“ GIRL”, IL SOGNO DEL RAGAZZO CHE VUOLE ESSERE DONNA
Il Festival di Cannes è anche una caccia al tesoro, la scoperta di giovani talenti e piccoli film capaci di colpire al cuore critica e pubblico. È il caso di Girl, l’opera prima del belga Lukas Dhont, presentata in Un Certain Regard. Opera potente e delicata, racconta il viaggio di trasformazione di una ragazza imprigionata in un corpo maschile che sogna di diventare un’étoile della danza. Lara (la rivelazione Victor Polster), che vive con il padre e il fratellino di cui si prende cura, frequenta una prestigiosa scuola di danza classica. Ha quindici anni, ne deve aspettare tre per potersi operare. Intanto si spacca i piedi e appiattisce l’inguine con lo scotch per poter ballare.
Ma l’impazienza che il proprio corpo si adegui alla vera identità sessuale le fa perdere energia, in un conflitto tutto interiore.
Il 26enne fiammingo Lukas Dhont ha tutte le carte per vincere la Caméra d’or per l’opera prima. Racconta: «Non mi sono mai sentito così vulnerabile come alla première qui al Festival con mia madre, mio padre e tutti quelli che amo. Ho tenuto gli occhi chiusi per tutta la proiezione, l’attore che interpreta il padre di Lara a singhiozzare sulla mia spalla.
Mi ha travolto l’emozione del pubblico a fine film».
La pressione del debutto a Cannes «l’ho sentita nei quattro anni difficili di riprese. Essere qui invece è un sollievo». L’idea del film è nata nel 2010, «avevo diciott’anni, lessi la storia in un articolo su un quotidiano.
Ho iniziato a scrivere nel 2014».
Oggi la ragazza dell’articolo ha accompagnato il film a Cannes.
In questi anni la percezione dei transgender è cambiata, quest’anno al Festival ci sono il doppio delle storie su omosessuali e transgender rispetto all’edizione scorsa: «C’è stata una crescita esponenziale d’interesse e empatia. Girl non racconta quello che è intorno a Lara, il conflitto non è tra lei e il mondo, ma tra lei e il suo corpo.
Questo la rende un personaggio che può commettere errori, non è una vittima». A proposito delle reazioni della comunità LGBT: «Ero nervoso, sono stato attento a che le informazioni mediche fossero accurate, che quella di Lara fosse una personalità credibile. Io però non racconto una comunità, ma un singolo essere umano». Si tratta di un film profondamente personale: «Crescendo ho attraversato un periodo di confusione, mi sono sempre percepito in modo femminile e mi sentivo sbagliato, anche se nessuno me lo diceva — racconta il regista — ho fatto questo film anche per una giovane versione di me stesso: Lara ha quindici anni, una personalità incredibile e ha deciso da sola quello che vuole essere: una ragazza».
Arianna Finos