Dalla rassegna stampa Cronaca

Fronda anti Bergoglio, ora nel mirino c'è il Sinodo sui giovani

Fronda anti Bergoglio, ora nel mirino c’è il Sinodo sui giovani

L’arcivescovo di Filadelfia, tra i delegati statunitensi all’assise, chiede l’annullamento del summit: “Troppi scandali hot, non siamo credibili sul tema”. Altri due vescovi conservatori invocano un’assemblea episcopale straordinaria sugli abusi sessuali dei preti. Sullo sfondo lo scontro sull’omosessualità

di GIOVANNI PANETTIERE

Filadelfia, 1 settembre 2018 – Alla luce della crisi degli abusi sessuali nella Chiesa, “papa Francesco cancelli il Sinodo dei giovani. I vescovi al momento non hanno alcuna credibilità per affrontare la questione”. Fa discutere la lettera inviata al Pontefice dall’arcivescovo di Filadelfia, Charles Chaput, con la quale si chiede l’annullamento dell’assise episcopale che, dal 3 al 28 ottobre prossimi, è chiamata a discutere di fede e discernimento vocazionale con riguardo alle nuove generazioni. Per il presule americano, nelle cui parole si coglie l’eco della recente pubblicazione del report sui preti pedofili in Pennsylvania (secondo l’accusa, un migliaio di minorenni abusati negli ultimi 70 anni e più di 300 presbiteri coinvolti, ma con i casi post 2002 ridotti al lumicino), sarebbe più opportuno, al posto di un confronto sui giovani, un summit “sulla vita dei vescovi e la loro responsabilità”.

La richiesta di Chaput arriva a stretto giro (anche se non si conosce la data della lettera) dalla diffusione del dossier Viganò circa gli abusi sessuali (su seminaristi e preti adulti) commessi dall’ex cardinale Thedore McCarrick, 88 anni. In quel memoriale finisce sotto accusa addirittura Bergoglio (se ne invocano le dimissioni) in quanto avrebbe ignorato le sanzioni a carico del presule statunitense (niente messa in pubblico, nessuna partecipazione a conferenze, vita riservata), stando al racconto dell’ex nunzio apostolico Oltreoceano, decise, a cavallo fra il 2009 e il 2010, da Benedetto XVI. Punizioni tuttavia non confermate da nessun altro prelato, men che meno da Ratzinger che anzi ha smentito qualsiasi endorsement al testo.

Il giallo delle restrizioni a McCarrick resta anche dopo le precisazioni di Viganò rilasciate ieri al sito conservatore ‘Lifesitenews’: “Come nunzio apostolico negli Stati Uniti non ero nella posizione di rafforzare le misure contro McCarrick”, soprattutto perché “gli erano state imposte in forma privata”. Così, ha chiosatopremesse il grande accusatore di Francesco, aveva deciso Benedetto XVI “forse per il fatto che l’arcivescovo era già in pensione”. Certo è che McCarrick “non obbedì alle sanzioni”.

A questo punto, però, non è semplice capire l’affondo mosso da Viganò al Papa in carica: se le misure inflitte da Ratzinger a McCarrick erano riservate e non venivano fatte rispettare neanche da chi le aveva emesse, anche premesse la sussistenza delle sanzioni e la loro conoscenza da parte del Pontefice, al massimo Bergoglio, dal suo avvento nel 2013 sul soglio di Pietro, può aver semplicemente lasciato tutto come era. Per la verità non proprio, visto che, qualche settimana fa, dopo l’emergere di primi dati certi su una violenza sessuale ai danni di un minore, il Pontefice ha estromesso (questo sì urbi et orbi) dal collegio cardinalizio l’arcivescovo emerito di Washington. Un atto senza precedenti nella storia della Chiesa.

