• G. Mangiarotti

Noi siamo infinito

Questo è uno di quei rari film che subito dopo averlo visto ti viene la voglia di leggere il libro da cui è tratto. Non perchè senti la necessità di comprenderne meglio alcuni passaggi, no, semplicemente perchè ti piacerebbe passare ancora del tempo con dei personaggi che ti hanno veramente affascinato e colpito, che sicuramente ti porterai dentro per un bel po’.
Stephen Chbosky (si pronuncia sha-bos-ky) è un regista di sicuro talento, nonostante sia solo alla sua seconda regia ed abbia impiegato diversi anni per riuscire a trasporre in film il suo libro “The Perks of Being a Wallflower” (ora disponibile, anche in e-book, in una nuova edizione italiana con lo stesso titolo del film). Ricordiamo che Chbosky è stato anche lo sceneggiatore del bellissimo “Rent”, film con una intensa storia d’amore gay.
Anche in questo “Noi siamo infinito” è presente la tematica omosessuale, secondaria rispetto alla storia d’amore etero del protagonista, ma indagata con notevole empatia e realismo, tanto da renderla fondamentale nell’evoluzione complessiva della storia, grazie anche ad una stupefacente interpretazione di Ezra Miller, giovane attore queer anche nella vita reale (così si definisce in alcune interviste), e già ammirato per il suo ruolo nel film “E ora parliamo di Kevin” accanto a Tilda Swinton.
Il film ci racconta una storia adolescenziale, un anno nella vita di un gruppo di giovani che frequentano il liceo, chi al primo anno come Charlie, il protagonista del film, e chi all’ultimo ed in procinto di separarsi in diversi college universitari, come i primi amici di Charlie. Significativo che il quindicenne Charlie faccia amicizia con studenti più anziani di lui anzichè coi coetanei. Charlie, interpretato dal carinissimo ed intensissimo Logan Lerman, è un quindicenne che ha già attraversato eventi e situazioni traumatiche dalle quali non si è ancora completamete liberato. Nel film scopriremo il suo passato pian piano, in un abile montaggio con brevissimi flashback nei momenti più cruciali. Ma all’autore, più degli eventi drammatici e particolari (come il suicidio dell’amico o la morte della zia) interessa mostrarci uno stato dell’anima, una difficile condizione interiore, dominata dalla paura di non essere accettato (a scuola diventa il bersaglio dei soliti bulli), e soprattutto dalla paura di non vivere le amicizie e le esperienze sentimentali giuste. Una situazione che determina un’isolamento, la paura di farsi notare (bellissima nel film la scena iniziale dove non ha il coraggio di rispondere alle domande dell’insegnate che invece scrive sul quaderno), la difficile integrazione sociale e famigliare.
Il grande pregio del film, secondo noi, risiede nella capacità di affrontare grandi tematiche, come quelle appena accennate oltre a quelle di droga, sessualità, omosessualità e abusi, con un tratto leggero, mai eclatante o sopra le righe, eppure così sincero e realistico. Ci basta guardare le espressioni sul viso di Charlie, o la determinazione dei gesti dell’omosessuale Patrick, o la rassegnazione di Sam per comprendere fino in fondo quello che sta succedendo intorno e dentro a queste vite in trasformazione.
Se Charlie è sicuramente il personaggio più amabile del film, e Sam la ragazza più intrigante, il gay PatricK è quello che senza volere sembra guidare i destini di tutti. Peccato che il film non ci racconti come nel libro l’evoluzione della sua storia d’amore gay. Siamo nei primi anni ’90 e negli USA il movimento gay è già assai affermato, ma nella coscienza sociale l’omosessualità è ancora la cosa peggiore che possa capitare ad un giovane. Patrick è uno dei pochi che si è accettato e, grazie ad un forte carattere, riesce anche a farsi accettare come gay nell’ambiente scolastico, senza strafare ma costruendosi una cerchia d’amici (“il club dei giocattoli difettosi”) coi quali fa feste e allestisce lo spettacolo del Rocky Horror Picture Show. Succede però che s’invaghisce di Brad (Johnny Simmons) l’apprezzato quarterback della squadra di calcio della scuola, che a sopresa ricambia, all’inizio solo dopo essersi fatto od ubriacato, poi pian piano anche da sobrio, ma sempre in incontri clandestini, mentre a scuola nemmeno lo saluta. Patrick lo ama talmente che è costretto ad accettare le sue condizioni. Ma tutto ha un limite e nel refettorio scolastico assisteremo ad una delle scene più cruente di tutto il film.
Un’altro momento, più toccante che drammatico, sarà quello in cui il gay Patrick bacia sulle labbra l’amico etero Charlie. Bellissima la reazione di quest’ultimo. Questo è forse il punto più alto che il film tocca nel raccontarci la storia di una grande amicizia, tema fondamentale del film. L’amicizia, sembra dirci l’autore, è alla base di tutto, è l’unico valore che può dare un senso alla vita, è la ricetta indispensabile per entrare nella maturità. Senza contare che a volte può anche trasformarsi in amore, etero o gay che sia.
Quel “noi siamo infinito” del titolo italiano del film lo sentiamo pronunciare dal protagonista proprio quando vive per la prima volta il sentimento dell’amicizia con Patrick e Sam nella bellissima scena della galleria.
Parole che insieme alla ripetuta frase suggeritagli dall’amato professore di lettere, “accettiamo l’amore che pensiamo e crediamo di meritare“, colorate da una coinvolgente colonna sonora (da David Bowie agli Smiths, passando per Don’t Dream It’s Over dei Crowded Hose), ci restano impresse nella mente (e nel cuore). Grazie ad un piccolo capolavoro di film indipendente.

