(Pagina a cura del critico Sandro Avanzo)
Prima di passare alla “classifica” dell’anno 2018, rituale quasi obbligatorio ogni fine d’anno, concedetemi un paio di brevi considerazioni sulla presenza dei temi e dei personaggi (quelli di fiction!) LGBT sui palcoscenici italiani.
Oramai da qualche lustro omosessualità, lesbismo e questione di genere non sono più auto-censurati od ostracizzati né tra i drammaturghi italiani né tra i produttori e i direttori di teatro, anzi in molti casi (soprattutto nella commedia) i personaggi, le situazioni e le figure LGBT sembrano essere ficcati lì forzatamente per non sembrare old-fashion e superati dai tempi.
Si produce tanto, tantissimo teatro gay in Italia, spesso anche di buon livello, sia nelle metropoli che nelle città di provincia, anche al sud, ma uno dei problemi principali è che spesso gli spettacoli restano confinati al palcoscenico su cui nascono e vivono per una manciata di repliche senza poter godere poi di un autentico circuito su scala nazionale. E non bastano a riequilibrare tali scompensi le pur importanti e lodevoli rassegne a tema (p.es. la romana Garofano Verde e la milanese Lecite visioni) nelle grandi città.
A ciò si aggiunga l’ormai risaputa riduzione degli spazi che i media infliggono alle informazioni generali sul teatro. Uno spettacolo gay per arrivare all’onore delle cronache nazionali e non rimanere confinato nei trafiletti delle pagine locali deve avere le caratteristiche dell’Evento con la maiuscola (vuoi per il regista, per il grande interprete o per lo specifico soggetto che riesca ad attirare l’attenzione del caposervizio “intellettuale”).
Sono anche pochi i critici con la sensibilità e la competenza adeguata a trattare l’argomento; così che a fronte di La Repubblica alquanto puntuale e attenta all’intero quadro nazionale dalla redazione romana, meraviglia non poco il critico del Corriere che a 40 anni di distanza fa “mea culpa” per la non conoscenza di un classico degli anni ’70 come “Persone naturali e straffottenti” di Patroni Griffi. Un quadro non certo confortante.
Tra le ombre va citata anche la penuria di lavori e testi lesbici (l’eccezione di compagnie femminili come Le Brugole va quasi a confermare tale realtà), presenti in misura assolutamente inferiore rispetto ai lavori che trattano l’omosessualità maschile.
Va meglio sul fronte della disponibilità dei “nomi da cassetta” (Pierfrancesco Favino, Filippo Timi, Paolo Hendel, Carlo Buccirosso… solo per citarne qualcuno), sempre più disponibili e interessati a cimentarsi con figure e soggetti fino a ieri guardati con interesse ma driblati per timore di veder identificata la propria identità sessuale con quella dei personaggi recitati in scena. E anche l’esempio della compagnia transgender Atropos che sta conquistando sempre più spazi e visibilità in campo nazionale sta ad indicare che le istanze civili e i temi “altri” sono ormai stati ampiamente assorbiti e assimilati – pur tra mille contraddizioni e difficoltà – anche dal teatro mainstream.
Del resto nell’anno del 70mo compleanno dei Legnanesi i tacchi a spillo con zeppe e paillettes sono sempre più richiesti dai direttori dei nostri teatri che riconoscono non solo i valori di intrattenimento, ma anche le doti artistiche delle italiche drag queen; con esempi di assoluta eccellenza se si guarda a un’autrice della statura della britannica Claire Dowie che per il suo testo ”Queen Lea-r” ha scelto la compagnia milanese delle Nina’s Drag Queens.
Perfino il palcoscenico della lirica alza il sipario su opere a tematica esplicitamente gay e se e al Teatro dell’Opera di Roma va in scena l’ormai consacrato “Billy Budd” di Benjamin Britten, il Conservatorio di Como produce ben due lavori contemporanei di Lorenzo Casati con soggetto gay “Due ragazzi perbene. La morte di Peter Pan” e “La traviata norma” tratta dal celebre spettacolo di Mario Mieli.
Good news ancora da oltre confine. Sono decisamente in numero sempre crescente i lavori LGBT che approdano sui palcoscenici italiani soprattutto nei festival internazionali, ma anche in questo caso si pone il problema delle poche repliche e sempre nelle stesse poche “fortunate” grandi città da cui restano geograficamente esclusi gli spettatori della provincia (dove però vivono la gran parte del pubblico e delle persone gay italiani). Questi spettacoli internazionali sono quasi sempre di altissimo livello produttivo e attraverso i temi LGBT vanno a toccare gangli sensibili del vivere contemporaneo e a far riflettere oltre i confini del soggetto proposto.
E arriviamo ora ai magnifici 10