SETTIMO GIORNO AL TOGAY 2008

Le riscoperte del festival, un bel doc su Vecchiali, commozione per il film con Claudette, il sorprendente “La Leon”, il brioso e impegnato “Spinnin'”

Un’altra sorpresa di questo festival è il folto numero di spettatori che scelgono di andare a rivedersi film degli anni passati rinunciando magari alla contemporanea proiezione di qualche anteprima. Così è successo oggi per il film “O Fantasma” di J. P. Rodriguez che ha visto la sala riempirsi, probabilmente anche per la presenza del regista che ha annunciato, per il prossimo mese, l’inizio della lavorazione del suo nuovo film. In contemporanea si proiettava l’anteprima dello splendido film in concorso “La Leon” di Santiago Otheguy, altro nostro candidato al massimo premio.
Ma anche le proiezioni odierne di “Making Love” di Arthur Hiller (uno dei primi film a completa tematica gay che ottenne una distribuzione nelle sale in diversi paesi, poi arrivò l’aids e tutti si spaventarono), degli “Occhiali d’oro” (1987) di G. Montaldo (uno dei nostri registi più “coraggiosi” che purtroppo non ha potuto essere presente alla proiezione) e di “Olivia” (1951) di J. Audry, una vera riscoperta proposta nella sezione “Compagne di scuola”, hanno visto le sale di proiezione quasi piene.

Molto interessante e purtroppo visto da pochissimi spettatori (nonostante che il regista, all’inizio della proiezione, si sia complimentato con noi per essere molto più numerosi della proiezione romana del film) il documentario “Paul Vecchiali, en diagonales” di Emmanuel Vernieres, un film sulla vita e sul lavoro del grande regista francese (l’unico documentario fatto finora su questo autore) che ha qui l’opportunità di ricordarci la sua passione per il cinema; le motivazioni ideali che l’hanno sostenuto sin dall’inizio della sua carriera (“non mi interessa che il film piaccia a molti, mi interessa che sia estremo, che abbia qualcosa di provocante da dire, ecc.); le sue idee (l’amore è anche dolore perchè c’è quasi sempre uno che ama più dell’altro); gli incontri coi più grandi registi, Pasolini compreso col quale aveva in programma un film da dirigere insieme su Gilles De Rais, ma la morte prematura del regista interruppe il progetto; e le vicissitudini che accompagnarono la genesi e la lavorazione dei suoi film, dove attori e cast hanno sempre rappresentato la sua vera famiglia. A noi è dispiaciuto solo, ma la cosa era impossibile in quanto il film è del 2005, che non si parlasse degli ultimi “scandalosi” film del regista. Voto 8.

Sala gremita, grande commozione (fino alle lacrime) e applausi a scena aperta per il documentario in concorso “Claudette” di Sylvie Cachin sulla vita della prostituta ermafrodita Claudette Plumey (ma lei, presente in sala con la regista, ha tenuto a precisare che il film non è un film su Claudette ma un film con Claudette). Il film ci racconta i suoi incontri erotici dall’età di 14 anni, i suoi amori, le sue gioie e i suoi dolori e soprattutto il suo impegno politico quando, ormai anziana, avrebbe potuto ritirarsi a vita tranquilla e invece decide di partecipare attivamente alle campagne per i diritti civili delle prostitute. Voto 8.

Dall’introduzione al film condotta da Ricke Merighi con la regista Cachin e la protagonista.

Sylvie Cachin: Questo è il mio primo lungometraggio. Ho incontrato Claudette in un bar della città dove abito. Quando ci siamo conosciute ho immediatamente visto una luce di felicità nei suoi occhi e ho voluto andare alla ricerca del segreto di questa felicità.
Claudette: Mi chiamo Claudette di cognome Plumey. Facendo il mio mestiere è difficile rivendicare l’appartenenza ad una famiglia. Sono stata felice di lavorare con Sylvie perchè lei non ha fatto un film su Claudette ma con Claudette. Inoltre nel film si è parlato un po di tutti i cliché, di ermafroditi, transessuali, omosessuali, travestiti e donne. Io penso che si debba fare un gay pride eterosessuale perchè non c’è ancora uguaglianza tra uomo e donna. Per un uomo è facile dire sono andato con una donna e ho pagato, mentre per una donna non è facile dire che ha avuto dei rapporti a pagamento. Una volta un cliente mi ha chiesto perchè facevo questo lavoro nonostante io fossi una persona che aveva una cultura e con cui si poteva parlare. Io gli ho risposto che lui allora non doveva essere un mio cliente.

