Il Festival gaylesbico milanese si è chiuso con rigorosi e qualificati verdetti delle tre giurie, che hanno senz’altro soddisfatto il pubblico più esigente, soprattutto quello cinefilo, attento alle forme oltre che ai contenuti. Il premio al miglior film è andato a “Wild Tigers I Have Known” di Cam Archer, un film onirico e poetico, che ci trasmette molto bene i turbamenti di un 13enne che sta mettendo a fuoco, con coraggio e inventiva, i primi desideri omosessuali.
Prima dell’annucio dei premi è intervenuto dal palco con un breve saluto, il Direttore del Settore Spettacolo del Comune di Milano, Antonio Calvi, che ha portato anche i saluti dell’assessore Sgarbi (che gli ha detto di essere stato molto soddisfatto di questo Festival e che può garantire che non si tratta di un pornofestival come qualcuno vorrebbe fare credere). Ha confermato che non dovrebbero esserci ostacoli al finanziamento anche se lui, non essendo un politico, non è in grado di aggiungere altro. Concludendo ha detto che Milano avrebbe bisogno non di una ma di cento manifestazioni come queste per tornare ad essere una capitale della cultura come lo è stata nel passato, perchè, come diceva Strehler, “la cultura deve essere per noi come l’acqua per i pesci”.
Dal palco anche il saluto del responsabile Citroen, che ha preannunciato che sarà con noi anche il prossimo anno, accolto da un caloroso applauso del pubblico e dalle parole di Marzi che ricordavano come da quattro anni Citroen stia sostenendo il Festival con un grosso contributo economico.
I VERDETTI DELLE GIURIE
La Giuria lungometraggi ha rilevato anzitutto “la buona qualità delle opere in concorso, sia per i temi (genere identità famiglia migrazioni), sia per le diverse scelte artistiche e interpretative con film che danno un quadro complessivo ed esauriente della cinematografia internazionale legate alle tematiche gay lesbiche e queer”. Prima di dichiarare il film vincitore del Festival la Giuria ha voluto “segnalare la straordinaria interpretazione di Pauline McLynn, l’attrice protagonista di “Gypo” di Jan Dunn, storia di due immigrate ceche e del loro difficile inserimento in una comunità working class inglese”.
Il premio del miglior film è stato dunque “assegnato all’unanimità all’americano “Wild Tigers I Have Known” di Cam Archer, un racconto della scoperta dell’identità sessuale da parte di un adolescente”. Le motivazioni di questo premio sono “la visionarietà di suoni e immagini attraverso l’uso di colori primari come il blu e il rosso, la qualità dei dialoghi, la riflessione sull’identità dei personaggi colti in una fase di passaggio della loro vita, che rendono “Wild Tigers I Have Known” un film emozionante ed intenso. In un panorama in cui i personaggi gay e lesbici rappresentano spesso stereotipi positiivi, “Wild Tigers I Have Known” ha anche il pregio di non offrire soluzioni confortanti e pacificatorie. Il finale con il ragazzo che saluta rivolto alla telecamera e poi sparisce è un esempio poeticamente altissimo di un’adolescenza che si apre all’incertezza della vita”.
La Giuria per i cortometraggi assegna all’unanimità il premio per il miglior corto a “Le Weekend”, un film che “sceglie di utilizzare una tecnica inusuale, quale la soggettiva continua, per raccontarci in maniera originale i complessi rapporti tra omosessuali ed eterosessuali sfruttando la bravura dei due protagonisti per arrivare ad un finale secco e malinconico, una brillante conferma del talento registico del 35enne Timothy Smith”
La Giuria documentari ha assegnato il premio come miglior documentario a “Le Famiglie Arcobaleno” di Lucia Stano e Nadia Dalle Vedove “perchè dà voce ad una realtà emergente nella società italiana, ancora ostacolata e censurata dalla classe dirigente, l’esistenza delle famiglie con genitori omosessuali, dimostrando ancora una volta il valore arricchente di ogni diversità ed esperienza”.
