New York è a Orient
di Giancarlo De Cataldo
Un’isola, un laboratorio misterioso, un ospite inatteso. Alle porte di Manhattan spunta un mondo chiuso dove l’apparente serenità cela mille segreti. Tra Agatha Christie e Fitzgerald il poliziesco si reinventa. E sembra un serial tv
TITOLO: ORIENT
AUTORE: CHRISTOPHER BOLLEN
EDITORE: BOLLATI BORINGHIERI
PREZZO: 20 EURO PAGINE: 673
TRADUTTRICE: DANIELA GUGLIELMINO
“Quando si sparse la voce che Paul Benchley aveva invitato un ragazzo senza famiglia a stare da lui, nella casa di Young Road, molti vicini si mostrarono preoccupati.
Sapevano bene, e l’avevano visto fin troppo di recente, che cosa gli estranei erano in grado di fare”. Gli stranieri sono pericolosi. È così che la pensano a Orient. D’altronde, Orient è un’isola, e si sa che gli isolani sono gente chiusa.
Ma hanno le loro ragioni. C’è sull’isola, per esempio, un ambiguo laboratorio scientifico. Chissà che esperimenti ci fanno, là dentro. E certo sono loro ad aver creato le carogne mutanti che affiorano dal mare nell’estate morente, mutanti che sembrano composti da pezzi di animali decomposti, scherzi della natura.
D’accordo: forse con i mostri il ragazzo ospite di Paul non c’entra. Ma, guarda caso, proprio pochi giorni dopo il suo arrivo, i residenti cominciano a essere sterminati da un misterioso assassino. E chi altri potrà mai essere costui, se non lo straniero che Paul Benchley ha avuto la pessima idea di ospitare? E poco conta che si tratti di un esile ragazzino di nemmeno vent’anni. Dice di chiamarsi Mills Chevern.
Ma è un falso nome. Dice di essere orfano, ma è lecito dubitarne. Paul, che è uomo di buon cuore, forse un tantino troppo generoso, l’ha raccattato per strada.
È uno sbandato. Con un passato da tossico precoce e, come se non bastasse, è gay.
Gli ingredienti per la caccia alle streghe, insomma, ci sono tutti. E anche se Paul continua a difenderlo, e la sensibile e inquieta Beth gli darà una mano a indagare sui misteri, sempre più cruenti, della comunità, il giovane Mills ha una sola possibilità di salvarsi: la fuga.
La vera Orient, un ameno villaggio sulla punta estrema di Long Island, nemmeno mille anime a un tiro di schioppo di New York, fornisce l’ambientazione e il titolo al secondo romanzo di Christopher Bollen, quarantadue anni, americano di Cincinnati trapiantato a New York, redattore di lungo corso in riviste culturali, paragonato dalla critica a un singolare incrocio fra Jonathan Franzen, Jeffrey Eugenides, Agatha Christie e P. D. James.
In effetti, Orient è un lungo racconto che sta a metà fra il thriller classico, genere per il quale l’autore ha confessato, in più di un’intervista, la sua predilezione, e una ricerca letteraria che abbraccia Francis Scott Fitzgerald e Jay McInerney.
Bollen rivendica il “whodunit” come cifra che sorregge l’impianto strutturale del romanzo. Che il giovane Mills sia candido come un agnello lo sappiamo sin dal primo rigo, e andiamo avanti, sorpresa dopo sorpresa, nel disvelamento di segreti e complicità che, piano piano, conducono il lettore a ipotizzare, e poi a scartare, le identità dei presunti colpevoli.
Sino al colpo di scena finale.
Strada facendo, intanto, abbiamo capito come quiete e serenità siano, per la brava gente di Orient, soltanto un’apparenza, creata ad arte per mascherare una realtà intessuta di odio, astio, meschinità.
A parole, per esempio, tutti proteggono il territorio, con un discorso para-ecologista da robusta comunità coesa: noi qui siamo e qui sempre saremo, e dobbiamo difenderci dai ricchi di New York che ci invadono, dai turisti aggressivi, da tutto ciò che viene da fuori. E questa è la superficie. Perché poi, gratta gratta e scava scava, gli interessi sono tutta un’altra cosa…
Fatte le debite proporzioni Orient ci viene presentata come una St. Mary’s Mead di Miss Marple più cupa e meno ironica: piccolo borgo in cui tutti si dicono amici e fratelli e diffidano dello straniero.
Salvo odiarsi e ordire, al riparo della tranquillità borghese, trame di raffinata crudeltà. Bollen, però, al netto dall’omaggio ad Agatha Christie, è un abile giocoliere: mette in scena il genere, ma lo piega tematicamente a un diverso ordine di idee. Che sta nel rapporto fra inclusione ed esclusione in un ricco sito dell’occidente più avanzato.
Ciò che per Agatha Christie era l’inclinazione dell’essere umano alla perversione, per Bollen è la malattia sociale per eccellenza del contemporaneo: l’ansia di accumulare escludendo dal processo di accumulazione chiunque possa ostacolarlo. Un ossessivo “è tutto mio” che assimila i banditi di strada ai tranquilli borghesi. E quale tecnica migliore, per il conseguimento dello scopo, del ricorso alla rassicurante e tradizionale figura del capro espiatorio?
Che sia donna, gay, straniero, giovane, sbandato. Purché debole. Purché “altro”. Le pagine scorrono veloci, solo qua e là rallentate da qualche eccesso di compiacimento che i puristi del poliziesco troveranno ridondante.
Ma questo non è un poliziesco tradizionale, e anche il passo lento ha un evidente sapore di modernità: è, per intenderci, il passo di una serie come The Affair. Non a caso ambientata negli stessi fascinosi siti della costa orientale.