I FILM IN CONCORSO

Drammatico e struggente il primo film in concorso della serata, “La Leon”, opera prima dell’argentino Santiago Otheguy, per il quale ringraziamo la programmazione del festival che ha scelto di proiettarlo in prima serata e in sala grande nonostante sia un film in bianco e nero, con una storia difficile e molto lontana dalle realtà che siamo abituati a vedere rappresentate sui nostri schermi. Queste peculiarità, apparentemente ostiche del film, sono in realtà i suoi grandi pregi, ciò che lo rende a nostro giudizio un piccolo capolavoro. Per un’ora e mezza siamo entrati nel primitivo, autentico e sincero mondo del protagonista Alvaro, un omosessuale che vive in un’isola della remota costa argentina, circondato da foreste e canali (un paesaggio splendido che, proprio per attutirne l’impatto sullo spettatore, il regista ha deciso di filmare in bianco e nero). Alvaro è pieno d’amore per tutte le persone del suo villaggio, giovani e anziani, nonostante sia costretto a vivere segretamente la sua omosessualità. Tutti ricambiano il suo affetto, consapevoli della sua bontà, tranne l’immancabile omofobo che però… I tempi lunghi del film si adattano perfettamente all’ambiente e alla vicenda, che si tinge anche di giallo e si allarga ad altre tematiche come la solitudine, il razzismo, il desiderio di emancipazione, i rapporti tra generazioni, ecc. Voto 8.

Dal Q&A del film condotto da Cosimo Santoro con il regista Santiago Otheguy e l’attore Jorge Román

Santoro: La Leon è un film che più ci ha colpito e sorpresi nella selezione di quest’anno. E’ un film difficile ma è puro cinema.
Otheguy: Abbiamo girato il film un anno fa nel delta del Paranà, un luogo isolato al quale si ha accesso solo navigando e abitato da una popolazione che vive in modo precario. E’ il mio primo lungometraggio. Abbiamo utilizzato solo due attori professionisti, Jorge Román e David Valenzuela. E’ una pellicola tranquilla non adatta da un pubblico passivo, che richiede la partecipazione del pubblico.
D. Ci sono due fotografie sulla parete della casa del protagonista, due soldati e due uomini con una palla, vorrei sapere se hanno un siglificato omosessuale nell’economia del film.
R. No, si tratta della foto del padre dello scenografo. Questo è un film sulle relazionitra gli uomini, non si parla solo di omosessualità. Nel film non appaiono quasi mai donne.
D. Come è nata l’ideadel film?
R. La prima idea era di mostrare come una persona omosessuale può vivere le sue pulsioni in un mondo dove non si possono esprimere. Ma questo è stato solo il punto di partenza. Dopo abbiamo sviluppato anche il concetto delle discriminazioni. Siamo partiti dagli impulsi più basilari trattandoli come se fossero un mito, un atto che sta alla base della violenza, per cui la violenza individuale si trasforma in violenza sociale.
D. Quanto sono durate le riprese?
R. Il film è diviso in due parti. Siamo partiti col fare un cortometraggio. Ci siamo poi accorti che poteva diventare un lungometraggio, quindi siamo ritornati sul posto, un anno dopo, con gli stessi attori.
D. Perchè la scelta del bianco e nero?
R. Anzitutto per dare una dimensione atemporale, poi perchè la natura del posto è così meravigliosa che coi suoi colori avrebbe distratto l’attenzione dello spettatore. Poi anche per un motivo economico. Comunque la ragione principale è di natura artistica ed estetica. Il film è stato girato in HD e non in 35 mm, il controllo di una pellicola in b/n è in questo caso più facile.
D. Una domanda all’attore. Come si è trovato ad interpretare il suo ruolo?
R. Quando il regista mi ha presentato il personaggio, io l’ho pensato in funzione del paesaggio circostante. Per immedesimarmi meglio con le persone che li abitano, mi sono prima trasferito in quei luoghi per un po’ di tempo.

