Dalla rassegna stampa Televisione

“Il gay Mario Mieli così parlava di pedofilia…”. La bomba di Silvana De Mari in tv

“Il gay Mario Mieli così parlava di pedofilia…”. La bomba di Silvana De Mari in tv

La psicoterapeuta e scrittrice di romanzi fantasy Silvana De Mari ha fatto saltare sulla sedia Lilli Gruber durante la puntata di lunedì sera di Otto e mezzo su La7. La De Mari, invitata per parlare di violenza del linguaggio in politica e sui social, ha condannato la dittatura del politicamente corretto e il suo esempio, relativo al circolo Mario Mieli di Roma, ha letteralmente stravolto la scaletta del talk show. Silvana De Mari è nota per la sua tesi secondo cui l’omosessualità è una malattia psicologica ma non ha parlato di questo nel salotto della Gruber. Riferendosi all’impossibilità di manifestare liberamente le proprie opinioni che è uno dei tratti violenti delle società nelle quali impera il “pensiero unico” ha detto che esiste a Roma un circolo gay ispirato a una figura di intellettuale, Mario Mieli, appunto, morto suicida a 31 anni, il quale era “attratto dall’erotismo dei bambini”. La De Mari ha riportato citazioni testuali da un libro di Mario Mieli, Elementi di critica omosessuale. Ha inoltre ricordato che nel corso dei suoi spettacoli Mario Mieli, che costruiva il suo personaggio sulle provocazioni, mangiava i suoi escrementi e quelli del suo cane per dimostrare che l’amore deve essere libero di manifestarsi in tutte le sue forme, e tra queste forme appunto erano incluse pedofilia e necrofilia.


da La Verità


da lospecialegiornale.it

Mario Mieli in un film coi soldi pubblici. Strano concetto di qualità artistica

Non è un atto di accusa, né un giudizio sulla vita travagliata e disperata di Mario Mieli; ribelle, inquieto, in eterno dissidio con la sua famiglia, e “maledetto” (suicidatosi nel 1983), come è stato definito e si è sempre definito. L’attivista gay, che ha lambito in modo controverso e sofferente la politica, dai radicali all’estrema sinistra, fondatore del Fronte unitario omosessuali italiani (Fuori), con alcune parentesi in carcere e in cliniche psichiatriche (è arrivato perfino a tentare di uccidere il padre, come racconta nel suo libro “Il risveglio dei faraoni”), con una parabola finale verso l’esoterismo, l’alchimia e appunto, le discendenze faraoniche, sarà ricordato in un film dal titolo “Gli anni amari”.

Il tema infatti, non è privato, ma pubblico. Il film sulla sua vita è stato considerato “di particolare qualità artistica” e per questo ha beneficiato di cospicui fondi pubblici: 150mila euro dalle casse dello Stato (Ministero dei beni e delle attività culturali), 105mila euro dalla Regione Emilia Romagna e un buon contributo da parte della Apulia film commission, che ha attinto per l’occasione al Fondo Europeo di sviluppo regionale.

Nulla osta sulle qualità presunte o reali del film, ma visto che si tratta di un’opera che ha goduto di fondi statali, la domanda è d’obbligo. Ha a che vedere con la cultura, con la pedagogia civile, l’etica, la morale pubblica cui tanto si richiamano, registi, autori, produttori e intellettuali politicamente e culturalmente corretti, specialmente quando i film sono critici nei confronti della vita e del modello rappresentato ad esempio, da Silvio Berlusconi (si pensi a “Loro” di Paolo Sorrentino)?

Se guardiamo al messaggio in vita di Mario Mieli c’è quanto meno da restare interdetti. Nel suo libro “Elementi di critica omosessuale” (la sua tesi di laurea pubblicata da Einaudi nel 1977), parla normalmente di eros libero transessuale come liberazione dalla bipolarità maschio-femmina, e di legittimazione della pedofilia: “Noi checche rivoluzionarie sappiamo vedere nel bambino l’essere umano potenzialmente libero, noi possiamo amare i bambini, possiamo desiderarli eroticamente rispondendo alla loro voglia di eros”. Infine, negli ultimi anni della sua vita arrivò addirittura a teorizzare la pratica della coprofagia.
Non sembrano modelli di vita da considerare legittimi e normali sul piano civile e culturale. Un conto è l’aspetto individuale, legato ad una generazione che ha fatto della provocazione uno stile di vita, un conto è lo stile di vita accettabile per una società che ancora si considera a misura d’uomo e non delle sue pulsioni a 360 gradi.

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