"I TESTIMONI"

Un bellissimo e struggente film sulla nostra storia, che sa unire in modo armonioso e coinvolgente privato e pubblico, amicizia, amore e sofferenza. Imperdibile.

“I Testimoni” del regista gay André Téchiné, è un film da amare, da vedere e rivedere senza mai stancarsene, un film che, oltre ad essere una specie di autobiografia del regista, come molti hanno rilevato, è senz’altro anche la storia di molti di noi, sopratutto di quelli sopravissuti alla terribile esperienza della “guerra” contro l’aids.

Il film è anche una delle più belle storie d’amore gay mai viste sullo schermo, quasi un Brokeback europeo. Un amore che arriva all’improvviso, che già dalla sua genesi, così improbabile e assurda, possiamo intuirne la grandezza. Un uomo, un duro poliziotto di origine maghrebina (Mehdi, Sami Bouajila, già bravissimo protagonista di “La strada di Felix”), sposato e padre da pochissimo, si ritrova eccitato mentre sta rischiando la vita tentando di portare a riva un giovane, Manu (Johan Libéreau), che stava per annegare. La passione sarà travolgente per entrambi.

Manu, è un bellissimo ragazzo gay dichiarato, appena arrivato a Parigi, abituato a frequentare i luoghi di battuage, che ci commuoverà quando ci racconterà la sua storia, quando chiederà un bacio, che ottiene, alla moglie del suo amante (perchè l’amore vuole farci vivere nei panni dell’amato), quando per la prima volta sarà lui a possedere il poliziotto maghrebino, ecc. ecc.
La ricchezza del film sta anche nell’essere riuscito a trasformare le vicende private di un gruppo di personaggi, tutti molto bene tratteggiati, in un affresco storico sociale di quegli anni, che vanno dalla solare liberazione edonistica dei primi anni 80 (coppie aperte, libertà in amore, amore gay, ecc), che però non nasconde i lati oscuri di quella trasformazione (crisi famigliare, madri al bivio tra cura dei figli e realizzazione personale, la solitudine di chi resta ai margini), fino alla travolgente irruzione di una malattia sconosciuta che cambierà e anche distruggerà le vite di molti.

Anche se il film è “raccontato” da una donna, Sarah (Emanuelle Beart) la compagna di Mehdi, forse il ritratto più debole del film (non riusciamo a comprenderne la “vera storia”, quella di una borghese viziata capace però di amare e comprendere tutti), il personaggio che tiene unito il film, dall’inizio alla fine, è senz’altro quello del medico Adrien (Michel Blanc), un gay maturo, che spera di trovare in ogni incontro l’amore, ma che si ritrova sempre più a dare che a ricevere. Dovrà passare dal dolore di una infatuazione non corrisposta per il giovane Manu, all’impegno di prima linea contro il virus hiv, che lo trasformerà in un eroe dei nostri giorni, sia sul fronte scientifico che su quello personale, dove sarà sostegno, aiuto e speranza, di tutto il gruppo di amici. Alla fine riceverà un premio (personale), ma non la risoluzione del suo problema, anche se forse, quello che vuole dirci il regista, l’importante non sono i risultati, ma l’impegno che ci mettiamo per ottenerli.

Dopo Manu, il personaggio più sconvolgente del film è Mehdi, l’uomo che gli ha fatto scoprire per la prima volta la differenza fra sesso ed amore, anche se alla fine confesserà di non avere mai saputo se la cosa era reciproca. In effetti Mehdi è l’unico personaggio del film che alla fine si ritroverà come all’inizio, come se nulla fosse accaduto, come se il mondo non gli si fosse precipitato addosso, quasi seppellendolo. E’ un bisessuale? Un omosessuale che per tutta la vita reprimerà se stesso sotto l’incubo di un’altro male che potrebbe distruggerlo, come è successo con l’aids? Forse è solo un uomo maghrebino che pensa di avere già ottenuto troppo dalla vita, amore compreso.

Indimenticabili anche i personaggi secondari, come la sorella di Manu, Julie (Julie Depardieu), che spaventata da tutto quello che succede intorno a lei (droga, prostituzione, violenza, aids, ecc), rinuncia praticamente a vivere, coltivando una solitudine quasi punitiva, e rifugiandosi nella sua “ginnastica” preferita, la musica operistica. O come la prostituta Sandra (Constance Dollé), che ama il suo lavoro e vorrebbe farlo in santa pace, e non riesce a capacitarsi di come tutto e tutti siano contro di lei.

Il film, come dicono i tre capitoli in cui è suddiviso, “i giorni felici”, “la guerra”, “il ritorno dell’estate”, è il racconto di un incubo (la guerra contro l’aids) che alla fine si vorrebbe superato, o in via di superamento, grazie all’impegno e al sacrificio a cui molti sono stati chiamati. Un film e una storia (anche vera) difficile da dimenticare.
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Dalle recensioni dei quotidiani:

"…il film é davvero bello, complesso e sobrio, delicato e appassionato, capace di trasformare i drammi in guai della vita e la Storia in esistenze quotidiane, recitato magnificamente…" (Lietta Tornabuoni – La Stampa)

"…Téchiné si diverte, in senso lato, a presentare i personaggi ad un punto cruciale dell’esistenza, in trasloco di affetti. Lo fa con una serie di intelligenti malinconie che non intaccano la vitalità di un film in cui non si depongono armi né affetti. È qui il segreto sotterraneo dell’autore che padroneggia la materia, quegli «happy days» di quella libertà sessuale che fece andare prima avanti e poi indietro, raccontando con tempismo emotivo e brillante affetto per i casi della vita…" (Maurizio Porro – Corriere della Sera).

"…André Techiné affronta una sorta di semibiografia, cullando i propri personaggi in una messa in scena palpitante, con una macchina da presa dinamica e nervosa per una volta dagli effetti più che positivi… Senza sbrodolamenti sentimentali, I testimoni è uno scampolo di fine stagione degno dell’attenzione di un pubblico il più possibile numeroso." (Davide Turrini – Liberazione)

"…Per raccontare le origini della diffusione del virus Techiné si affida al tono da commedia, rifuggendo da orrore e tragedia. Se lo può permettere perché ha a disposizione un cast che lo segue con grande maestria…" (A. Catacchio – Il Manifesto)

Qui sotto la locandina italiana del film


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