GENITORI GAY? IN ITALIA ORA SI PUÒ
di Ilaria Liberatore
Per la prima volta, i nomi di due papà sono stati inseriti nei documenti ufficiali della figlia senza passare dal tribunale. Ne abbiamo parlato con Nicola ed Emanuele, famiglia arcobaleno di Jesi.
Non è facile fare il genitore in Italia. Oltre ai problemi economici, bisogna considerare anche quelli legali. Sì, perché, dal punto di vista normativo, esistono famiglie diverse. In pratica, di Serie A e di Serie B. Tra queste ultime possiamo inserire le famiglie arcobaleno. Sia chiaro: non si tratta di un giudizio di valore negativo ma di un dato di fatto se si considerano i diritti verso i figli. Oltre al problema dell’adozione, infatti, ce n’è un altro importante allo stesso modo: la doppia genitorialità, cioè il riconoscimento di entrambi i genitori dello stesso sesso sui documenti ufficiali.
Ma qualcosa sta cambiando. Il 14 luglio 2017, un Comune lombardo (non rivelato per motivi di privacy) ha riconosciuto direttamente questo diritto ai due papà di una bambina nata in Canada tramite gravidanza surrogata, pratica più conosciuta come ‘utero in affitto’. Dopo aver prima registrato il certificato di nascita con il solo padre biologico, la sindaca e i funzionari hanno approfondito la richiesta della coppia e, nel documento, hanno inserito i nomi di entrambi, risparmiando lo stress di un eventuale procedimento legale.
I PRECEDENTI
La decisione non è stata presa a cuor leggero ma basandosi su casi simili come la sentenza della Cassazione del settembre 2016 e quella della Corte d’appello di Trento del febbraio 2017. La prima ha dato l’ok alle trascrizioni degli atti di nascita con due padri o due madri, mentre la seconda ha riconosciuto la piena genitorialità a due papà, senza far ricorso alle norme sull’adozione, per garantire ai bambini la continuità del rapporto familiare (nella tutela dell’interesse superiore del minore). Nonostante i precedenti, molti Comuni continuano a ignorarli, facendo appello al tema dell’ordine pubblico.
L’ultimo caso è quello di Perugia. A maggio 2017, l’amministrazione comunale si è rifiutata di trascrivere l’atto di nascita di un bambino di due donne umbre, nato in Spagna. Senza il documento, l’intera famiglia è bloccata nella penisola iberica poiché il piccolo non ha alcuna cittadinanza: non può essere registrato come spagnolo, in quanto figlio di due italiane, e non è ancora riconosciuto come italiano dal Comune.
NICOLA ED EMANUELE, PAPÀ ARCOBALENO
Oltre a questo paradosso, esistono però tantissimi genitori dello stesso sesso che, in Italia, non vengono inseriti nelle carte ufficiali. I figli delle famiglie arcobaleno, ufficialmente, hanno un solo papà o una sola mamma (quelli biologici), perché il compagno non è riconosciuto. «Essere legalmente entrambi genitori anche in Italia significa prima di tutto non dover temere per l’affidamento dei propri bimbi in caso di scomparsa prematura del genitore biologico», spiega a LetteraDonna Nicola, 35enne imprenditore di Jesi. Insieme al suo compagno, Emanuele, 39enne ricercatore, tre anni fa è diventato padre di Tommaso e un anno fa di Edoardo. Entrambi i bambini sono nati tramite maternità surrogata in Canada, grazie a donne con cui i due papà hanno stabilito «legami di profonda amicizia». Per questo hanno la doppia cittadinanza. Ma, se sul passaporto canadese ci sono due papà, su quello italiano figura solo quello biologico.
DOMANDA: Nicola, cosa pensate della recente sentenza del Comune lombardo?
RISPOSTA: È il primo ok che non passa attraverso un’aula di tribunale, per questo ci rende particolarmente felici. Segna una rottura rispetto a una situazione in cui la politica non si fa carico della questione, costringendoci di conseguenza a ricorrere alle decisioni dei tribunali. Sono certo che questa sentenza determinerà a breve un ulteriore miglioramento del quadro normativo.
D: Non essendo ancora riconosciuti entrambi come padri, che difficoltà incontrate?
R: In Canada noi siamo genitori a tutti gli effetti. In Italia abbiamo ancora alcune cose da sistemare ma stiamo con gli occhi aperti per vedere come si evolvono le cose e decidere la strada migliore da percorrere.
D: Nella vita familiare questo vi crea disagi?
R: Assolutamente no, perché per noi il legame biologico non fa alcuna differenza: la nostra famiglia è costituita da profondi legami d’amore. La nostra è una meravigliosa e normalissima quotidianità, fatta di corse per destreggiarsi tra il lavoro e i bimbi da prendere all’asilo. Abbiamo un bellissimo rapporto con le nostre famiglie di origine (innamoratissime dei nipotini!), con gli amici e con i genitori degli altri bambini. La società fortunatamente si è mostrata con noi molto più ‘avanti’ della politica.
D: La felicità mette in secondo piano il fatto che per la legge siate considerate famiglie di Serie B?
R: Sì e no: ovviamente non è così semplice. Pretendiamo per i nostri figli i diritti che hanno tutti gli altri. Ma la gioia di diventare genitori, quando per anni hai pensato di non poterlo mai diventare, è qualcosa che illumina tutto il resto. Vorrei dire alle tante coppie gay di non avere paura perché il percorso è lungo e difficile, ma che sta diventando sempre più realizzabile.
D: Cosa direste a chi ha paura delle famiglie arcobaleno?
R: A chi ha paura di una famiglia che si ama, non direi proprio nulla! A chi ha qualche perplessità, invece, direi di conoscere prima di giudicare. Ormai in tutte le grandi città e in molte piccole realtà di provincia ci sono famiglie arcobaleno, felicissime di raccontarsi e confrontarsi anche con chi la pensa diversamente.
D: Che vuol dire, per voi, la parola ‘famiglia’?
R: Un’unica cosa: amore.