“Non volevo che Pasolini e la sua morte fossero ricordati dal cinema italiano con il film di Abel Ferrara”. Chiaro e deciso, il regista David Grieco, nel presentare qualche settimana fa al Meeting del cinema indipendente di Matera il suo “La macchinazione”. Come il “Pasolini” di Ferrara, anche questo nuovo titolo è dedicato agli ultimi giorni della vita di PPP e soprattutto ai motivi della sua morte. Ma se Ferrara sposava (per ignoranza dichiarata) la tesi di “Pelosi, in concorso con ignoti” , una storia di balordi, insomma, David Grieco va per tutt’altra strada e costruisce addirittura una sua ipotesi di omicidio, a cavallo tra servizi segreti, para-Stato e malavita. Su questa sua ipotesi, che vede al centro la figura di Eugenio Cefis e il romanzo incompiuto “Petrolio” , Grieco scrive anche un libro omonimo (Rizzoli, 2015) da cui parte per l’elaborazione della sceneggiatura. Del resto, da figlioccio di Pasolini e suo ex-aiuto, il regista (anche del buon “Evilenko”) ha le carte in regola per mettere bocca nella faccenda.
Non è facile anche solo decidere di andare a vedere un altro film sulla morte di Pasolini; il rischio del già visto, del mal fatto, dell’approssimativo, è alto. Opera rischiosissima dunque, questa “Macchinazione”, soprattutto dal punto di vista produttivo. Invece, il film di Grieco riserva qualche buona sorpresa. Nelle vesti dell’intellettuale, un Massimo Ranieri poetico e intenso, con un leggero sottofondo napoletano che addolcisce i tratti; i “ragazzi di vita” (tra cui Libero De Rienzo, nei panni di Antonio Pinna) sono bravissimi e inaspettatamente credibili, in particolare Alessandro Sardelli (Pino Pelosi); la fotografia di Fabio Zamarion fa la sua parte; la musica dei Pink Floyd (“Atom Heart Mother”, concessa da David Gilmour per amore di Pasolini) non è forse usata al meglio, ma è comunque un flash. Arzigogolata e oltremodo complessa la tesi finale. Costruita a tavolino, arriva fredda sullo schermo. Però “La macchinazione” rimane un film vedibile, che aggiunge qualche elemento ad un capitolo stanco ma non risolto della nostra storia. La visione vale il prezzo del biglietto.
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