La Mala educación

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La Mala educación

Annunciato come una storia autobiografica sui preti pedofili nella Spagna Anni 60, dunque temutissimo dalla Chiesa cattolica, qui in Spagna perfino più invadente e opprimente che in Italia, il nuovo film di Pedro Almodòvar è un noir melodrammatico e struggente che farà impazzire di gioia coloro (moltissimi) che lo adorano come un guru e che farà uscire dalle sale quelli (meno) che lo considerano un Muccino gay superficiale e didascalico, un giovane invecchiato dalla Movida. Accolto, forse con qualche esagerazione, dai critici suoi conterranei come «uno dei primi tre film del cinema moderno» spagnolo. (C. De Gregori)

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20 commenti

  1. Semplicemente Pedro. Questo film è il lato oscuro del suo cuore. Morboso e disturbante quanto basta, da lasciare intuire allo spettatore le venature autobiografiche che si celano all’interno dell’ opera. Eros e malinconia, desiderio e vendetta, voyeurismo ed emozioni annidate. Da vedere.

  2. A cadenza regolare, mi vien voglia di andare a rivedere qualche film del genio spagnolo. “La mala educacion” non è tra i miei preferiti di Pedro, ma è innegabile la costruzione elegantissima della pellicola con i suoi tre diversi livelli che si intersecano mirabilmente in un continuum spiazzante per quanto ben orchestrato. Potrà sembrare poco fruibile ad un pubblico distratto, assuefatto alle sceneggiature “adolescenziali” di tanti film che affollano le nostre sale e le tv, ma con un minimo di attenzione si è catapultati nella storia di Ignacio ed Enrique con un’insopprimibile curiosità di sapere come andrà a finire. Ovviamente è superfluo aggiungere che il film, oltre ad essere molto personale (Almodovar non ha mai ammesso il carattere autobiografico della trama, anche se tutti gli elementi fanno concludere che sia proprio autentico), è anche socialmente importante, rabbiosamente anticlericale e iconoclasta, eppure anche carico di humana pietas nei confronti del personaggio di padre Manolo, quasi redento dall’amore e dalla bruciante passione che lo divorano per Juan, il vero angelo della morte di tutta la storia. Per il resto, ci sono tutti gli ingredienti che hanno reso grande la cinematografia di Almodovar, i colori, il decor, qualche spruzzatina di camp e persino di humour, il pop, la grande diva omaggiata – in questo caso la Sara Montiel di “Soledad”- un’indimenticabile versione di “Moon river” e di “Torna a Surriento” che riscattano i difetti, che comunque sono presenti, e danno alla pellicola un ruolo di prim’ordine nell’ambito del percorso artistico del cineasta spagnolo.

  3. thediamondwink

    Decisamente uno dei migliori del regista, o almeno, uno dei miei preferiti, dove il racconto “La visita” è il vero protagonista del film e spinge a far conoscere una verità scomoda …

  4. zonavenerdi

    E’ un film molto macchinoso. I tre periodi storici si intersecano così tanto tra loro e i vari personaggi cambiano così tanto nel cvorso del tempo da sembrare non avere niente in comune. Del resto i film di Almodovar sono sempre molto pesanti.

  5. Fabrizioimperia

    Un otto pieno. Alcune scene le avrei tagliate ed alcuni aspetti approfonditi ma io non sono un regista . Rimane un film complicato . Non spassoso, non tenero. Ma crudo e fatto di mille sentimenti . Ti arrivano messaggi come pugni e gli attori sono piu veri che mai. Vita vera, vita immaginata si intrecciano. Ci ho messo giorni per capire a fondo questo film . L ho amato ma non lo riguarderò piu per molto tempo. Troppo dolore freddo.

  6. luca/ch

    Mi piace molto l’intreccio narrativo, il modo in cui, in questo film, il regista riesce a giocare su tre livelli contemporaneamente (temporale – reale -immaginario).Un puzzle iniziale indistinto ricomposto con maestria per mostrare, alla fine, la verità delle cose. Conclusione? Il reale supera l’immaginario, visto che il secondo trae origine dal primo, sia in creatività(il motociclista morto congelato sulla sua moto che continua ad avanzare sulla strada per Km), sia in miseria.

  7. Non mi è piaciuto molto, benché non sia brutto e abbia alcune buone trovate. Mi chiedo anche che bisogno ci sia di dover costantemente mischiare omosessualità e pedofilia in questo modo quasi morboso.

  8. Il più tragico dei suoi film.. Un pugno allo stomaco.. Il regista ha preso spunto dall’esperienze della sua vita.. E’ stato in collegio e i preti cattolici molestavano ‘allegramente’ i poveri bambini, fra i quali proprio il regista..

  9. g|lly88

    a me,invece,il film è piaciuto…non sarà uno dei film + belli di almodovar, ma qualcosa ti lascia dentro…che la pedofilia è il peggiore dei mali…cmq in questo film,gael garcia bernal è ancora + bello…

  10. De La Croix

    Beh io dico che Almodòvar non si smentisce mai…ogni suo film ha sempre qualcosa per cui valga la pena di vederlo! Magari non sarà uno dei migliori, ma di sicuro è un film che non va lasciato sullo scaffale del videonoleggio. Il suo modo così forte e diretto di raccontare i personaggi è stupefacente, non credo sia un puttanaio…va solo visto nella giusta ottica!

  11. La compagnia dei sette

    Il film è un puttanaio ma ci è piaciuto talmente tanto che ora ci chiamiamo con il nome dei protagonisti. Io non l’ho visto e non dico niente. wic

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Varie

Il film inizia con un lungo flashback da cui si dipana la vicenda dei tre protagonisti: due bambini, Ignazio e Enrico, interni nel collegio di cui è direttore e professore di letteratura Padre Manolo. Sono gli anni Sessanta. I due bambini si innamorano di un amore tenero ed emozionante, il prete direttore si invaghisce di uno dei due, Ignazio, e caccia l´altro dalla scuola per avere campo libero nel suo sopruso nel suo amore cattivo. I tre si ritrovano negli anni Settanta poi di nuovo negli Ottanta, adulti ormai gli uni, quasi vecchio l´altro: Enrique è un regista di successo che sta cercando ispirazione per un nuovo film. Nelle scene iniziali del film lo si vede che legge e ritaglia un articolo di giornale: nello zoo di Taiwan una donna si lancia in una vasca di coccodrilli e ne abbraccia uno senza emettere un gemito mentre gli altri la divorano. Suona alla porta in quel momento uno sconosciuto: dice di essere Ignazio, il suo vecchio compagno di scuola. Gli ha portato un racconto basato sulla loro infanzia gli chiede di farne un film, e di dargli una parte. Enrique lo congeda turbato, dovrebbe essere costui il suo antico amore ma non lo ha riconosciuto: indaga e scopre che si tratta di un impostore, che il vero Ignazio è morto. Affascinato dallo sconosciuto, l´irresistibile Gael Garcia Bernal (il messicano dagli occhi blu di Amores Perros e di Y tu mamà tambien), Enrique decide di fare il film, gli dà la parte e se ne innamora. Diventano amanti, sulla scena compare un uomo in età: è il vecchio padre Manolo sotto mentite spoglie, è diventato un uomo triste e grigio, da sempre e ancora è prigioniero dell´ossessione di Ignazio. Chiede a Enrique, che lo caccia, se non voglia invece sapere chi ha ucciso Ignazio. Enrique si lascia per la seconda volta irretire: ascolta del delitto, precipita nel desiderio, si lascia divorare senza un gemito dalla storia della sua stessa vita proprio come la donna nella vasca dei coccodrilli.

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