E’ intervenuta sul palco una delle registe che ha detto “approfitto di questa occasione per ringraziare l’Associazione Famiglie Arcobaleno che ha voluto fortemente realizzare questo video, che ci è stato commissionato da loro, mentre noi stavamo lavorando ad altri progetti. Per noi è stato un incontro fatale. Questo lavoro ci ha entusiasmato così tanto che ora stiamo lavorando ad un’altro film sempre sulle famiglie arcobaleno a livello europeo”
La Giuria documentari ha poi proseguito con “l’assegnazione di una menzione speciale ex-aequo a due documentari che ci sono rimasti nel cuore. Il primo è
“Look Us in the Eye” di Jennifer Abod per il portato rivoluzionario, rivelatore nonchè liberatorio, dell’esperienza di queste tre donne vecchie e meravigliose che con la loro presenza trasversale nei diversi movimenti per i diritti civili restituiscono valore a un periodo della vita che si tende a considerare negativamente se non a cancellare: la vecchiaia. L’altro titolo è “(In)visible Years” di Gideon Boaz, anni pieni di esperienza che diventano visibili perchè i protagonisti raccontano di sentimenti che non invecchiano, senza pietismi, senza retoriche, con la semplicità del vissuto”
Sono seguiti poi i ringraziamenti a Paolo Ferigo e al Comitato Provinciale Arcigay, al Comune e Provincia di Milano, la Citroen, Comedy Central, ecc. ecc. Un ringraziamento anche a Federico Giunta per l’esperimento riuscitissimo della Scatola Magica, “un esperimento che senz’altro continueremo, ha detto Marzi, perchè coniugare la cultura con tutte le sue declinazioni possibili intorno al cinema ha dimostrato di funzionare”.
Un caloroso ringraziamento e applauso è andato a tutto lo staff del festival che “ha lavorato molto bene, tra l’altro, diceva Marzi, ieri abbiamo anche avuto un controllo Siae che ha trovato tutto in regola”. Claudia Mauti è intervenuta dicendo “sono giovane di 10 anni di festival, seguo la programmazione lesbica che è una mia grande passione ed una grande sfida e sono contenta perchè poi le cose vengono riconosciute come hanno dimostrato i premi ai film lesbici di stasera”. Matteo Colombo ha nominato tutti i ragazzi dello staff, applauditissimi, e ha aggiunto che “al di là dei film, l’atmosfera che si respira in questo Festival è molto bella e credo che in parte derivi dal fatto che da anni a questo festival lavora un gruppo di persone che sono tra loro amiche, guidate da una persona eccezionale che da anni si fa carico di questo Festival, Giampaolo Marzi”. Applausi scroscianti e interminabili del pubblico.
Sono poi saliti sul palco gli autori e gli interpreti del corto “Golden Hays” di Max Croci e Matteo B. Bianchi, tra i quali l’attrice e cantante Justine Mattera (in evidente gravidanza) che ha detto di essere onorata di essere su questo palco nella sua città di adozione e “davanti ad un pubblico che mi ha sempre dato tanto”. Max Croci ha spiegato il tema del corto che parla della censura, problema sempre attuale. Matteo B. Bianchi è intervenuto dicendo che è il terzo anno che il Festival si conclude con un loro corto (“tradizione splendida, consiglierei di inserirla nel regolamento del festival”) aggiungendo poi che “dopo che noi abbiamo scelto Justine come protagonista l’ha presa Abel Ferrara”.
