Dalla rassegna stampa Danza

Rudolf, lo scandalo e il bagliore La poesia proibita di Lantratov

Rudolf, lo scandalo e il bagliore La poesia proibita di Lantratov

Il ballerino sarà premiato per la sua interpretazione nei panni dell’étoile

V.Cr.

Essere o non essere Rudolf Nureyev? Resuscitare il mito oppure diventarne il bagliore moderno, tra astrazione e scandalo, romanzo e cronaca? Il dubbio amletico deve aver scomposto l’aplomb apollineo di Vladislav Lantratov, abbagliante étoile del Bolshoi chiamato a interpretare il divo russo in «Nureyev», il balletto più controverso e di maggior successo mediatico delle ultime stagioni moscovite, presentato al debutto assoluto, nel dicembre scorso sul maggiore palcoscenico della capitale russa, dopo la clamorosa cancellazione decisa dalle autorità e l’arresto del regista Kirill Serebrennikov.

È certo però che, sul viso perfetto di questo ventinovenne moscovita e figlio d’arte (la madre era la ballerina Inna Leshchinskaya, scomparsa nel 2005, il padre lavorava allo Stanislavsky), la leggenda Nureyev è rimasta incorrotta persino nel tragico epilogo del balletto, quando Rudolf/Vladislav appare con la testa fasciata dal male dilagante, mentre dirige un balletto, dal podio, indossando un impeccabile tuxedo.

Per quell’interpretazione, Lantratov riceverà stasera a Positano, il premio Benois/Massine, gemellaggio italo-russo, proprio sulla spiaggia di fronte a Li Galli, l’isola che appartenne a Nureyev.

Sicuramente il ruolo era ambitissimo nella scuderia di stelle maschili del Bolshoi, ma ad aggiudicarselo è stato lui. Dopo aver brillato in titoli della tradizione russa, come il Lago dei Cigni, e della tradizione sovietica, come La Leggenda dell’Amore di Grigorovich, Lantratov aveva già dimostrato una straordinaria capacità di sprigionare sensibilità pulsante e carattere, oltre a una solidissima tecnica e a una sofisticata musicalità, alternando ruoli cuciti ad hoc sulla sua figura elegante, come in Classical Symphony di Yuri Possokhov, le geometrie ipertecnologiche di Wayne McGregor (Chroma), oppure celebri personaggi di balletti narrativi: nel 2013 è stato il primo danzatore a interpretare, al Bolshoi, l’Onegin di John Cranko.

Ma la fama planetaria di Lantratov si lega proprio al Nureyev sfornato dalla stessa squadra artistica che nel 2015 diede alla luce Un eroe dei nostri tempi, spettacolo trasmesso in mondovisione da Mosca: il regista Serebrenikhov, il coreografo Possokhov, il compositore Ilya Demutsky. Con ogni probabilità, i tre creativi (ai quali è stato assegnato il Prix Benois de la Danse a Mosca, nel giugno scorso, per l’impatto politico di Nureyev, mentre Lantratov è stato premiato come «miglior ballerino dell’anno») hanno considerato, come carta vincente, anche il fattore Maria Alexandrova, legata al danzatore da qualche tempo.

Per i fan, lei e Lantratov sono semplicemente Masha e Vlad, inseparabili, sul palcoscenico come nella vita. Coppia anagraficamente asimmetrica (Alexandrova ha 40 anni e, di recente, ha lasciato il Bolshoi per una «carriera freelance») come fu, sulla scena, quella formata da Rudolf Nureyev e dalla regale Margot Fonteyn (al debutto in Giselle, al Royal Ballet nel febbraio del ‘63, lui aveva 24 anni, lei quasi 20 in più).

Inevitabile, dunque, per gli autori di Nureyev la suggestione di far rivivere, sul palcoscenico del Bolshoi, la leggendaria partnership di Rudolf e Margot attraverso Vlad e Masha: il passo a due del balletto sarà riproposto per la prima volta in Italia stasera, sul palcoscenico marittimo di Positano, dove Maria Alexandrova sarà premiata come «ballerina dell’anno».

Lantratov danzerà poi alla Scala l’11 e il 13 settembre, nell’imminente tour del Bolshoi, il personaggio del volitivo Petruccio uscito dalla pagine di Shakespeare e tradotto in danza, nel 2014, nella Bisbetica Domata di Jean-Christophe Maillot sulla musica di Shostakovich, affiancato, oggi come al debutto, alla riottosa Caterina di Ekaterina Krisanova.


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