Dalla rassegna stampa Libri

«Non infangate don Milani » Biografi e studiosi contro Siti

«Non infangate don Milani » Biografi e studiosi contro Siti

«Pedofilia? Insinuazioni: uomo puro dal linguaggio forte»

Continua a infiammare il dibattito, anche a Tempo di Libri, Bruciare tutto di Walter Siti appena pubblicato da Rizzoli, romanzo che ha fatto molto discutere (anche chi non l’ha letto), testo in cui si affronta il tema della pedofilia («fotografare il Desiderio nella sua forma più distruttiva ed estrema» spiega Siti nella nota finale) attraverso la figura di don Leo. Un personaggio per il quale Siti ha detto in un’intervista a «Repubblica» di ieri di essersi in qualche modo ispirato a don Lorenzo Milani. «All’ombra ferita e forte di don Milani» è infatti la dedica in epigrafe che ha lasciato molti perplessi.

Con il «Corriere» Siti torna sull’argomento: «Quando ho scritto questo libro sapevo che il tema era difficile, delicato, ma non immaginavo che il tabù fosse così forte. Questa mattina a lezione allo Iulm due ragazze si sono ribellate e hanno urlato: “Della pedofilia non si deve parlare”. È vero che parlando di certe cose si corre il rischio di renderle, in qualche modo, attraenti, ma io trovo più rischioso l’inespresso».

Accostare la parola pedofilia a don Milani è sembrato a molti intollerabile. «Non sono uno studioso — dice Siti — ma conosco la sua opera. Anche se la mia interpretazione fosse sbagliata, anche se non ci fosse per niente in lui quell’attrazione verso i ragazzi che mi sembra di aver intravisto nelle lettere, in certe risonanze linguistiche, e do per scontato che non abbia mai messo in pratica nulla, credo che questo non screditi affatto la figura di don Milani, anzi ai miei occhi la eleva. Un uomo capace di trasformare qualunque pensiero di tipo fisico in questo importante impulso pedagogico ne fa, secondo me, una figura ancora più grande».

Eraldo Affinati, scrittore ed educatore che ha ripercorso «le strade di don Milani» nel libro L’uomo del futuro (Mondadori) parte da una valutazione letteraria: «Riconosco l’importanza di Walter Siti come scrittore, lo confermo anche dopo aver letto l’ultimo suo romanzo». Tuttavia Affinati ritiene la dedica a don Milani «un tiro sbagliato. A Roma un pischelletto commenterebbe così: “A Wartere, stavorta hai pisciato fòri dar vaso!”. Resta l’amaro in bocca per lo tsunami mediatico dal vecchio sapore criptonovecentesco che ne consegue. Abbiamo messo i baffi alla Gioconda di Leonardo: cos’altro dovremmo combinare? Sistemare la dinamite del conte Stauffenberg sotto il tavolo di Barbiana? Anche questo è stato fatto. Adesso però leggiamoci il nuovo Meridiano su don Lorenzo Milani».

Lunedì esce infatti in libreria l’opera omnia del priore di Barbiana, a cinquant’anni dalla morte. Il Meridiano Mondadori, in due tomi, raccoglie tutti gli scritti editi e le numerose pagine inedite di don Milani e domenica verrà presentato proprio a Tempo di Libri. L’opera è diretta da Alberto Melloni che, nella nota finale Siti ringrazia «per la gentilezza intelligente» con cui lo ha ospitato nella Fondazione di Scienze religiose di Bologna da lui diretta. Lì lo scrittore è andato per consultare soprattutto volumi di teologia, di storia del clero, riviste cattoliche utili per ambientare il romanzo.

