• R. Schinardi (Gay.it)

Io e lei

Sabrina e Margherita. Sono loro il film, sono loro il piacevole, medio e rassicurante Io e lei di Maria Sole Tognazzi. Alchimia perfetta. Il resto è architettura, case confortevoli ben arredate, l’agio quieto di due professioniste borghesi che veleggiano intorno ai cinquanta: Sabrina Ferilli è Marina, ex attrice convertita alla gestione di un take away bio, Margherita Buy è Federica, anzi Federì, designer d’interni. Stanno insieme da cinque anni, la sera divano, gattone e serie preferita (Top of the Lake di Jane Campion, ma Federica non sta dietro alla trama). Quindi niente passioni viscerali né sesso lesbico esplicito à la Vie d’Adèle, qui siamo piuttosto dalle parti dell’americano I ragazzi stanno bene con la coppia Annette Bening – Julianne Moore. Un tranquillo tran tran famigliare, socialmente accettato, che viene messo in crisi dalla ricomparsa di Marco (Fausto Maria Sciarappa), un ottico piacente, per cui Federica si prende una sbandata che rischia di compromettere la convivenza. Perché Federica ha un passato etero, ha avuto un figlio e un ex marito (Ennio Fantastichini) che si è rifatto una famiglia e frequenta ancora: “Io non sono lesbica come te, non ho mai pensato di stare con una donna prima di conoscere te”. E l’indecisione sentimental-sessuale di Federica, quel suo carattere insicuro, abile a costruire il contorno del nido ma non a sondarne il cuore, la difesa a oltranza della privacy, si compensa ma si scontra anche con la vitalità irruente, spiccia e diretta di Marina. Sabrina e Margherita funzionano perché fanno quello che sanno fare meglio: la butch un po’ burina (senza esagerare), in questo caso piuttosto controllata nell’evitare i cliché sul lesbismo, e la nevrotica introversa dagli occhi sgranati. La loro complementarietà fa davvero scintille sullo schermo.

Dire che Io e lei è un film queer fa quasi impressione. In confronto, un cult dimenticato come Immacolata e Concetta – L’altra gelosia (1980) di Piscicelli è pura trasgressione. Perché di queer in Io e Lei non c’è altro che l’orientamento sessuale delle protagoniste, ma nell’ottica di una ‘normalizzazione borghese’ dell’omosessualità, Io e lei è paradossalmente uno dei film italiani più politici degli ultimi anni, un ottimo viatico per la legge sulle Unioni Civili infinitamente e vergognosamente rimandata, una commedia sentimentale per tutti che potrebbe davvero arrivare a un pubblico ampio senza turbarlo minimamente. Perché la ponderata architettura narrativa è la sceneggiatura calibrata firmata dalla regista insieme a Francesca Marciano e Ivan Cotroneo, e di quest’ultimo è riscontrabile la misura nell’inserire la tematica lgbt liofilizzandola abilmente per una destinazione generalista abituata a prodotti televisivi e soprattutto riunire a tavola etero e gay in famiglia come solo Ozpetek sa fare (l’omaggio dichiarato di Maria Sole a papà Ugo, ossia il cameriere filippino vistosamente omosessuale che ricorda Jacob de Il vizietto, non sbraca e non fa troppo colore, e per fortuna non si ride di lui, anzi: il fidanzato nuotatore aitante fa solo invidia).

Non è un caso che, a letto, mentre Marina legge il copione del film intitolato Ancora che potrebbefarla tornare davanti alla macchina da presa, Federica si dedichi alla splendida raccolta di racconti Troppa Bellezza della maestra canadese del genere, il premio Nobel Alice Munro, autrice finto-minimalista di cesellature finissime sulla vita famigliare quotidiana, tra cui il capolavoro lesbico Gravel: non inganni il titolo, in Troppa Bellezza si parla soprattutto di ‘sottomissione sentimentale’, violenza, manipolazioni. Quindi, altro che romanticismo: ecco quindi la paura di cadere nel melò, nella facile banalizzazione emotiva, che si percepisce nel garbato Io e lei (instilliamo un dubbio: che Federica sia a un certo punto innamorata molto più dei mobili, della casa arredata da lei, delle sue abitudini che di Marina?). Di qui Troppa Bellezza, dall’altro lato del letto la Grande Bellezza della Ferilli, in cui lei recitò: anche questo un caso? Non direi. A letto le vediamo spesso ma non aspettatevi grandi effusioni, piuttosto un cicaleccio alla Sandra e Raimondo, solo abbracci affettuosi e qualche bacio ma uno in particolare, non tra le lenzuola, è quasi commovente.

Certo, nel plot non c’è in fin dei conti nulla di particolarmente originale, ma nel caso di Io e lei la forza sta più nel messaggio che a livello cinematografico, troppo occhieggiante ai format tv: in un Paese intriso di omofobia trasversale, un film conciliante ed equilibrato come Io e lei può davvero essere più utile di tanti proclami gridati per spostare la lancetta dell’opinione pubblica a favore dei diritti lgbt. Ieri esordio tiepido: sesto posto con circa diecimila presenze in sala. Ma ha tutto il weekend per riprendersi.

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