Un «Arle-Chino» tra Milano e Cina
Livia Grossi
«Per i miei connazionali sono come una banana, gialla fuori e bianca dentro, per gli italiani invece un cinesino. Che fare? In teatro suono i gong per dire a tutti i ragazzi che attendono la ius soli, salvaguardate la vostra duplice appartenenza». Shi Yang Shi torna in scena con «Arle-Chino: traduttore e traditore di due padroni» il suo spettacolo bilingue, diretto da Cristina Pezzoli (Teatro Verdi, via Pastrengo 16, oggi ore 20.30, domani ore 16.30, 10-20♣ euro) . In scena la vita di Yang (classe 1979) alla ricerca delle sue origini, dal libro degli antenati con i racconti di vita e rivoluzione, al suo arrivo in Italia a 11 anni, l’inizio della sua «riprogrammazione culturale». Qui Yang è stato lavapiatti e venditore ambulante, ma anche studente bocconiano, attore e inviato delle Iene ed è italiano dal 2006. Infine il capitolo dedicato al 1 dicembre 2013, quando a Prato sette operai cinesi muoiono carbonizzati in quella fabbrica dove lavoravano e dormivano, «sono trascorsi 4 anni ma la storia si ripete», afferma l’autore, «il 26 agosto 2017 altri due operai cinesi sono morti nel rogo del loro laboratorio-mansarda. È il prezzo del made in Italy a basso costo». Stasera alle ore 18 nel foyer del teatro Verdi, Yang presenta il suo libor «Cuore di seta- la mia storia italiana made in China»: «Lo dedico a Leo, il ragazzo cinese gay ucciso qualche giorno fa a Modena».