Golf, il coming out di Melissa Reid: «Ho dovuto proteggere a lungo la mia sessualità»
La golfista inglese ha raccontato la propria omosessualità dichiarando di voler lottare per i diritti Lgbt, un coming out sofferto come spesso accade nello sport
«Ho dovuto proteggere a lungo la mia sessualità». Bastano queste poche parole a misurare quanto sia costato, all’alba del dicembre del 2018, il coming out alla golfista 31enne Melissa Rose Reid. Sul suo sito web ha annunciato di essersi unita all’Athlete Ally come ambasciatrice nella lotta per l’uguaglianza e l’inclusione nello sport: «Per me è importante lottare sempre per l’uguaglianza».
Melissa Rose Reid ha vinto 6 titoli professionistici nel golf, un ambiente che lei stessa giudica aperto, ma non ancora a sufficienza.
«Il Tour è una comunità molto accogliente, è raro che qualcuno abbia un problema con la sessualità altrui. In alcuni paesi in cui giochiamo però essere gay è ancora illegale o non accettato. Molti sponsor sono dominati dagli uomini. Nella mia vita personale, non sono potuta essere così aperta come arei voluto. Devo stare sempre attenta all’ambiente in cui mi trovo quando porto con me la mia ragazza a cene o a quale premio».
Melissa vuole ora lottare per «smantellare i sistemi di oppressione che isolano, escludono e mettono in pericolo le persone LGBTQ». Con grande gioia della campionessa di tennis Billie Jean King, prima dichiarata atleta omosessuale con un coming out forzato che fece scalpore all’inizio degli anni Ottanta.
La battaglia è per i diritti LGBTQ, ma anche per le donne. «Vorrei vedere più donne inserite nell’organizzazione del golf, anche come spettatrici delle nostre gare e sostenitrici dello sport al femminile in generale. Vorrei anche vedere più pubblicità di atlete donne, perché io ho dovuto proteggere per tanto tempo la mia sessualità per aiutare la carriera e garantirmi più sponsor. Ma poi ho iniziato a chiedermi perché queste aziende volevano sponsorizzarmi e non ho più voluto farmi rappresentare da quelle che non avrebbero voluto che mostrassi la vera me stessa».
È successo a molti atleti avere percorsi travagliati verso la dichiarazione della propria omosessualità e in tanti però, soprattutto fra gli uomini, hanno avuto benefici anche economici dal coming out. Famosi i casi di Tom Daley e Gus Kenworthy. Il tuffatore britannico è diventato addirittura testimonial della Pampers dopo la nascita del figlio avuto con il marito sceneggiatore Dustin Lance Black, oltre a essere simbolo di Adidas che ha invitato i suoi atleti, per contratto, a dichiararsi senza paura già qualche anno fa.
Lo sciatore freestyle Kenworthy, che ha dato un bacio in diretta al compagno attore Matthew Wilkas ai giochi olimpici in Corea, era uno dei volti della spedizione americana, scelto come modello per la divisa di Ralph Lauren, sotto contratto con Samsung ed Head & Shoulders solo per fare due nomi. Nella pubblicità dello shampoo dice: «Le mie spalle portano più dell’orgoglio del mio Paese, portano quello della mia comunità».
Tutt’altra storia rimane il mondo degli sport di squadra, soprattutto maschili, come basket e calcio. «In questo sport, fare coming out è impossibile» ha detto l’attaccante francese Olivier Giroud in un’intervista a Le Figaro. Pur comprendendo le loro difficoltà non lascia speranze come l’interista Radja Nainggolan: «I gay nel calcio ci sono ma stanno zitti perché si vergognano, se lo dicono sono finiti».