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La nuova UE ora è contro i matrimoni gay

La nuova UE ora è contro i matrimoni gay

Undici Stati membri dell’UE, principalmente dell’Europa dell’Est, non hanno ancora legalizzato i matrimoni omosessuali. Quest’autunno, nonostante le pressioni di Bruxelles, la Romania è intenzionata a inserire il divieto ai matrimoni gay nella costituzione. Varsavia sostiene moralmente Bucarest in tale questione.

Questo nuovo approccio all’omosessualità è diventato un ulteriore fattore di tensione fra l’UE dell’Ovest e quella dell’Est.

Coniugi solo eterosessuali

La Romania è probabilmente la nazione europea con la visione più scettica nei confronti dei gay. Nel Paese i gay erano perseguiti penalmente sino al 2002 e questa pratica è stata eliminata solo quando Bruxelles ha intimato a Bucarest di garantire ai membri della comunità LGBT i pieni diritti civili pena la non concessione dello status di membro dell’UE. La Romania ha accettato questa condizione, ma non immaginava che questi “pieni diritti” potessero ampliarsi. Ma è proprio quello che è successo in questi ultimi anni: infatti, Francia, Germania e Italia hanno legalizzati i matrimoni omosessuali.
Questi fenomeni non rientrano nello spirito rumeno. Nel Paese svolge un ruolo molto influente la Chiesa ortodossa che è assolutamente contro l’amore omosessuale. Nel 2013 su iniziativa della Chiesa è stata avviata una campagna per rivedere la normativa in materia matrimoniale. La Chiesa voleva escludere persino la possibilità che le future generazioni di rumeni potessero decidere di riconoscere le unioni omosessuali su ulteriori pressioni dell’UE.

Si tratta, in particolare, dell’articolo 48 della costituzione nel quale si parla proprio del matrimonio. Nel testo del documento si propone di sostituire “coniugi” con “uomo e donna”: questo impedirebbe di legittimare i matrimoni omosessuali. A giugno del 2017 la Camera bassa del Parlamento rumeno ha votato per emendare la costituzione e a settembre di quest’anno il Senato ha approvato l’emendamento. Fra poco il Paese sarà chiamato alle urne per il referendum del 7 ottobre. Ma il risultato è facilmente prevedibile: secondo i sondaggi popolari, l’83% dei cittadini rumeni appoggia l’emendamento.

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Gli emendamenti alla legislazione rumena sono in contrasto con la politica di Bruxelles volta ad ampliare i diritti degli omosessuali. A giugno la Corte di giustizia europea ha nuovamente confermato il suo attaccamento a questo tema accogliendo l’istanza del cittadino rumeno Adrian Coman che ha fatto richiesta di ricongiungimento familiare con il suo “marito” americano Claiborne Robert Hamilton. In realtà, i due vivono negli USA, ma per Coman è diventata una questione di principio che suo “marito” ottenesse il visto rumeno.
Qualsiasi decisione presa dalla Corte di giustizia europea è vincolante per gli Stati membri. A Bucarest si sono adeguati, ma hanno accelerato il processo di riforma costituzionale.

Per uno dei Paesi più poveri dell’UE entrare in conflitto con Bruxelles è una vera prova di resistenza. La Romania praticamente dipende dagli aiuti finanziari europei che, per la maggior parte, derivano dal budget della Germania, Paese che ha legalizzato i matrimoni omosessuali lo scorso anno. Influenti politici dell’Unione, in particolare tedeschi e francesi, hanno più volte dichiarato che in cambio dei soldi vorrebbero ottenere la lealtà ai valori europei. Tuttavia, la grande disapprovazione manifestata dai rumeni verso i matrimoni omosessuali impedisce a Bucarest di fare qualsivoglia concessione su tale questione.

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Bucarest è in linea con i Paesi dell’Europa orientale: tutti ricevono aiuti finanziari dall’UE, ma sono comunque contro i matrimoni gay. L’economia più forte di questo gruppo di Paesi è la Polonia. Tuttavia, una riforma costituzionale da parte di Varsavia non è necessaria: la legge definisce il matrimonio come unione fra uomo e donna. Quest’anno il presidente Andrzej Duda ha dichiarato che il Paese non è pronto a cambiare la costituzione. E i sondaggi mostrano piena solidarietà dei cittadini al capo del governo.
Il governo polacco formato dal partito nazional-patriottico “Diritto e giustizia” è estremamente conservatore. Joachim Brudziński, ministro degli Interni facente capo a questo partito, ha accusato i gay di aver oltraggiato la bandiera nazionale poiché hanno dipinto l’aquila polacca con i colori dell’arcobaleno. Il Ministro della Giustizia Zbigniew Ziobro ha difeso pubblicamente la tipografia che si è rifiutata di realizzare la commissione del cliente omosessuale. Tuttavia, il tribunale ha dato ragione alla parte lesa.

La Chiesa cattolica in Polonia, come quella ortodossa in Romania, è contro i matrimoni omosessuali e cerca di spingere i Paesi dell’Europa orientale a intendere l’unione sulla base di valori tradizionali. A questa visione potrebbero aderire anche i Paesi baltici e la Slovacchia. La Repubblica Ceca, invece, ha una visione più tollerante verso le unioni gay.

La scelta di Kiev

Dall’Ucraina che da molti anni tende verso l’UE Bruxelles richiede lo stesso: essere favorevole alla comunità LGBT. Tuttavia, i nazionalisti ucraini sono forse in Europa quelli ad avere la visione peggiore nei confronti degli omosessuali. Anche l’opinione pubblica non è a favore delle unioni gay.
Già con il presidente Viktor Yanukovich l’ostacolo principale nelle trattative tra Kiev e l’UE fu la legge anti-discriminazione. Già dopo i fatti di Maidan del 2014 il presidente ad interim Oleksandr Turchinov a fatica riuscì a convincere i deputati a votare per un documento analogo preparato dalle nuove autorità. Fu persino necessario minacciare il possibile insuccesso delle trattative sul Trattato di associazione.

In seguito, il governo ucraino ha pubblicato un progetto, sottoscritto dal primo ministro Arseny Yatsenyuk, per apportare alcuni cambiamenti nell’ambito dei diritti umani il quale prevedeva la legalizzazione in Ucraina dei matrimoni omosessuali entro la fine del 2017. Tuttavia, a causa della imprevedibile reazione della società ucraina Kiev ha avuto paura di dare seguito al documento. Yatsenyuk diede le dimissioni e il suo posto fu preso da Groysman, contrario ai matrimoni gay.

Considerate le difficoltà con le quali si sta confrontando la Romania, Kiev può cercare degli alleati all’interno dell’UE. Con i Paesi donatori, invece, l’Ucraina potrebbe non essere sulla stessa lunghezza d’onda su questa scottante questione.

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