Melloni parte dalla questione della dedica: «È un po’ come tutto il libro: può essere letto come una ferocissima oggettivazione della perversione dello stupratore che legge nello stuprato il desiderio di essere stuprato o come una spietata costruzione autoassolutoria». Sul fatto che Siti abbia dichiarato di essersi ispirato in parte a lui per la costruzione del personaggio di don Leo, Melloni è stupito: «Non riesco a credere che don Milani, che ha fatto una vita sacerdotale di un’innocenza assoluta e sofferente, possa essere accostato a questo. Sono le accuse dei suoi persecutori. Don Milani, che era di un’acutezza intellettuale straordinaria, sapeva bene che nel rapporto educativo c’è un equilibrio di amore e potere e sapeva governarlo». Melloni ha letto il libro di Siti in anteprima: «Il romanzo ha due o tre passaggi che scendono a un livello di violenza che io non sono in grado di leggere, sono passato avanti», dice sottolineando che «si parla sempre di preti pedofili invece si dovrebbe parlare di pedofili preti : la pedofilia è un crimine con una latitudine totale. Spesso viene invece rinchiuso nell’ambito della Chiesa».

Siti porta come esempio anche alcuni brani tratti dall’epistolario del priore di Barbiana. Frasi come: «E so che se un rischio corro per l’anima mia non è certo di avere poco amato, piuttosto di amare troppo (cioè di portarmeli anche a letto)». O ancora: «Vita spirituale? Ma sai in che consiste oggi per me? Nel tenere le mani a posto».

A curare il Meridiano dedicato a don Milani, con Valentina Oldano, Federico Ruozzi e Sergio Tanzarella c’è anche Anna Carfora, docente di Storia della Chiesa a Napoli, presso la Pontificia facoltà teologica dell’Italia Meridionale, che le lettere di don Milani ha studiato a fondo. «Don Milani è ancora la pietra dello scandalo nel senso del Vangelo», spiega stigmatizzando quello che definisce «l’estremo e spudorato saccheggio di espressioni sottoposte a una forzatura ideologica». Carfora mette in campo il poderoso lavoro fatto per recuperare un gran numero di lettere, «alcune già a disposizione degli studiosi, altre no. Gli aspetti pedagogici dell’opera di don Milani hanno dato spesso adito ad articoli che fraintendono il suo pensiero. Bisogna tener conto del linguaggio milaniano, forte, paradossale, dissacrante rispetto a quello purgato della formazione del prete di quell’epoca».

La studiosa fa riferimento ad accuse di cui era stato fatto oggetto e di cui aveva contezza: «Don Milani venne trasferito a Barbiana, dopo la morte del proposto di San Donato, perché inviso ai potentati locali. Ma naturalmente questo non si poteva ammettere, quindi vennero messe in giro calunnie, anche dai preti». Non si parlava di pedofilia ma di omosessualità. «C’è una poesia intitolata Orfano , in cui don Milani esprime quello che poteva essere l’atteggiamento dell’educatore — continua Anna Carfora — e si parla di amore di carne. Non si tratta di amore sessuale. Piuttosto don Milani prende le distanze in maniera drastica da quell’amore spirituale, svuotato, non concreto che allora faceva parte delle formazione ecclesiastica».

Secondo la studiosa la lettura dev’essere assolutamente capovolta, rispetto a quella che ne fa Siti: «C’è una lettera sull’amore universale in cui sostiene che educando il prete a questa spiritualità totalmente disincarnata si rischia l’effetto opposto. Il fatto è che si cita don Milani con una superficialità esagerata».

Anche Mario Lancisi, che su don Milani ha scritto diversi, libri editi da Piemme e, appena uscito da Laterza, Processo all’obbedienza in cui ricostruisce il processo subito dal priore per aver difeso l’obiezione di coscienza, dice: «Mi occupo di don Milani dal 1977 e non c’è mai stato uno studioso che abbia dato questa interpretazione. Ho conosciuto molti suoi ragazzi, che adesso sono uomini di settant’anni e nemmeno da loro è mai venuto fuori assolutamente nulla. È il suo linguaggio: irriverente, sboccato. Usa parole come masturbazione, culo, finocchio, anche riferito a un vescovo. Il punto è questo: o ci sono elementi forti che tiri fuori, ci lavori ed esprimi una tesi, anche forzata, oppure è una follia. Intendiamoci: non si tratta di ferire un santino ma una memoria, un mondo. Sebastiano Vassalli ha criticato Lettera a una professoressa ma argomentando. La dedica di Bruciare tutto a don Milani non è solo fuori luogo: è offensiva».

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