Due mamme, un bambino «Noi discriminate? Mai,Verona non è intollerante»
verona
«Quando siamo andate da mia mamma per dirle che aspettavamo un bambino lei, donna del sud, mi ha guardata e ha detto “Maronna mi si è sconvolto o’ munno”.
E poi? «E poi è stata la felicità». Laura Imperato racconta, Sarah Gintoli ascolta, Tommaso disegna. Tommaso è nato cinque anni fa dalla pancia di Laura, il frutto di un desiderio a lungo custodito e maturato alle Canarie, in una clinica per la fecondazione assistita. Lei e Sarah si sono dette sì qualche anno dopo, in Comune a Verona. Stanno insieme da dodici anni, da quando Sarah ne aveva 21 e Laura 30.
Come vi siete conosciute? Ricorda Laura: «Io stavo lavorando in pizzeria, l’ho vista passare, ho pensato che fosse bellissima e che fosse molto strano per me pensarlo. Stavo con un uomo da dieci anni, le donne non mi erano mai interessate. Eppure quel giorno mi sono innamorata di lei».
Da quel giorno stanno insieme, adesso insieme lavorano anche, nella pizzeria della famiglia di Laura. Tommaso va alla scuola materna, una scuola cattolica. E ha due mamme, anche se legalmente una soltanto. «Eravamo preoccupate, all’inizio – racconta Laura – Non sapevamo come dare una risposta alle sue domande. Ma di domande non ne ha mai fatte, anzi, è lui che ha trovato una spiegazione».
È stato qualche tempo fa. Un suo compagno di scuola gli ha chiesto come mai avesse due mamme. E lui ha risposto: «È perché sono fortunato». Il suo amico ci ha pensato un po’, poi gli ha risposto: «Mi sa che hai ragione».
Una situazione delicata risolta con la disarmante logica dei bambini. Un uomo, comunque, nella sua vita c’è. Si chiama Juan ed è il suo padrino. Perché Tommaso è stato battezzato, anche se la porta di qualche chiesa gli è stata chiusa in faccia. «Sia a scuola che in parrocchia – dice Laura – non ho mai fatto la parte della madre single, anche se avrei potuto. Ho sempre voluto dire le cose come stanno. Che siamo due donne con un figlio. Come io sono stata libera di scegliere voglio che lo siano anche gli altri. Liberi di dirmi “sì vostro figlio lo vogliamo, oppure no”».
E così alcuni parroci hanno scosso la testa. Come alcune scuole. Poi però è arrivato don Marco che ha detto: «Nessuno può negare il battesimo ad un bambino». E battesimo fu, come da tradizione.
«Voglio che cresca con un’educazione cattolica, come è stato per me. Poi, ovviamente, starà a lui decidere», dice Laura. E voi due, discriminate, vi siete mai sentite? «No, mai. In una città che – dice Sarah – è sempre dipinta come intollerante, ma che intollerante non è affatto. Una città in cui un’aggressione omofoba sembra il ritratto di un clima generalizzato. Ma non è così». Una volta sola, una situazione spiacevole.
«Nella scuola di Tommaso avevano organizzato una vendita di materassi per beneficenza. Io sono andata -racconta Sarah- e quando sono stata lì mi hanno consegnato un foglio su cui c’era scritto che potevano partecipare solo le coppie. Fra parentesi c’era scritto uomo-donna. Mi sono sentita ferita».
Ma non sono questi i problemi, concordano. Perché, materassi a parte, intorno a loro ci sono maestri, dirigenti scolastici, madri di famiglia, amici. Tutte persone che le hanno accolte senza giudicare.
Il problema vero sarà dare a Tommaso due mamme anche sulla carta. Non per una questione di forma. «Io sono sua madre anche se non c’è scritto da nessuna parte», dice Sarah. Eppure questa consapevolezza, nelle situazioni che la vita ti mette davanti, non basta. Adesso, quando partono per un viaggio all’estero, Sarah si fa fare un foglio dalla Questura che la autorizza a rimpatriare insieme a Tommaso nel caso in cui a Laura dovesse succedere qualcosa. Ma una volta rimpatriata? Non voglio nemmeno pensare a cosa potrebbe succedere se me lo portassero via, forse scapperei, lo rapirei, non so».
Quello che cercheranno, ora, è l’appoggio della legge. Il tribunale di Venezia ha da poco emesso una sentenza favorevole riguardo ad una situazione simile alla loro. Due donne, un bambino di otto anni, una coppia stabile. «Chiederemo il riconoscimento», dicono.
Ma non sventolate bandiere davanti ai loro occhi. Sono contro le categorie. Categorie che, dice Sarah, sono quelle che contribuiscono a creare la diversità. «Noi non siamo una famiglia arcobaleno. Noi siamo una famiglia e basta».