• G. Mangiarotti

Midnight in Paris

Film osannato dalla critica, che parla quasi all’unanimità di un Allen tornato al suo spirito migliore, e sicuramente uno dei film che avrà più candidature ai prossimi Oscar. A noi il film è piaciuto molto ma non ci sentiamo di metterlo a fianco di altre sue opere come ‘La rosa purpurea del Cairo’, ‘Manhattan’ o ‘Io & Annie’, solo per citare alcuni dei suoi capolavori. Il film è scorrevole, tanto che quando arrivano inattesi sullo schermo i titoli di coda, si rimane un po’ spiaciuti che tutto sia già finito. L’idea del film, non nuovissima ma qui svolta con una magica semplicità, è quella di un viaggio nel tempo, determinato soprattutto dalla insoddisfazione per la propria vita presente. Il protagonista, inerpretato da Owen Wilson (bravo nell’imitare Woody Allen, impresa quasi impossibile), è uno sceneggiatore hollywoodiano in cerca di qualcosa di più dalla vita, come ad esempio diventare un vero scrittore. Si ritrova circondato da personaggi come fidanzata, suoceri e amici (della fidanzata) che invece sono perfettamente integrati e soddisfatti ma assolutamente banali e prevedibili. Il desiderio di scappare da tutto è fortissimo e insopprimibile. Dove andare se non da quelle persone che abbiamo amato idealmente per tutta la vita e che riteniamo i nostri veri maestri e ispiratori. Questo sogno diventa una magica realtà per il nostro eroe che ogni notte, a mezzanotte, viene trasportato nella Parigi degli venti dove incontra quelle personalità artistiche che hanno dato un contributo essenziale alla nostra cultura contemporanea, e che per questo possiamo considerare ancora presenti oggi. Salvo poi scoprire, come farà il nostro protagonista, che anch’esse avrebbero desiderato sfuggire al loro presente e rifugiarsi in un passato giudicato sempre migliore. Questa è la morale di un film che non ha nulla di moralistico e che si diverte (a volte esagerando nelle caricature) nel presentarci personaggi come Hemingway, Eliot, Matisse, Dalì, Cole Porter, Bunuel, ecc. proprio come li abbiamo spesso immaginati. Nel film non ci sono storie gay, ma sono presenti diversi riferimenti lgbt, spesso sfuggenti, presentati attraverso sottili commenti o ambigue raffigurazioni dei vari personaggi. Così possiamo vedere il bisessuale Hemingway che, mentre parla dei suoi avventurosi viaggi in compagnie delle sue amanti (che puntualmente abbandona), stringe forte vicino a se un bel giovanotto. Oppure l’esagerato Salvator Dalì (che abbiamo conosciuto come gay nel film ‘Little Ashes’, interpretato da Robert Pattinson, qui invece da un sempre bravissimo Adrien Brody) che viene quasi ridicolizzato nel suo giro di amici surrealisti. Tra i frequentatori dei locali troviamo Gertrude Stein e di sfuggita anche la sua compagna Alice. In una scena il protagonista balla con una donna che poi gli dicono essere Djuna Barnes e lui dice ”Ecco perché conduceva lei”. Piccolissimi flash che però arricchiscono il film facendo partecipare alla magia anche gli spettatori gay, da sempre grandi estimatori di uno dei registi americani più autoriale, esistenziale e fantasioso.

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