Dalla rassegna stampa Cinema

«Capri revolution» da emergente «Il mio lungo sogno di libertà»

… «Deve uscire un corto che ho girato a Milano, “Family first” di Marco Mucig, in cui interpreto un gay. L’ho accettato per quello». …

«Capri revolution» da emergente «Il mio lungo sogno di libertà»
Sara D’Ascenzo

Il suo obiettivo nella vita «è avere la libertà totale: di quello che posso fare, di espressione. E zero censure. Quando avrò quella roba lí diró: oh, sono felice». Ludovico Girardello ha diciassette anni. Alle spalle tre film: due con Gabriele Salvatores, «Il ragazzo invisibile» e «Il ragazzo invisibile – Nuova generazione» e uno con Mario Martone, «Capri-Revolution» presentato ieri alla Mostra del Cinema di Venezia. Nel lavoro del regista napoletano, Girardello, nato a Vittorio Veneto, provincia di Treviso e cresciuto in quella fabbrica di talenti che è l’Accademia teatrale «Lorenzo Da Ponte», interpreta Citrus, un ragazzo del Canton Ticino arrivato a Capri per unirsi alla comune di artisti creata sull’isola dal pittore Seybu (interpretato da Reinout Scholten van Aschat). Il film è soprattutto la storia dell’incontro della pastorella Lucia (interpretata da Marianna Fontana) con questa comunità di artisti e lo sconvolgimento che ne segue. Girardello è uno degli artisti: nel film disegna, insegna a leggere a Marianna e partecipa ai balli (quasi sempre nudi) degli artisti.

Ludovico, come sei arrivato al film di Martone?

«Mario aveva visto i miei primi film e voleva incontrarmi. Abbiamo parlato, ma lui era già convinto. Ho fatto una prova con Marianna, ha visto che l’idea mi gasava e mi ha preso».

Quanto è durato il tuo impegno a Capri?

«Intorno ai due mesi, a settembre e ottobre dello scorso anno, tra un posto e l’altro. Nel paese c’eravamo noi e i vecchietti sul muretto. Mi è piaciuto moltissimo. Poi Martone lavora come in teatro: ha creato il gruppo, vivevamo insieme, uscivamo con lui e parlavamo di tutto».

È una storia vera, rielaborata, ambientata alla vigilia della Prima Guerra Mondiale.

«È un film storico in piena regola. Il fatto bello di questo film è che è ambientato in un periodo storico che negli ultimi anni va “molto di moda”, però in un contesto completamente diverso. Fuori. Infatti è ambientata su un’isola dove la guerra non è arrivata».

Nel film c’è il contrasto tra chi vive in maniera libera e chi vive secondo le convenzioni. Ti è mai successo?

«Penso spesso che da fuori uno può sembrare un personaggio quando in realtà è tutt’altra cosa. Ma questo accade a ogni attore, che da fuori risulta la somma di tutti i personaggi che ha interpretato. Il pubblico vede quello, non vede la persona che va a prendersi lo spritz al bar».

Ti dividi tra teatro e cinema, a cosa tieni di più?

«Quasi quasi direi il teatro. Non che non voglia bene ai personaggi cinematografici, ma quelli teatrali me li sono costruiti io da zero».

La libertà è importante?

«Sì, è il mio obiettivo e quando raggiungo quella posso anche morire. Penso ci vorrà un bel po’».

Le scene di nudo in gruppo sono state difficili per te?

«Io non ero nudo, anche se con tagli e inquadrature si può pensare. Gli altri sì. Ma dopo due ore uno si abitua ed eravamo tutti là sui sassi a scherzare».

Sei in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia. Senti di essere in un posto dove si respira cinema?

«Sì e no.Ieri sera mi hanno portato a una festa e lì ho respirato poco cinema e tanta televisione brutta. Non è solo qui, ho visto tanti festival che avevano anche tanto non cinema. Non dico di buttarli fuori, ma se fossi io il capo supremo del festival direi: selezioniamo gli inviti».

Prossimo ruolo al cinema?

«Deve uscire un corto che ho girato a Milano, “Family first” di Marco Mucig, in cui interpreto un gay. L’ho accettato per quello».

Capelli lunghi?

«Eh sì, non li taglio corti da 4 anni. Ma ora vorrei un ruolo dove sono rasato a zero».

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