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autore: R. Schinardi (Gay.it) voto:

Sorprende per intelligenza e pudore la commedia adolescenziale dello scrittore/regista Stephen Chbosky su tre amici tra cui uno gay interpretato da Ezra Miller. Splendida colonna sonora vintage.
Il Disagio, con la “d” maiuscola. Quello che “prende la mente come suo quartier generale”, come diceva il grande David Foster Wallace che oggi avrebbe compiuti cinquantun’anni se un’altra “d” maiuscola, la Depressione, cinque anni fa, non ce l’avesse portato via per sempre. È ciò che prova il sedicenne Charlie (Logan Lerman), nerd introverso e affetto da disturbi schizoidi, protagonista della commedia drammatica rivelazione Noi siamo infinito, riuscita trasposizione cinematografica del romanzo epistolare cult Ragazzo da parete (The Perks of Being a Wallflower, letteralmente “I benefici di fare tappezzeria”), diventato un film tredici anni dopo la sua pubblicazione – in Italia è edito da Sperling & Kupfer, ora disponibile anche in e-book col nuovo titolo – per la regia dello stesso autore, Stephen Chbosky, già sceneggiatore del musical gay Rent.
Una bella sorpresa perché, all’apparenza, può sembrare il classico e ritrito teen-movie di derivazione televisiva su adolescenti impacciati e fintamente problematici mentre si rivela piuttosto aggraziato e colmo di sensibilità, in grado di affrontare molti argomenti delicati (malattia mentale, droga, abusi, bullismo, omofobia) con attenzione e profondo pudore. Ma andiamo con ordine. Siamo nel 1991, e le canzoni si ascoltano ancora tramite i nastri delle musicassette che si collezionano gelosamente. Il timido Charlie soffre di dissociazione percettiva, cioè ogni tanto ha allucinazioni che lo estraniano dalla realtà, dovute principalmente a due traumi, la morte per suicidio di un amico e quella per incidente automobilistico di una zia. Ciò peggiora le sue difficoltà nell’ambientarsi al college finché non incontra l’altrettanto problematica Sam da cui è attratto (Emma Watson, distante anni luce dalla supponente Hermione di Harry Potter) e il gay irriverente Patrick (l’emergente Ezra Miller di …E ora parliamo di Kevin, dichiaratosi con slancio molto contemporaneo “queer e non gay” su The Advocate), fidanzato segretamente col quarterback della scuola che si finge etero coi compagni di squadra e di scuola. Fra Charlie, Sam e Patrick si instaura una solida amicizia che li aiuterà ad affrontare quel difficile passaggio all’età adulta che coincide con le prime delusioni sentimentali e l’ingresso nel mondo dei grandi attraverso il lasciapassare dell’Università.
Rispetto a molte commedie americane di formazione, i cosiddetti “coming-of-age movies”, intrise di stereotipi spesso moralisti sui “pericoli” delle tentazioni adolescenziali, la forza di Noi siamo infinito sta nell’osservare i protagonisti dal loro punto di vista, senza giudicare o ricorrere a facili sensazionalismi, ma mantenendo una certa levità pur non smussando necessariamente i toni (esemplare la sequenza in cui Charlie immagina di ricevere l’Eucarestia mentre si fa un acido). L’omosessualità dell’intelligente Patrick che fa suo quello spirito indocile e sarcastico, il cosiddetto “wit”, che consegnò Oscar Wilde all’immortalità – memorabile il suo Frank’n’Furter nella rappresentazione di una partecipata versione teatrale del Rocky Horror Show – è introdotta con naturalezza e non scandalizza nessuno ma particolarmente interessante è il modo in cui viene affrontato il tema dell’omofobia (il padre del quarterback picchia il figlio quando lo scopre insieme a Patrick) poiché, piuttosto che criminalizzare il genitore, si evidenzia soprattutto la paura del gay nel dichiararsi, e quindi la sua omofobia interiorizzata . E per una volta – scena da dibattito – l’omosessuale senza infingimenti non subisce passivamente la violenza ma dimostra le sue ragioni anteponendo ai suoi sentimenti la sua dignità di gay. Magica l’alchimia del trio di protagonisti molto ‘bertolucciani’ quando si dedicano a riti d’iniziazione quali le sfide al vento nel cassone del pick-up – li si immagina amicissimi anche nella vita reale – e straordinaria la colonna sonora vintage: The Smith, David Bowie, New Order, Sonic Youth, Cocteau Twins e via musicando. Da vedere.

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