UN LUNGO ADDIO A ROBERT ALTMAN

Uno dei registi più amato dai cinefili di tutto il mondo, un pungente e profondo affrescatore della società americana, che non ha mai avuto paura di presentare personaggi gay in modo onesto e naturale.

E’ morto a Los Angeles, all’età di 81 anni, il regista Robert Altman, un grande regista indipendente e un grande amico dei gay. In molti suoi film troviamo personaggi omosessuali, trattati sempre con onestà e naturalezza. Una perdita dolorosa e un grande cordoglio nel cuore di tanti cinefili.
Amava dire «Non ci sono eroi nei miei film perché non so esattamente che cosa sia un eroe. Il protagonista? Io non ho mai conosciuto nessuno che non avesse debolezze e difetti», e ancora «In realtà sono un conservatore. Difendo la libertà di espressione, i diritti civili, e tutte quelle cose che stanno scritte in quel vecchio pezzo di carta che si chiama Costituzione”. Ancora giovane si fa persino mettere in galera rifiutando di firmare per entrare nel corpo dei riservisti. Se lo avesse fatto sarebbe stato chiamato a combattere in Corea. In merito ha detto «Ero solo un ragazzo, non avevo particolari motivazioni ideologiche. Volevo solo la mia libertà. E ho avuto il coraggio di resistere alle due più potenti istituzioni della nostra società: la chiesa e l’esercito».
E’ stato un uomo coerente, ha accettato allo stesso modo, con serenità, sia i successi che gli insuccessi, senza mai piegarsi a imposizioni esterne. L’industria hollywoodiana non l’amava, perchè non era il tipo ubbidiente a cui era abituata, ma in compenso tutti gli attori lo adoravano e spesso hanno lavorato per lui con compensi molto inferiori ai loro standard. Ricordiamo di seguito alcuni suoi film a noi particolarmente cari.

Interessante un suo documentario sulla vita di James Dean del 1957 “The James Dean Story” che raccoglie diverse interviste a parenti e amici dell’attore.

Nel 1975 dirige quello che da tutti è considerato il suo capolavoro, “Nashville”, dove fa guadagnare una nomination all’Oscar all’attrice lesbica Lily Tomlin, che dirigerà ancora nel film “America Oggi” e nell’ultimo “Home Praire Companion”.

“Un Matrimonio” del 1978 è un’altro affresco corale indirizzato contro l’istituzione matrimoniale. Tra gli invitati abbiamo il Captain Redley Roots (Craig Richard Nelson), un alto e impacciato militare che sentiamo definire gay nei pettegolezzi che si bisbigliano alcuni ospiti. Indimenticabile è la drammatica scena di quando Redley sveste lo sposo ormai ubriaco, portandolo sotto la doccia per farselo e mettendo a rischio il matrimonio per l’improvviso apparire della sposa. Un bel cameo lesbico è invece quello di Rita Billingsley (Geraldine Chaplin), organizzatrice del banchetto, che dà un appassionato bacio alla sposa giustificandolo con “Le mie spose sono le uniche figlie che ho mai avuto”.

Nel film “Una coppia perfetta” del 1979 abbiamo tra i personaggi secondari una felice coppia lesbica, Mary e Sydney -Ray, membre di un gruppo musicale, che viene presentata senza nessuna malignità o volgarità.

Nel 1982 abbiamo il delizioso “Jimmy Dean, Jimmy Dean” che vede ritrovarsi dopo 20 anni un gruppo di amiche e fans di Jimmy Dean tra le quali Karen Black che interpreta un transessuale. Le sue amiche sono chi shoccata, chi disgustata, e che ammirata dalla sua trasformazione dal gay Joe di vent’anni prima, all’attuale sinuosa Josephine, che ricorda con amarezza i maltrattamenti subiti quand’era gay.

Nel 1983 dirige uno dei suoi film più belli, secondo noi, anche se molto teatrale e claustrofobico, “Streamers”, un film contro la guerra (tema a lui molto caro) che vede riuniti in una camerata quattro giovani in attesa di essere chiamati per il Vietnam, tra i quali il gay giocatore di baseball Richie (Mitchell Lichtenstein). I quattro si combattono con le loro paure, i loro pregiudizi, l’intolleranza sessuale e razziale, imparando che sono proprio questi atteggiamenti a condurre verso la violenza e la guerra.

Nel 1987 abbiamo “Terapia di gruppo”, un film dove regna un’atmosfera “queer” dalla prima all’ultima scena. Uno dei protagonisti, Bruce, interpretato da Jeff Goldblum, è un bisessuale che convive con il gay Bob (Christopher Guest) ma che vuole sperimentare anche il suo lato etero.

“Prêt-à-Porter” del 1994 è un film corale sul mondo della moda e Altman ha dichiarato “impossibile fare un film su questo mondo senza presentare personaggi gay, sono la razza indigena del mondo della moda”. E infatti vi troviamo lo sfavillante Cort Rommey (Richard E. Grant) e lo stilista Cy Bianco (Forest Whitaker), mentre l’attore gay Rupert Everett interpreta un etero come figlio di un pezzo grosso della moda. Lily Taylor è invece la giornalista lesbica Fiona Ulrich.

Nel 2000 abbiamo la piacevole commedia “Il Dottor T e le donne” che ci fa vedere un bellissimo coming out lesbico della figlia Dee Dee (Kate Hudson) del dottor Sullivan (Richard Gere) che si scoprirà avere, all’indomani del proprio matrimonio, una relazione omosessuale con Marilyn (Liv Tyler) scelta non a caso come damigella d’onore.

“Gosford Park” del 2002, una avvincente e intricata commedia gialla sui rapporti di classe, è il film che ci ha fatto innamorare del bel Ryan Phillippe intento a soddisfare sessualmente il produttore omosessuale Morris Weissman (Bob Balaban – anche produttore vero del film).

Anche nell’ultimo acclamato “A Prairie Home Companion”, un film sulla morte come lo ha definito il regista stesso, compare una coppia di musicisti country, Dusty e Lefty (Woody Harrelson e John C. Reilly) molto in odore di omosessualità.

Qui sotto il regista tra le attrici Meryl Streep e Lily Tomlin mentre riceve l’Oscar alla carriera (2006)

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