Originale anche l’altro film in concorso, “Spinnin'” dello spagnolo Eusebio Pastranal, che ha riempito la sala e ottenuto un lunghissimo applauso finale. Un film esattamente all’opposto del precedente in quanto solare, vivace, pieno di colori e suoni, dove tutto accade alla luce del sole. Il tema dell’amore, senza confini e discrimazioni, delle diversità che rendono tutti uguali, della famiglia senza limiti precostituiti, della solidarietà e dell’impegno comune per una società più libera e migliore, vengono continuamente riaffermati in ogni scena del film. Un film che ha lo spirito di un musical, pur non essendolo; della commedia che si arricchisce con divertenti siparietti; quasi un pamphlet politico che in alcuni momenti sovraccarica un’opera ricca comunque di fulminanti battute. Bellissimi i protagonisti liberamente impegnati a completare le rispettive famiglie in un film che, come dice lo stesso regista, vuole essere una favola per adulti. Voto 7.

Dal Q&A del film condotto da Ricke Merighi con il regista Eusebio Pastranal e l’attrice

Il regista (salito sul palco saltellando col tutu che indossa nei siparietti del film)definisce il film come una favola per adulti con una varietà di personaggi accomunati dal tentativo di riuscire ad afferrare un pezzetto di felicità. Il film parla di come si fa a formare una famiglia. Abbiamo avuto problemi a trovare un produttore che finanziasse il film, quindi tutti noi ci siamo messi insieme creando noi per primi una famiglia. La pellicola è stata fatta con molto amore e credo che questo si noti. Nel film cerchiamo di dire che una famiglia è fatta da persone che si vogliono bene, che cercano di restare unite e di tirare avanti nei problemi di tutti i giorni. Pensiamo che nessuno abbia il diritto di dirci dall’alto come deve essere una famiglia. Ci piace pensare che tutti quelli che entrano in contatto con Spinnin’ entrino anche loro a far parte della famiglia. Ci è stato detto che dopo aver visto il film la gente ha voglia di dare e ricevere abbracci, quindi dopo il film saremo qui per abbracciarvi tutti.
L’attrice è intervenuta dicendo che è un film pieno d’amore, dove tutti i personaggi mettono un pezzo di loro stessi.

D. Come ha funzionato il meccanismo con cui avete ideato il film? Sembra ci sia un certo livello di improvvisazione, soprattutto nella recitazione. Quando avete scritto la storia avevate un’idea precisa prima di girare o ci sono stati dei cambiamenti con gli interventi degli attori?
R. Questa storia è stata scritta molti anni fa, la prima versione è del 1990, poi è stata aggiornata molte volte. Allora governavano i socialisti con Felipe Gonzales e pensavo che la politica potesse cambiare le cose. Mi premeva soprattutto puntualizzare che nel mondo ci sono sei miliardi di persone differenti. Non siamo tutti uguali, siamo tutti differenti, anche se abbiamo il diritto di essere trattati in maniera uguale. L’argomento interssò alcuni produttori che poi si sono tirati indietro perchè parlare di una coppia gay che voleva un figlio era ancora considerato un argomento scomodo. Il copione era pronto ma è rimasto a dormire per molto tempo. Al momento delle elezioni vinte da Zapatero noi stavamo girando il film ma non avevamo soldi e dovemmo chiedere un prestito alla banca dicendo che dovevamo comprare una casa. Zapatero ha mantenuto le sue promesse e ha cambiato una legge costituzionale permettendo alle coppie gay di potersi sposare e avere dei bambini. Ma nella pratica non è ancora cambiato molto perchè molti dicono ancora che quella è una famiglia e questa no. Ci siamo chiesti a questo punto se valeva la pena di continuare il film e abbiamo deciso di sì, per mostrare che una famiglia può essere composta in diverse maniere da persone che si amano.
D. Perchè nel film compare il numero 101?
R. Perchè no? poteva essere un altro numero. Mi piaceva l’idea che i numeri non sempre sono la rappresentazione di calcoli. Un numero può anche contare un bacio, un abbraccio.

Davide Oberto, Emmanuel Vernieres
Emmanuel Vernieres
Sylvie Cachin, Claudette Plumey
Sylvie Cachin
Kachai Uekrongtham
Joao Pedro Rodriguez
Jorge Román
Santiago Otheguy
Eusebio Pastrana
   

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