invece il film in concorso del cinese Cui Zi’en, uno dei nostri beniamini e al quale il festival dedicò lo scorso anno una breve retrospettiva. La delusione non riguarda il minimalismo dell’opera, cosa che abbiamo apprezzato in molti dei suoi film, e nemmeno l’ambientazione poverissima del film, dovuta alle scarse disponibilità economiche, ma riguarda la difficoltà a recepire il messaggio che il film vuole dare, una specie di discorso filosofico sulla religione e sullo stile di vita dei protagonisti. Al regista che lo scorso anno ha coraggiosamente organizzato il primo festival gay di Pechino abbiamo fatto alcune domande.

Molto ben confezionato, cioè con ottima fotografia e montaggio, il film in concorso “Pleasure Factory” di E. Uekrongtham che a noi ha ricordato un po lo stile di Wong Kar-Wai, e che ci presenta le storie di alcuni personaggi coinvolti con le case di piacere nel quartiere a luci rosse di Singapore. Il contenuto gay del film si riduce ad un paio di minuti che ci mostrano l’intenso rapporto sessuale tra due giovani protagonisti del film (probabilmente sognato da uno di questi), ma molto interesse ha suscitato una scena dove uno di questi ragazzi (Loo Zihan), peraltro presente al festival e richiestissimo dai fotografi, ci mostra la dinamica di un’erezione. Voto 8.

L’ultimo film in concorso, una anteprima assoluta, è stato l’accattivante musical “Were the World Mine” dell’americano Tom Gustafson, che ha ottenuto un lunghissimo applauso finale, meritatissimo sia per le splendide canzoni, i bellissimi e bravi interpreti, che per la tematica del film che ci racconta cosa succederebbe in una piccola e bigotta cittadina se tutti diventassero gay grazie all’effetto di una polverina magica, probabilmente il sogno liberatorio che anche molti di noi vorrebbero vedere realizzato. Il messaggio finale del film è che a volte può servire una piccola spinta per liberare i veri sentimenti che portiamo dentro di noi. Voto 7.

Riassunto del Q&A condotto da Ricke Merighi con il regista Tom Gustafson e lo sceneggiatore Cory James Krueckeberg.

Il regista dichiara che questa è la prima proiezione del film fuori dagli Usa e la prima volta in un festival gay. Il film prende origine da un mio corto, “Fairies”, del 2004.
D. Questo film ha qualcosa in comune con l’Attimo fuggende?
R. Certo, inoltre l’attrice Zelda è la figlia di Robin Williams.
D. Cosa è rimasto del corto “Fairies”?
R. Il corto potete trovarlo su ITunes e racconta di uno studente che trova la pozione per fare diventare tutti omosessuali. Quando abbiamo deciso di fare il film abbiamo inserito la storia della rappresentazione del Sogno di una notte di mezza estate.
D. I due attori protagonisti sono molto giovani e molto bravi. Dove li avete trovati?
R. Abbiamo fatto un casting a L.A., New York e Chicago. Abbiamo avuto qualche difficoltà per via dell’omosessualità dei personaggi. Abbiamo così preferito cercare degli attori gay.

Davide Oberto intervistato da Raisat
Cui Zi’en
Cui Zi’en
Meng Hao
Loo Zihan
Loo Zihan
Cory James Krueckeberg, Tom Gustafson, Ricke Merighi
Tom Gustafson

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