Dalla rassegna stampa Austria  Estero

L'Austria e l'assurdo rifiuto dei migranti gay

L’Austria e l’assurdo rifiuto dei migranti gay
Respinti due richiedenti asilo che si dichiaravano omosessuali. Troppo effeminato l’uno, troppo mascolino l’altro. Per Amnesty un problema strutturale delle autorità.

BARBARA CIOLLI

Due casi incredibili in un mese sono bastati a smuovere Amnesty International contro l’Austria. È una prassi, a questo punto sono attesi altri rifiuti di richiedenti asilo che si dichiarano omosessuali, non liberi di esprimere la loro identità sessuale nei Paesi di origine e passati ai raggi x dagli occhiuti esaminatori di Vienna. Come si fa a riconoscere un gay da un eterosessuale e anzitutto è lecito scandagliare una sfera così intima? Nelle altre democrazie dell’Ue mai si ci si era spinti a tanto. E nemmeno negli Usa di Donald Trump. Invece il governo austriaco di fatto di estrema destra (il premier cristiano-democratico Sebastian Kurz si è alleato con il partito Fpö, fondato anche da ex nazisti) ha cominciato a valutare quanto corrispondenti o meno all’essere gay possano essere i comportamenti di chi si dice tale tra i migranti.

O TROPPO EFFEMINATI O TROPPO MASCOLINI
Risultato: prima un giovane afgano, poi un iracheno sono stati classificati da espellere, con motivazioni diametralmente opposte. All’apparenza un altro paradosso, in realtà quanto di più frequente può accadere quando si azzarda a ponderare l’imponderabile. Il 28enne iracheno è stato giudicato «fin troppo effeminato» per essere omosessuale: un atteggiamento «stereotipato», apparso forzato in un qualche modo a «convincere» le autorità che non si è eterosessuali. Il 18enne afgano che si è visto respingere la domanda d’asilo la settimana precedente è stato invece ritenuto troppo mascolino. «Né la sua andatura, né il modo di fare le smancerie, né l’abbigliamento», è scritto nel rapporto arrivato ai media austriaci, «indicano il benché minimo segno che possa essere omosessuale».

ONDATA DI INDIGNAZIONE INTERNAZIONALE
Nella scheda dell’adolescente si ricordavano «gli scontri avuti spesso con gli altri compagni di stanza». «Un potenziale aggressivo», si opinava, «che non ci si aspetterebbe da un omosessuale». Apriti cielo: la notizia rimbalzata sui social media tedeschi e da lì sui media internazionali ha suscitato un’ondata di indignazione generale contro gli sconcertanti cliché dei funzionari dell’Ufficio federale austriaco per gli Stranieri e l’Asilo. L’impiegato in questione del distaccamento di Vienna è stato poi sollevato dall’incarico di selezionare richiedenti asilo, ha fatto sapere il ministero dell’Interno per tamponare l’imbarazzo. Il titolare Herbert Kickl, di estrema destra e populista della Fpö nettamente contraria all’accoglienza dei migranti, si è trincerato dietro un no comment, precisando che le «impressioni individuali influiscono molto nel processo di accertamento».

PER AMNESTY IL PROBLEMA È STRUTTURALE
Ma tant’è, presto il caso si è ripetuto e tutto il mondo parla delle preclusioni austriache all’universo Lgbt. Entrambi i richiedenti asilo hanno fatto ricorso: il ragazzo iracheno è conosciuto negli ambienti gay viennesi e ha il sostegno della comunità, anche il teenager afgano è seguito da organizzazioni Lgtb. Humans Right Watch ricorda come l’Afghanistan rimanga uno dei Paesi dove l’omosessualità è maggiormente criminalizzata dall’estremismo islamico. Mentre l’Iraq sta uscendo da cinque anni di occupazione dell’Isis che giustiziava i gay in pubblico. La sezione austriaca di Amnesty International denuncia il «linguaggio della risposta di asilo, lesivo della dignità umana e non corrispondente agli standard di uno Stato di diritto», e lo definisce «non un caso singolo ma un problema strutturale». Una questione di mentalità.

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