Sanzioni vere o presunte, il dossier Viganò sta raccogliendo non pochi favori Oltreoceano. Vuoi perché, oltre all’ex arcivescovo di Washington, tira in ballo (soprattutto) tutta una serie di alti prelati a stelle e strisce (i cardinali Blase Cupich e Joseph Tobin, più il vescovo Robert McElroy), accusati di essere gay friendly; vuoi perché negli States da tempo monta la protesta antibergogliana di potenti settori ultraconservatori (‘Ewtn’, ‘National catholic register’ e ‘Lifesitenews’ i megafoni principali) in agitazione per un presunto sovvertimento della dottrina sull’omosessualità. In questa corrente di pensiero si inserisce anche lo stesso arcivescovo Chaput, tra i più critici col nuovo corso vaticano. Un paio di anni fa non esitò a bocciare l’esortazione apostolica del Papa sulla famiglia, ‘Amoris laetitia’, laddove apre all’Eucarestia per i divorziati risposati, previa valutazione caso per caso. Il religioso francescano, primo pellerossa a scalare le alte sfere della Gerarchia americana, viene citato nel dossier Viganò: l’ex nunzio apostolico negli Stati Uniti riferisce di una conversazione con papa Bergoglio, avvenuta nel 2013, in cui quest’ultimo avrebbe affermato che “i vescovi Usa non devono essere ideologizzati. Non devono essere di destra come l’arcivescovo di Filadelfia”. Difficile pensare che Chaput, tra i primi a considerare credibile il memoriale choc, abbia preso bene la puntualizzazione attribuita al Pontefice. Ma il presule ha il merito di non essere uno che certo non le manda a dire. E lo ha dimostrato in più circostanze.

Sta di fatto che la sua istanza sull’opportunità di cancellare il Sinodo (qualche giorno fa l’aveva anticipata durante un summit per seminaristi e laici) acquista un peso non indifferente, se si considera che il nome di Chaput è nella cinquina dei delegati all’assise scelti dalla Conferenza episcopale statunitense, una delle più insofferenti dinnanzi alla svolta pastorale impressa da Francesco. Gli altri quattro padri sinodali sono: il presidente dell’episcopato Usa, il cardinale italo americano di Houston, Daniel Di Nardo, che sul caso Viganò ha invitato l’ex nunzio a tirare fuori le prove ma ha preferito tacere sull’inedita richiesta di dimissioni del Pontefice; il vice presidente José Gomez, ordinario di Los Angeles e legato all’Opus Dei; il vescovo di Bridgeport, Frank Caggiano; l’ausiliare di Los Angeles, Robert Barron, fondatore dell’associazione apologetica ‘Word on fire’ per una presenza forte del messaggio cristiano nella società. In definitiva quattro nomine di destra, bilanciate in qualche modo da Bergoglio che tra i suoi delegati ha inserito il cardinale liberal Tobin.

Per il momento nessuno degli altri rappresentanti americani al Sinodo ha fatto propria la richiesta di Chaput. Opportunità o convinzione? Oppure, solo questione di tempo? Diverso il caso del vescovo di Dallas, Edward Burns, che, come riporta la tv repubblicana ‘Fox’, sulla scorta del dossier Viganò, ha scritto al Papa, chiedendo la convocazione di un Sinodo straordinario sugli abusi sessuali nel clero ed eventuali coperture. In Europa è il vescovo inglese di Portsmouth, Philip Egan, vicino a Comunione e liberazione, ad avanzare un’analoga richiesta. Il timore dei settori pro Bergoglio è che dietro queste istanze si nasconda una mossa politica per indebolire ulteriormente il pontificato argentino.

Anche perché, a essere puntuali, già nell’Instrumentum laboris del Sinodo sui giovani si parla della piaga della pedofilia come uno dei fenomeni che mina la credibilità della Chiesa agli occhi dei millenials. Un dibattito ad hoc fra i vescovi è quindi possibile già di per sé. A patto che in verità non si voglia spostare il focus su altri abusi sessuali commessi dal clero, vincolato dal diritto canonico al celibato. I rapporti omosessuali sono i primi indiziati. Il dossier Viganò insegna.

di GIOVANNI PANETTIERE

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