I FILM DELLA GIORNATA
Nel pomeriggio, dopo la ripetizione dei corti più belli, abbiamo visto il documentario “Fuorifuoco” di Ernaldo Data e Daniele Solaris. Solaris ha introdotto il film e, dopo la proiezione, ha risposto alle domande del pubblico. Il documentario, già vincitore al Festival del Cinema di Torino, è una delle opere più interessanti e impegnate prodotte nel nostro Paese e ci presenta, con un taglio registico di alto livello, le lotte e le contraddizioni oggi drammaticamente presenti nella comunità gay di Israele e Palestina. Il regista ha poi comunicato di avere terminato le riprese del suo prossimo film “The Beirut apt.”, del quale a breve inizierà il lavoro di montaggio e post produzione. Per trovare i fondi necessari alla produzione del film è stata organizzata una raccolta dal basso che prevede il versamento anticipato di 10 euro che darà diritto ad avere una copia del film in dvd appena disponibile. Sul sito www.myspace.com/danielesalaris “Riparo – Anis tra di noi” di Marco Simon Puccioni, presente alla proiezione. Il film, ha detto Claudia presentando il regista, è stato l’unico titolo italiano accettato alla Berlinale 2007. Puccioni ha poi detto che il film dopo Berlino ha girato molti festival, sia gay che generalisti, ed è stato venduto, cosa insolita per un film italiano, in diversi Paesi tra i quali USA, Francia e Spagna mentre l’Italia, stranamente, è ancora latitante. Questa difficoltà, ha proseguito il regista, fa pandan con le difficoltà e reticenze incontrate durante la produzione, dove abbiamo dovuto constatare che per alcuni attori italiani interpretare un ruolo omosessuale è ancora un problema, nonostante ci sia stato il successo di Brokeback Mountain. Il film, ha detto Puccioni, accosta diversi tipi di emarginazione in una realtà ambientale precisa, come quella che ruota intorno ad una fabbrica del nordest, dove sia l’omosessualità che l’immigrazione rappresentano ancora un ostacolo all’integrazione e accettazione sociale, e mostra come queste emarginazioni possano unirsi ma anche scontrarsi. Al regista Puccioni abbiamo fatto una intervista che presto aggiungeremo qui sotto.
Noi non finiremo mai di tessere le lodi per questo film, unico nel panorama italiano di questi anni sia per le tematiche affrontate che per la qualità e serietà con cui vengono analizzate e presentate. Abbiamo ampiamente verificato che il nostro entusiasmo era anche quello del pubblico presente in sala, che ha giudicato il film come uno dei migliori visti in tutto il Festival.
La giornata si è conclusa con l’accattivante e attesissimo (sala stracolma) “Eating out 2: Sloppy Seconds” di Philip J. Bartell. Il film, applaudito più volte a scena aperta, ha accontentato ampiamente il pubblico sia per le sagaci battute che per la prestanza degli interpreti, mai stanchi di mettere in mostra le loro migliori qualità, sulla scia di una brillante sceneggiatura che potrebbe vagamente ricordare le farse goldoniane (sperando che Goldoni non si offenda). Anche la storia (o l’incipit) ha comunque il suo interesse, soprattutto quando cerca di smascherare l’ipocrisia di quelle persone o di quei gruppi religiosi o conservatori che giudicano l’omosessualità contagiosa come una malattia e che, come una malattia, deve solo essere guarita. Peccato che nel film, alla fine, si verifichi un parziale successo di questa teoria.
BILANCIO DEL FESTIVAL
Ottimo il giudizio complessivo, che comprende sia la qualità delle opere presentate che l’accoglienza offerta dallo staff e dal personale del Teatro; il puntuale rispetto degli orari che hanno permesso a chi usava i mezzi pubblici di assistere fino alla fine la seconda proiezione della serata; la numerosa e attenta partecipazione del pubblico e, perchè no, anche l’ottima qualità delle vivande offerte che sono state il nostro pranzo serale per tutta la settimana.
Tra gli aspetti critici o da migliorare segnaliamo invece il tipo di sottotitoli impiegati che, per la loro eccessiva trasparenza, risultavano illeggibili sugli sfondi chiari; la presenza di pochi autori od attori (anche se sappiamo bene essere una cosa vincolata dal badget disponibile); la non ottimale collocazione del film italiano “Riparo – Anis tra di noi” che anzichè a chiusura del pomeriggio e in contemporanea con il salotto letterario, meritava di stare tra i film della serata, permettendone così la visione ad un pubblico più ampio; la contemporaneità con la prima rassegna di teatro gay milanese.
ALCUNE IMMAGINI DELLA GIORNATA
![]() Il regista Daniele Solaris |
![]() Matteo Colombo (programmazione festival) |
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![]() Il regista Marco Simon Puccioni |
![]() Claudia mauti (programmazione Festival) |
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![]() La scrittrice Eva Cantarella a "Brain & Sexy" |
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![]() Diego con Tony Aventino |
![]() Il Direttore Giampaolo Marzi |
![]() L’assessore della Provincia di Milano Benelli |
![]() L’assessore del Comune di Milano Antonio Calvi |
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![]() Il rappresentante Citroen |
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![]() Le Giurie del Festival leggono i premiati |
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![]() Lo staff del Festival |
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![]() L’attrice Justine Mattera con gli autori del corto "Golden Hays" |
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