Dalla rassegna stampa Danza

Addio a Taylor, il gigante della danza moderna Usa

Addio a Taylor, il gigante della danza moderna Usa

Il coreografo aveva 88 anni. Fu ballerino per Martha Graham

Valeria Crippa

Se ne è andato a New York, in un ospedale di Manhattan a 88 anni l’ultimo leone della «modern dance», un gigante della danza moderna, il coreografo e danzatore americano Paul Taylor, unico sopravvissuto della gloriosa generazione di maestri che hanno inventato la nuova frontiera della danza negli Stati Uniti, premiato dal presidente Clinton con la medaglia d’oro e considerato dal New York Times tra i grandi poeti di guerra.

Longilineo e prestante, era nato il 29 luglio 1930 a Wilkinsburg, Pennsylvania, ed era cresciuto a Washington. Le sue prime passioni erano state il nuoto e la pittura e, in un certo senso, anche quando scoprì sui libri la danza alla Syracuse University, continuò a nuotare e a dipingere attraverso la coreografia in un’immersione creativa lunga una vita che ne fece un maestro tra i più longevi.

Dopo aver sfornato oltre 140 titoli continuò a creare per la sua compagnia fino all’ultimo, al ritmo di due lavori all’anno, fino ad arrivare a 147 lavori: Concertiana ha debuttato nel marzo di quest’anno. Perciò il respiro dell’opera di Taylor abbraccia un arco temporale che collega i pionieri della danza americana — fu egli stesso danzatore di Martha Graham che lo chiamava Pablo, di Merce Cunningham e di George Balanchine — fino al mondo ipertecnologico di oggi di cui si sentiva estraneo.

Si definiva un «dancemaker» e un «American dreamer» (titolo peraltro di uno dei suoi lavori più recenti) anche se il suo sogno a stelle e strisce assimilava tutte le inquietudini di una società complessa e contraddittoria: tradusse in danza tabù come l’incesto occultato dalla religione e l’intimità tra militari, le angosce della guerra ma anche l’ironia e la leggerezza.

A imporlo all’attenzione della stampa fu lo spettacolo Duet, nel ’57, in cui restava immobile per quattro minuti su una «non partitura» composta da John Cage: il critico Louis Horst liquidò quell’esordio con una pagina bianca su Dance Observer, ma la provocazione gli fruttò il soprannome di «ragazzo cattivo» da Martha Graham. Tra i suoi collaboratori più fedeli ci fu il pittore Robert Rauschenberg con il quale si era improvvisato vetrinista per Tiffany per finanziare e sue prime coreografie.

Lo stile aereo di Taylor ha profondante inciso creando proseliti tra Twyla Tharp, David Parsons e Daniel Ezralow che ne hanno sviluppato il lato più solare e giocoso: titoli celebri come Aureole, interpretato da danzatori iperclassici come Rudolf Nureyev, Esplanade, Beloved Renegade hanno fatto epoca. Rudolf Nureyev e Pina Bausch furono tra gli interpreti più famosi delle sue creazioni.

Negli ultimi mesi era già avvenuto un passaggio di consegne all’interno della Paul Taylor Dance Company, ritenuta ormai un monumento della coreografia statunitense, e la direzione è già da qualche mese nelle mani di Michael Novak, secondo responsabile in 64 anni di storia. Nel 2014 è stata inaugurata una nuova sede istituzionale, la Paul Taylor American Modern Dance.

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